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(WSI) – Bravo Gianfranco vai avanti di vittorio feltri
Gianfranco Fini è assediato dagli amici di Alleanza Nazionale, che pure tanto bene gli vollero. Non gliene vogliono più. Sognano di sbarazzarsi di lui nella convinzione di prosperare e vivere felici. Alcuni sono ragazzi di talento e tentano di essere all’altezza delle loro ambizioni. Prendiamo Alemanno.
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Un tipino che sa il fatto suo. Lingua sciolta, bell’aspetto, ascendente sui camerati o ex camerati, un certo seguito dentro il partito e fuori. Si è dimesso dalla vicepresidenza; un segnale al capo: vattene anche tu, ormai non sei più dei nostri, hai cambiato pelle. Alemanno ha fiutato l’aria. Se il presidente è in difficoltà – deve aver pensato – le strade sono due: o lo aiuto (lo aiutiamo) a rimettersi in sella, oppure gli do il colpo di grazia. Credo abbia scelto la seconda, più rapida, direi risolutiva di nuovi e vecchi conflitti. Qualcuno sostiene: presto ci sarà un regolamento di conti dall’esito incerto.
Da un canto quelli che desiderano far secco il leader storico; dall’altro quelli che nicchiano timorosi di perderlo anche se lo hanno criticato per via della sua eccentrica posizione sul referendum. Riassumo. An nasce dal Msi e ne ha ereditato la tendenza conservatrice, il culto dei cosiddetti valori cristiani e roba simile. Non è un caso. Vari ex democristiani orfani del partito- mamma si sono rifugiati chez Gianfranco. Per molti anni le cose sono andate bene. L’ex Movimento sociale è cresciuto elettoralmente, l’immagine del condottiero si è consolidata grazie a varie comparsate (sempre brillanti) televisive, i peones sono vissuti di luce riflessa e sono diventati importanti, hanno avuto posti importanti, di governo e sottogoverno. In pratica, col vento in poppa il vascello ex fascista ha dato soddisfazione a tutti coloro che stavano a bordo.
Il momentomagico sembra però finito. Scricchiolii nella Baracca delle libertà; risultati modesti, per non dire allarmanti, nelle urne amministrative, europee e regionali; incomprensioni nella coalizione; richieste di verifica e confronto; nervosismo, battibecchi con Berlusconi. Sorvolo sui dettagli. D’altronde il lettore non li ha dimenticati, presumo. E arrivo all’ultimo capitolo, il più drammatico. Mancavano poche settimane all’appuntamento referendario. Quanto alla linea di An nessuno aveva dubbi: appiattimento su Ruini, astensione, ossequio alla tradizione cristiana, viva la famiglia, viva la patria per non parlare di Dio.
E Fini? Be’, il capo di un partito così sarà coerente eccetera eccetera. Col cavolo. Salta su e dice pubblicamente: voterò tre sì; no all’eterologa. Sconcerto nei suoi adepti. Incredulità. Addirittura sgomento. Signur l’é diventà matt. In realtà Fini è tutt’altro che matto. Non parla per rinfrescare i denti. Ci ha abituati alle alzate di ingegno. Rammentate la sua idea di iscrivere nelle liste elettorali gli extracomunitari in regola col permesso di soggiorno, col lavoro e con la legge (fedina penale pulita)? Anche in quella circostanza egli spiazzò un sacco di gente. Ecco, la sterzata sull’embrione e sulla fecondazione assistita va interpretata nella stessa chiave: la smania del ministro degli Esteri di scaricare la zavorra del passato e di azzardare qualche fuga in avanti.
Fini non è mai stato fascista, ce lo diciamo? Accenno ad un’altra sua impennata. Viaggio in Israele. Visite ufficiali. Strette di mano. Lui se ne esce con questa battuta devastante per i camerati di lungo corso: il fascismo (date le leggi razziali) fu un male assoluto. Condivisi e condivido. Chiunque è d’accordo. Ma in An quello del fascismo è un nervo scoperto. Alessandra Mussolini e tanti nostalgici reagirono. Arrabbiati neri ma proprio ner i. Gianfranco con queste dichiarazioni manifestava sintomi ben precisi di intolleranza al volto disumano del regime ducesco. Non solo alle leggi razziali, ma anche al dispotismo.
Lui è un mussoliniano sui generis (come me); gli piace il Benito giovane, giornalista di straordinarie capacità, movimentista, sagace, improvvisatore, iniziatore dello stato sociale nelle sue forme portanti. Gli piace Mussolini ma non gli piace l’ala funerea del fascismo. La detesta. Ama la democrazia. A modo suo è liberale, talvolta non riesce a reprimere impeti libertari. In fondo al suo animo c’è un diavoletto radicale di destra che prevale sull’angioletto rassicurante e da parata televisiva, dialettico, posato, misurato. E quando prevale il diavoletto, sono faville. Il Fini ribelle alla banalità e alle convenienze parrocchiali mi affascina; gli correrei appresso. E manda in bestia i cameratoni e i cameratini. I quali spaesati non comprendono, contrar iamente al loro leader, che la destra per diventare un partito di massa deve abbandonare i luoghi comuni e i pregiudizi del fascismo e del postfascismo, togliersi le incrostazioni clericali e guardare avanti pur senza perdere la bussola, senza avventurarsi in operazioni spericolate . I tre sì al referendum quale significato rivoluzionario avevano? Nessuno. Erano solo un po’ di ossigeno in una caserma antiquata con le pareti cosparse di gagliardetti, bandiere, quadri mediocri del secolo scorso.
Fini non è stato compreso, e lui doveva prevedere che avrebbero provato a scaricarlo. O ignorava di quale pasta sono fatti i suoi? Comunque il suo guizzo va apprezzato, come tutti i suoi guizzi. Fanno intendere che è un uomo pieno di risorse. Incline a spazientirsi, a sbattere la porta ed andarsene. Forse intuisce che per ogni porta che si chiude, due se ne aprono. Quella di Forza Italia è spalancata. Non ha bisogno, lui, di bussare. Sarà il benvenuto. Forza Italia necessita di un generale perché Berlusconi è in altre faccende affaccendato. Gianfranco se verrà sbarcato da An non sarà solo; mezza Alleanza sarà al suo fianco. Dài, ministro. Il Cavaliere ti corteggia, va’ con lui, se ti fanno girare le baionette. Loro, quelli della destra sociale, non moriranno. Anzi. Avranno ciò cui aspirano: un partitino spettinato e capriccioso. Tu sarai il capo del centrodestra. Buona fortuna.
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