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Fini: «Berlusconi si dimetta e apra la crisi». Il premier: «Non mi dimetto, mi sfiduci e poi urne»

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Nessuna intenzione di dimettersi: anche in caso di ritiro della delegazione di Futuro e Libertà dal Governo, dovrà essere il Parlamento a sancire la fine del Governo. Silvio Berlusconi non vuole restare col cerino in mano, e anche dopo l’affondo di Gianfranco Fini da Perugia rimanda la palla nel campo avverso: Mi votino contro in Parlamento, è l’unico modo per aprire una crisi, è la risposta del premier all’aut aut arrivato dalla convention futurista. Ancora: Si dimetta lui, che è sempre più un capo fazione.

E infine: Presentino una mozione di sfiducia con il Pd e con Di Pietro, boccino la Finanziaria…, si sarebbe sfogato Berlusconi. Perchè se l’esperienza di Governo è ormai compromessa, anche nella convinzione del premier, resta ancora da decidere chi sarà ad affossarla definitivamente. E Berlusconi è sempre intenzionato a lasciare l’onere a Fini, con il conseguente prezzo davanti all’opinione pubblica. Oppure, in caso di trascinarsi della situazione, al fedele alleato leghista che domani vedrà Umberto Bossi riunire il suo stato maggiore in via Bellerio. Ovviamente con l’obiettivo di andare immediatamente ad elezioni, escludendo ogni ipotesi di Governo di transizione.

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Se vuole rilanciare il patto di legislatura, senza limitarsi al “compitino” dei 5 punti, Silvio Berlusconi “dia un colpo d’ala, salga al Colle, si dimetta ed apra la crisi di governo”: è l’ultimatum che che Gianfranco Fini lancia al presidente del Consiglio dalla convention di Fli chiarendo: in caso contrario la delegazione dei futuristi uscirà dall’Esecutivo.

“‘Berlusconi – spiega il presidente della Camera – deve mostrare il coraggio politico che ha gia’ dimostrato. Lui deve dare un colpo d’ala, prendere la decisione di rassegnare le dimissioni, salire al Colle, dichiarare che la crisi è aperta di fatto e arrivare a una fase in cui si ridiscuta l’agenda, il programma, si verifichi la natura della coalizione e la composizione del governo”. Ove ciò non avvenga, “Se non ci sarà un colpo d’ala da parte di Berlusconi e lui darà ascolto ai cattivi consiglieri, é evidente che Ronchi, Urso, Menia e Bonfiglio non rimarranno un minuto in più nel governo”.

Perché, sostiene il presidente della Camera, “Il problema per noi non è il gioco del cerino o di chi stacca la spina, perché è chiaro che se continuiamo con le furbizie e i tatticismi la spina la staccheranno gli italiani che sono stanchi di un governo che non governa”. Da subito Fini manifesta il “desiderio di voltare pagina” rispetto a un “governo che più che del fare sembra del ‘fare finta’”, rilevando che l’Italia “non è il Paese dei balocchi che descrive Berlusconi”.

Il presidente della Camera rivendica che Fli è “politicamente determinante per le sorti del governo e ancor di più per l’avvenire della nostra patria”, che “aveva nostalgia di una politica diversa, pulita, fatta nel nome di valori e di ideali”. Ribadisce che Futuro e Libertà “non è contro il Pdl né contro Berlusconi, ma ha semplicemente un progetto più ambizioso: noi siamo oltre il Pdl e oltre Berlusconi”. “Quella pagina si è chiusa o si sta chiudendo perché non è stata capace di incarnare desideri e progetti. La grande rivoluzione liberale non si è mai realizzata se non in minima parte”.

Dal palco di Bastia Umbra il presidente della Camera attacca senza mezzi termini la Lega, che accusa di detenere la ‘golden share’ del governo. “Non c’é in nessuna parte dell’Europa, e lo dico a ragion veduta – dice – un movimento politico come il Pdl che sui diritti civili è così arretrato culturalmente a rimorchio, anche qui, della peggior cultura leghista”. Carroccio che, a parere di Fini, controlla il ministro Tremonti che usa “i fondi Fas come un bancomat”.

PREMIER A SUOI,ORA NO DIMISSIONI, FLI MI VOTI CONTRO – Al momento non c’é nessuna intenzione di dimissioni. Se Gianfranco Fini ritiene conclusa l’esperienza di governo deve avere il coraggio di assumersi la responsabilità di votare contro in Parlamento. Sarebbe il primissimo commento di Silvio Berlusconi fatto con alcuni dirigenti del Pdl alla richiesta di Gianfranco Fini di salire al Quirinale, rassegnare le dimissioni ed aprire formalmente la crisi. Le stesse fonti spiegano che queste primissime valutazioni saranno approfondite nel pomeriggio quando verrà fatto un punto della situazione per definire la linea.

BOSSI, FINI? PER ORA STO DIETRO IL CESPUGLIO – ”Fini? Per adesso sto dietro il cespuglio…”. Lo ha detto Umberto Bossi all’ANSA, che gli aveva chiesto di commentare le parole del presidente della Camera.

(Ansa: dall’inviato Francesco Bongarrà)

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Fini: errore fondare Pdl con Berlusconi

Intervista del presidente della Camera al domenicale tedesco Welt am Sonntag
07 novembre, 12:23 – Ansa

BERLINO – E’ stato un “errore” fondare un partito comune (il Pdl) insieme a Silvio Berlusconi: lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un’intervista pubblicata oggi dal domenicale tedesco Welt am Sonntag. “L’anno scorso abbiamo cercato di fondare un partito comune, il Popolo della Libertà (Pdl) – ha detto Fini riferendosi a Berlusconi -. Oggi, col senno di poi, considero quello un errore. Sarebbe stato meglio per noi continuare a marciare insieme separati, ma da alleati”.

“Il nostro obiettivo – ha continuato Fini – è quello di creare un partito di centrodestra che si distingua chiaramente dal Pdl. Si caratterizzerà per un maggiore rispetto delle regole, delle istituzioni, e attuerà una politica che non dirà automaticamente ‘No’ alle istanze della sinistra, ma che su alcuni punti cercherà un’intesa con essa”

Il presidente della Camera non ha escluso di diventare presidente del Consiglio dopo le elezioni del 2013. Può immaginare una situazione in cui dopo le elezioni nel 2013 diventerà presidente del Consiglio?, è stata la domanda del giornale. “Se gli italiani lo vorranno: sì”, ha risposto Fini.

“Il Governo Berlusconi è stato eletto e Berlusconi non ha solo la possibilità, ma anche il dovere di governare fino all’appuntamento elettorale del 2013. Solo allora si porrà la questione di nuove alleanze”, ha sottolineato. Secondo Fini, “in Italia c’é un governo con una maggioranza forte”, ed eventuali elezioni anticipate “oggi sarebbero problematiche e rischiose”. “Abbiamo un governo – ha spiegato – Se farà quanto si è impegnato a fare, reggerà. Tuttavia, non voglio negare che ci sono grossi problemi”. Il presidente della Camera ha sostenuto di continuare a volere un sistema bipolare, perché un tale sistema “esprime stabilità e chiarezza e consente di decidere”. “Dobbiamo riuscire ad avere nuovamente schieramenti politici chiari. Questo rende il Paese governabile”, ha aggiunto.

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BASTIA UMBRA – (Ansa) – Gianfranco Fini entra nel padiglione 9 del centro congressi avvolto nel fascio di luce di un occhio di bue, l’effetto impiegato sulla scena per attirare l’attenzione di tutti su uno solo. Le note in sottofondo sono quelle di ‘C’era una volta in Americà, l’emozione è nell’aria mentre lui passa tra le poltrone in platea, protetto dal doppio cordone della sicurezza, prima di salire sul palco e scandire “Nessun traguardo può esserci precluso, ogni obiettivo può essere raggiunto e ne abbiamo di ambiziosi”.

L’ingresso è scenografico, l’attesa su quello che fini dirà domani sembra messianica. E a sentire Italo Bocchino non sarà delusa. “Appoggio esterno? I nostri progetti sono più ambiziosi. Fini domani andrà molto oltre”, accresce la suspance l’uomo al momento più ascoltato da Fini, anche se le ‘colombe’ Andrea Ronchi, Silvano Moffa, Pasquale Viespoli giurano che domani nessuno staccherà la spina. Piuttosto, si rilancerà l’azione del governo. E’ quello che dice anche Bocchino, in fondo, con modalità però molto più urticanti per le orecchie del premier Berlusconi. “Lui ci propone un patto di legislatura – affonda arrivando in sala stampa – ma questa è solo una formula lessicale. Non c’é scritto con quale presidente del Consiglio, con quale maggioranza, con quale governo. Quando Berlusconi lo chiarirà, valuteremo”.

I giornalisti sgranano gli occhi e lui parzialmente attenua: “Noi siamo perché proceda la legislatura e perché il presidente del Consiglio sia quello che ha vinto le elezioni (e Berlusconi le ha vinte con Fini). Ma se lui non è in grado e getta la spugna, faremo le nostre valutazioni. Per governare bisogna dire con chi e per cosa, se no bisogna trovare soluzioni alternative”. Fini invita ad avere ancora poche ore di pazienza:”Domani vi darò una chiara indicazione del cammino”.

Intanto il caleidoscopio delle ipotesi si allarga: domani Fini potrebbe spingersi fino a chiedere un Berlusconi bis, dove la pattuglia dei finiani sia rinforzata come impone l’avvento di Fli, che per stessa ammissione del Cavaliere ha ridisegnato il centrodestra. O addirittura potrebbe chiedere un nuovo governo allargato ad altre forze, a partire dall’Udc, per le riforme. O infine candidare se stesso a guidare il cambiamento, come lo sprona a fare sempre Bocchino quando gli dice che è iniziata la Terza Repubblica e solo lui può guidare “un centrodestra nuovo”, come quello dei Cameron, Merkel e Sarkozy. Ma a tenere fede alla promessa di Fini a falchi e colombe – “concilierò le vostre posizioni” – è pensabile che prima chieda a Berlusconi un rilancio nel perimetro di questo stesso governo, un patto di legislatura dai confini temporali più stretti (uno, due mesi al massimo) con l’iniezione di punti programmatici ‘futuristi’.

Lo dice in chiaro Pasquale Viespoli: “Domani Fini dirà parole forti, chiederà risposte su questioni di spessore come quelle poste dalle più alte cariche istituzionali, da Napolitano a Draghi, che hanno chiesto stabilità e risposte sul futuro dei giovani e sul Sud”. Anche Andrea Ronchi fa capire che potrà esserci ancora una ‘camera di compensazione’, quando di fronte alla platea dei 4000 delegati dice che “Fli non ha fatto tutto questo per staccare la spina, per candidare Fini, che può essere leader di tutto il centrodestra, a capo di un piccolo partito”. Ma che sia “finita una fase” Ronchi lo riconosce, così come Adolfo Urso (“il nostro obiettivo non è una Santa Alleanza contro qualcuno, né un’Arca di Noé per salvare altri, ma un giusto colpo d’ala per evitare il diluvio”) e Silvano Moffa (“Serve un rimescolamento al di là dei 5 punti programmatici di Berlusconi, un patto per l’Italia fuori dalle vecchie logiche di destra o di sinistra”).

Intanto Fini il freddo si emoziona, risponde come un bambino spalancando gli occhi e battendo le mani al tripudio della platea, che sventola bandiere tricolori quando il leader sale sul palco. “Vi abbraccio tutti. ho vissuto tanti momenti commoventi ma quello di oggi è irripetibile, dimostra che in Italia può esserci ancora una politica fatta solo di ideali, senza interessi e convenienze, senza carrierismi”, dice prima di tornare a sedersi in platea accanto ad Elisabetta Tulliani, per condividere l’emozione dopo i momenti bui dell’estate.

BERSANI, 11 DICEMBRE A ROMA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA – “L’11 dicembre a Roma faremo una grande manifestazione nazionale” sui temi del lavoro e della democrazia. Lo ha annunciato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, all’assemblea dei segretari di circolo del partito.

‘NON VOGLIO RIBALTONE MA RIPARTENZA PAESE’ – “Non chiediamo un salto nel buio, non vogliamo un ribaltone, ma una ripartenza del Paese”. Bersani ha chiesto a Fli di “staccare la spina” al Governo Berlusconi per poter poi dar vita “a un breve governo di transizione che faccia la riforma elettorale e consenta di andare alle urne sulla base di nuove proposte per il Paese”.

“Oggi – ha detto Bersani – non c’é governo, non c’é una barra del Paese; c’é invece traccheggiamento e tatticismo”. “Noi – ha proseguito – non chiediamo a Fini di fare questo o quello, diciamo una cosa semplice: il Paese va allo sbando, Berlusconi si dimetta. Lui però – ha osservato Bersani – non si dimette e allora chiunque ha senso della responsabilità stacchi la spina”. Il segretario del Pd ha indicato tre motivi della sua richiesta a Fli: “primo, perché il governo non ci ha preso sui temi della crisi; secondo, perche c’é un’evidente crisi politica della maggioranza; terzo, perché siamo avvitati sui problemi personali del presidente del Consiglio. Non possiamo star lì a mangiare lodo Alfano mattina, pomeriggio e sera”.

“Noi non chiediamo un salto nel buio – ha quindi proseguito Bersani – non vogliamo un ribaltone ma una ripartenza del Paese” che può passare per “un breve governo di transizione che faccia la riforma elettorale e consenta di andare alle urne sulla base di nuove proposte per il Paese”. Bersani ha poi spiegato di non voler andare alle urne con l’attuale legge elettorale: “il punto – ha spiegato – non è solo la nomina dei deputati da parte del padrone. Quella legge lì fa si che con il 34% puoi fare tutto, puoi fare il presidente della Repubblica. Abbiamo paura? – ha quindi domandato Bersani – No, semplicemente non vogliamo un Paese così: io non voglio nominare i deputati e non voglio nominare il presidente della Repubblica”.

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Tutti in piedi per cantare l’Inno d’Italia. Si è aperta così a Bastia Umbra la prima conferenza nazionale di Futuro e libertà 1 dove seimila persone sono accorse per il primo atto della nascita del partito finiano che sarà battezzato ufficialmente a gennaio a Milano. Il discorso ufficiale di Fini è atteso per domani, ma la carne al fuoco è già tanta. Con Italo Bocchino che lancia un messaggio misterioso al governo: a chi gli chiede se Fini annuncerà l’appoggio esterno al governo, il capogruppo Fli risponde: “Andremo ben oltre”. E Fini, parlando in serata ai giovani di Generazione Italia, il nascente movimento politico di Fli, dice: “Non vi chiederò mai di cantare ‘meno male che Gianfranco c’è’. Perché ho ben chiaro che bisogna essere fedeli a un’idea, non vi chiederò mai fedeltà a una persona. Le persone passano, le idee restano e bisogna essere fedeli a un progetto e cercare di costruirlo”.

Bocchino: “Ora terza Repubblica”. Gianfranco Fini è salito sul palco all’inizio dei lavori per un breve saluto: “Nessun traguardo può esserci precluso, ogni obiettivo può essere raggiunto e abbiamo, lo dirò meglio domani, obiettivi ambiziosi” ha detto Fini rimandando a domani l’atteso intervento programmatico.

“Oggi è una giornata di grande svolta per la politica italiana” ha esordito Italo Bocchino. Poi, rivolgendosi a Fini: “Tu hai certificato la fine della prima Repubblica, oggi sei sempre tu a certificare il percorso fatto dal bipolarismo che si conclude in modo irreversibile. Sei stato protagonista della seconda Repubblica e sarai il protagonista principale della terza”. “Sul nome di Fini – ha ribadito – costruiremo il vero centrodestra. Questa gente ti chiede di costruire una nuova destra, come quella che c’è in Francia, Germania, Inghilterra. Devi avere coraggio, lo stesso coraggio che hai avuto quando hai osato alzare il dito contro una ingiustizia” ha detto ancora Bocchino chiedendo a Fini di “costruire una nuova opzione politica per l’Italia, veramente plurale”.

Successivamente, conversando con i giornalisti, Bocchino non ha risparmiato altre bordate al premier: “Un patto di legislatura? E’ solo una formula lessicale – ha detto – non c’è scritto con quale presidente del Consiglio, con quale maggioranza, con quale governo. Quando Berlusconi lo chiarirà, valuteremo”.

Il manifesto per l’Italia. “Noi amiamo l’Italia, la nostra Patria e la vogliamo orgogliosa e consapevole, unita nelle sue differenze, civile e generosa, tollerante e accogliente; una Nazione di cittadini liberi, che credono nell’etica della responsabilità” dichiara il manifesto letto sul palco da Luca Barbareschi. “Noi vogliamo un’Italia in cui i cittadini che fanno il loro dovere godano di diritti certi, garantiti da uno Stato più efficiente e meno invadente, senza burocrazia e clientele. Un’Italia protagonista e competitiva nel mondo, aperta al mercato e alla concorrenza. Un’Italia intransigente contro la corruzione e contro tutte le mafie, che promuova la legalità, l’etica pubblica e il senso civico”. “Un’Italia – conclude – severa con chi vìola le leggi, attenta alla sicurezza dei cittadini; un’Italia con un fisco equo, che sanzioni l’abusivismo e l’evasione fiscale, che combatta parassiti e furbi e premi la dignità del lavoro. Un’Italia in cui la politica non sia solo scontro e propaganda, ma si ispiri a valori e programmi per garantire l’interesse nazionale e il bene comune. Un’Italia che abbia un futuro di libertà”.

D’Addario, ospite non gradita. Tra gli ospiti della convention di Fli ci sarà anche Patrizia D’Addario, la escort barese 2 al centro dello scandalo che ha coinvolto il presidente del Consiglio 3. “Fini è una persona che stimo molto sono molto curiosa di ascoltare cosa avrà da dire domenica” ha detto D’Addario rivelando di essere stata invitata all’appuntamento da alcuni militanti pugliesi dell’ex Alleanza nazionale. “La presenza di Patrizia D’Addario alla nostra convention, è imprevista e non gradita e rappresenta una evidente provocazione che non ci interessa e che respingiamo al mittente” replica in una nota l’ufficio stampa di Fli.

Cicchitto: “Risposta costruttiva o si va al voto”. Sui contenuti del discorso di domani si fanno già ipotesi e commenti da parte di maggioranza e opposizione. “Ci auguriamo che Fini dia una risposta positiva e costruttiva alla proposta del presidente Berlusconi – afferma il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto – se così non fosse e se si dovesse invece manifestare un aperto dissenso, ferme le prerogative del presidente della Repubblica 4, noi riteniamo che l’unica via sia quella delle urne”.

Vendola: “Da Fini furbizia insopportabile”. “La crisi del centrodestra è definitiva, stanno giocando a chi rimane con il cerino in mano, anche da parte di Fini c’è una furbizia insopportabile” dice il leader di Sel e presidente della Puglia, Nichi Vendola. “Il centrodestra è in crisi – osservato Vendola – e sta scaricando la sua crisi sulle spalle del Paese. Siamo davanti a una sceneggiata infinita, ieri parlavamo di Noemi, oggi parliamo di Ruby e invece si dovrebbe parlare di un Paese che precipita perché piove, della disperazione di tanti giovani che si uccidono perché non hanno più speranza nel futuro. E anche Fini dovrebbe parlare di questo”.

Casini: “Non dò consigli”. Nessun consiglio o auspicio invece da Pier Ferdinando Casini. “Rispetto Fini e sono naturalmente interessato al suo percorso, ma non dò lezioni o consigli interessati” ha detto il leader dell’Udc. “Non c’è nulla di più stucchevole per un uomo politico – ha aggiunto – che ricevere da altri consigli interessati”.

La Russa: “Stanotte dormirò”. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non si aspetta “nulla di risolutivo” da quanto accadrà domani a Perugia. “Domani dedicherò l’intera giornata alla celebrazione delle Forze armate – ha detto La Russa – poi leggerò le dichiarazioni degli altri, anche quelle di Fini che sono importanti ma non credo che ci sarà nulla di risolutivo”. “Piuttosto mi interrogo su che cosa succederà questa sera a San Siro, che è più importante”, ha detto La Russa, notoriamente tifoso dell’Inter. “Questa notte certo dormirò”, ha aggiunto il ministro: “a differenza vostra che non pensate ad altro”, ha detto rivolto ai cronisti.

Consolo: “Mai con i compagni”. Timori per eventuali alleanze scomode sono espressi anche all’interno di Futuro e libertà. “Gli obiettivi di noi di Futuro e Libertà sono chiari: legalità, giustizia, Mezzogiorno, maggiore considerazione del cittadino. Ma il vero problema – sottolinea Giusepe Consolo, deputato Fli – non sono gli obiettivi ma i compagni di viaggio. Mi auguro che gli amici del nuovo costituendo partito si sentano, come mi sento io, vicini al centrodestra e non certo alla sinistra. Non vorrei che con i compagni di viaggio sbagliati, si smarrisse il viaggio stesso, per poi ritrovarci solo con i ‘compagni’: questo no, questo proprio non lo

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IL RETROSCENA

Il Cavaliere teme l’effetto anatra zoppa e Tremonti: “Duriamo fino a dicembre”

Delusione in Vaticano per il forfait alla conferenza sulla famiglia: doveva prendere impegni. Calderoli: “Ormai siamo rassegnati, il presidente del Consiglio è Fini”.

di FRANCESCO BEI

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Tre conferenze stampa, al termine del Consiglio dei ministri di ieri, dovrebbero fissare l’idea di un iper-attivismo del “governo del fare”. Ma è la rinuncia forzata ad aprire la conferenza sulla Famiglia la fotografia più vera dell’impotenza nella quale si dibatte il Cavaliere. “Il governo non sta bene – ha ammesso ieri Berlusconi in uno dei tanti incontri a Palazzo Grazioli – ma quegli altri, Fini e la sinistra, stanno peggio di noi. Hanno paura delle elezioni, non sono organizzati, per cui possiamo ancora stare tranquilli: non si andrà a votare”.

Così, nonostante non ci sia più un solo provvedimento che Berlusconi possa pensare di portare a casa senza sottostare ai diktat di Futuro e libertà, il governo “va avanti”. Paolo Bonaiuti contesta l’immagine di un premier “anatra zoppa” e si dilunga sul “grande rilancio” che sarebbe iniziato con il Consiglio dei ministri di ieri: “È questa la nostra risposta a Fini”.

Ma l’atmosfera che si respira nella maggioranza è da ultimi giorni di Salò. Un siparietto di due sere fa, nello studio del leghista Giancarlo Giorgetti alla Camera, rende bene il disincanto che ha contagiato i ministri più consapevoli. Giulio Tremonti, alla presenza di Roberto Calderoli, si è rivolto con un sorriso ai deputati del Pdl che gli si affollavano intorno: “Ragazzi, io ve l’avevo detto che l’accordo con Fini andava fatto subito, altrimenti sarebbe stato meglio andare a votare. Non mi hanno dato retta”.
Calderoli, sempre in apparenza scherzando, ci aggiungeva un carico: “Sì, ormai dobbiamo rassegnarci. Il vero presidente del Consiglio è Fini”. L’ora è tarda, una chiacchiera tira l’altra e si passa a parlare dell’ultimo scandalo a luci rosse del premier.

I deputati si rivolgono a Tremonti, sono preoccupati, si lamentano per la “leggerezza” del Cavaliere. E il ministro dell’Economia, alzando gli occhi al cielo, si lascia sfuggire: “Già abbiamo tanti problemi…”. Un pessimismo condito da una profezia, espressa sempre in forma di battuta: “Inutile che vi affatichiate troppo, tanto il governo dura fino a dicembre”. Si capisce dunque quanto sia fragile l’immagine di iper-attivismo berlusconiana. E le inchieste sulla vita privata del Cavaliere aggiungo piombo alle ali del governo. Se ne è avuta una prova ieri mattina a palazzo Chigi, quando Mara Carfagna ha provato a far inserire nel decreto Maroni le norme contro la prostituzione arenate da un anno in Parlamento (a causa dello scandalo D’Addario).

Il progetto Carfagna punisce infatti anche “l’utilizzatore finale”, il cliente della prostituta, e ieri a molti ministri sono venuti i sudori freddi quando Berlusconi in persona, forse non consapevole dei dettagli del ddl, si è mostrato entusiasta dell’idea. “Brava Mara, così dimostriamo a tutti che non abbiamo nulla da temere”. Ma ai più è sembrato che il governo stesse costruendo un reato ad hoc applicabile proprio al caso Ruby&Co. Così, senza dare troppo nell’occhio, le norme della Carfagna sono sparite dal decreto legge (immediatamente operativo) e sono ricomparse nel più innocuo disegno di legge. “Tanto, se cade il governo, quel ddl non vedrà mai la luce”, spiega un membro del governo. Segnali di disincanto.

Così si arriva alla rinuncia a partecipare al Forum sulla Famiglia. Una decisione presa da Berlusconi in persona, dopo un consulto con Gianni Letta e Carlo Giovanardi prima dell’inizio del Consiglio dei ministri. Il Pd, l’Idv, i grillini: fuori dal convegno si sarebbe scatenato l’inferno contro Berlusconi. Ma le contestazioni rischiavano di essere accese anche dentro, tra i partecipanti. “Meglio evitare strumentalizzazioni”, ha concluso il premier, “questi non aspettano altro per attaccarci”. Un forfait che ha indispettito gli ambienti vaticani, che speravano in una presenza del premier per fargli prendere “impegni concreti sul sostegno alla famiglia”. Berlusconi si è consolato ieri ricevendo a Palazzo Grazioli Francesco Pionati, dell’Adc. L’ex centrista gli ha annunciato infatti che la prossima settimana qualche deputato arriverà a rimpolpare la maggioranza. Anche Deborah Bergamini e Alessio Bonciani, dati in uscita verso Fli, rimarranno per ora nel Pdl. Per il Cavaliere è già un successo.

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«In questa situazione in cui sono state avviate le riforme» lo scioglimento del governo «sarebbe un atto di autentica irresponsabilità, che il Paese e gli italiani non capirebbero». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel suo discorso alla direzione nazionale del Pdl.

«Se la maggioranza dovesse mancare a causa di chi si rende strumento nelle mani altrui si dovrà tornare dagli elettori, il responso del popolo ha sempre aiutato l’Italia nei momenti bui, fuori da questo percorso c’è‚ solo il degrado e il rovesciamento della democrazia», stata poi la sfida lanciata ai finiani dal premier.

«Mi attaccano in modo indegno e abietto», ha poi aggiunto Berlusconi, ma «le campagne di fango fondate sulla menzogna non mi fermeranno se lo facessi tradirei la fiducia degli italiani, significherebbe anteporre alla sovranità del popolo un primato anomalo, mi riferisco al primato di quei poteri che per interessidi casta e personali sfruttano teoremi costruiti ad arte in alcune procure, poteri consolidati che ripetono come un ritornello all’unisono che il governo non sta facendo niente e che stiamo dimenticando gli interessi del Paese».

A sorpresa, durante le celebrazioni del 4 novembre all’altare della Patria, Berlusconi si era sfogato con Gianfranco Fini a proposito dell’inchiesta sui festini: «E’ incredibile», ha detto a un perplesso Gianfranco Fini.

«Non esiste Paese al mondo dove il capo del governo, da due anni, deve difendersi da storie
inventate e strumentalizzate. La verità è che siamo sotto attacco e non per quello che abbiamo fatto ma per quello che rappresentiamo e cioè un ostacolo insormontabile per la sinistra per prendere il potere», ha aggiunto parlando sempre alla direzione del Pdl.

«Se Futuro e libertà ritiene esurita l’esperienza di governo e non intende andare avanti lo deve dire con chiarezza e lo deve dire subito – ha poi scandito il premier -. In quel caso siamo pronti a raccogliere la sfida e andare subito alle urne». Se invece, ha detto ancora Berlusconi, «c’è la volontà di andare avanti con il nostro governo e dimostrare lealtà ai nostri elettori siamo pronti a realizzare un patto di legislatura e a proporre un rinnovamento del sistema di alleanze dentro il centrodestra».

«L’Italia ha bisogno non di un governo qualsiasi ma nel pieno delle sue funzioni, non di un governo tecnico che rappresenterebbe il rovesciamento della volontà democratica. Ai signori della sinistra dico: se volete archiviare Berlusconi dovete chiederlo al popolo, non potete farlo con una congiura di palazzo, gli italiani non lo permetterebbero».

Berlusconi ha poi affermato: «Per la prima volta si profila la possibilità di sconfiggere e debellare per sempre la piaga della mafia e della criminalità organizzata». Quindi, dopo aver rivendicato i successi del governo nella lotta contro la mafia, ha osservato: «Alcune delle cose che accadono possono essere una vendetta della malavita».

Quello di Berlusconi è un «discorso deludente» senza «nessun elemento di novità». È un segnale della «debolezza» del premier. È stato il primo commento del capogruppo Fli alla Camera, Italo Bocchino. «Credo che domenica Fini indicherà un percorso, il passaggio di domenica sarà significativo, non può restare tutto così com’è. Ci dovrà essere un elemento di novità rispetto al rapporto con la coalizione e con il governo», ha continuato. «Il governo è fermo al palo ricominciare da capo sui cinque punti rischia di diventare un teatrino della politica».

Bersani: basta tira e molla. «Serve una fase breve di transizione, per evitare che la crisi del berlusconismo porti nel caos il Paese – dice il leader del Pd, Pier Luigi Bersani – Il tira e molla che va avanti da settimane e mesi non mi sembra una cosa sensata. Chiediamo solo che ognuno si prenda le sue responsabilità, ognuno deve sapere qual è la situazione in questo paese che non ha assolutamente governo. Ci sono enormi temi sociali aperti, questioni rilevantissime che riguardano le prospettive delle nuove generazioni, abbiamo la situazione dei redditi che fa paura. Allora, vogliamo fare qualcosa o no? Questo è il punto. Questo governo non è in condizioni di dare una risposta a questi problemi anche perchè è sempre distratto da altre cose».

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«Napolitano non darà il suo assenso a un governo diverso contro chi ha vinto le elezioni, non si esporrà al rischio di essere considerato alla stregua di un traditore da metà del Paese». Silvio Berlusconi inizia a crederci. Dopo una settimana da incubo, «ferito e umiliato» per come i giornali, a suo dire, hanno «distorto» la sua immagine servendosi delle rivelazioni sulle serate ad Arcore, il Cavaliere prova a rialzare la testa. «Fini domenica non farà nulla di clamoroso – è la convinzione maturata dopo alcuni colloqui riservati con i finiani moderati – ma anche noi dobbiamo stare attenti a non fornirgli pretesti per una rottura».

Ieri a Palazzo Grazioli, nella lunga giornata di “brain storming” con i vertici del partito e del governo – in pratica un Consiglio dei ministri con l´aggiunta dei coordinatori – è stata questa la linea condivisa da tutti: prudenza, nessuna polemica con Fini, unità interna. Tanto che l´intervento di oggi alla Direzione nazionale, se Berlusconi rispetterà il canovaccio elaborato dai suoi, dovrebbe essere intinto nella camomilla. «Siamo intenzionati a governare – sintetizza Paolo Bonaiuti – e tutta l´attenzione ora si concentrerà sulle cose da portare a termine, a partire dalla riforma dell´Università».

Inoltre, ecco la novità, il premier aggiungerà un “sesto punto” ai cinque votati in Parlamento un mese fa. Sono le misure per lo sviluppo contenute nel “Pnr”, il piano di riforma nazionale che dovrà essere presentato a Bruxelles la prossima primavera per raggiungere gli obiettivi dell´Agenda 2020. Ci stanno lavorando Tremonti, Sacconi e Ronchi, e l´intenzione è quello di approvare il piano – un elenco di misure per la competitività, l´occupazione, l´innovazione – già al consiglio dei ministri di domani.

Se poi le cose dovessero precipitare, Berlusconi è sicuro di poter contare sull´alleanza di ferro con Umberto Bossi. «Arriviamo fino a gennaio e poi si vede», hanno concordato i due leader nel colloquio di due sere fa. «A quel punto – ragiona uno degli spin di Berlusconi – sapremo cosa avrà deciso la Consulta sul legittimo impedimento e si capirà se conviene andare al voto a maggio». Sarà la Lega, se dovesse rendersi necessario, a staccare la spina. Per questo la linea, al momento, è quella di «resistere ad ogni costo». A dispetto di Fini, degli attacchi dei futuristi e delle inchieste che proiettano sul palcoscenico la vita notturna del Cavaliere.

Berlusconi ne vorrebbe parlare oggi al microfono, nella seconda direzione nazionale del partito (la prima fu quella del «che fai, mi cacci?» di Fini). Tutti lo hanno implorato di evitare l´argomento, ma il premier è una pentola sul punto di esplodere. E lo si è visto l´altro giorno al salone della moto con la battutaccia sui gay. A tutti quelli che vanno a trovarlo a palazzo Grazioli, Berlusconi ripete la sua versione dei fatti, «ferito» per come i quotidiani lo stiano rappresentando.

Non rinnega il suo stile di vita, ma giura di non aver mai approfittato di Ruby. «Fra l´altro non è nemmeno il mio tipo – ha scherzato – è troppo alta, non mi piace». E la nuova rivelazione? Quella Nadia Macrì che afferma di essere stata pagata per aver fatto sesso con Berlusconi e Brunetta? Il Cavaliere, per allentare la tensione, ci scherza su: «Ma vi pare possibile? Renato le avrebbe dato 300 euro e io 5000, diciassette volte di più… bel pirla che sarei!». Ecco, meglio scherzarci sopra. E ostentare sicurezza, come sempre, tanto da confermare l´appuntamento di lunedì prossimo a Milano, quando si presenterà alla Conferenza nazionale della Famiglia, nonostante le polemiche.

Quanto al Pdl, si studia come dargli una scossa per respingere l´offensiva di Futuro e Libertà. Ieri sera via dell´Umiltà si è riunita la commissione Statuto, con Verdini, Lupi, Ravetto e Fontana. Berlusconi pensa inoltre di affiancare ai tre coordinatori, che resterebbero con compiti organizzativi, un “ufficio politico” allargato, dando ad Angelino Alfano un ruolo di “primus inter pares” nel nuovo organismo. Solo ipotesi al momento, ma il peso del Guardasigilli è destinato a crescere. Intanto oggi l´unico momento di fibrillazione ci sarà alla Direzione quando Gianni Alemanno depositerà un ordine del giorno per chiedere congressi veri. Un atto inconcepibile nella vecchia Forza Italia. Ma lo farà? (articolo di FRANCESCO BEI, La Repubblica)

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da La Stampa di Riccardo Arena

(WSI) – La terza volta che si videro, il premier decise di soddisfare una curiosità: «Ma lei che fa nella vita?», avrebbe chiesto Silvio Berlusconi a Nadia Macrì. E lei, la ragazza di 27 anni, mora, capelli lunghi, avrebbe risposto un po’ stupita, un po’ imbarazzata: «Ma come, presidente… Io sono una escort». «E no, questo lei non lo deve dire, eh?».

Un incontro per conoscersi, altri due a sfondo prevalentemente sessuale, a pagamento: per le sue prestazioni con il capo del governo la giovane originaria di Reggio Emilia racconta ai pm di essere stata ricompensata con cinquemila euro alla volta. «E poi gioiellini, piccoli Swarovski… La seconda volta i soldi me li ha dati personalmente il presidente, dentro una busta. Quella festa fu in Sardegna e noi ospiti avevamo fumato marijuana…».

Il mondo di Nadia e il mondo del Cavaliere, secondo il racconto che la giovane ha fatto ai pm di Palermo, si sono incontrati tra la primavera del 2009 e poi quest’anno: «A Milano città e poi in una villa che non so dire se fosse Arcore o Macherio… E in Sardegna, credo a Villa Certosa».

Nadia, che consumava abitualmente cocaina, ha mostrato, nei suoi verbali, qualche imprecisione e ricordi spesso vaghi. Ma ha dimostrato pure di non saper distinguere, in perfetta buona fede, un senatore da un assessore e un presidente della Regione da un amministratore di ospedale. Però rimane una ragazza sveglia, capace di cogliere le occasioni al volo.

Da quella volta che, giura lei, si sarebbe concessa a Renato Brunetta, l’attuale ministro (che nega). Nadia ha parlato di sesso a pagamento: «Effettivamente mi indicò l’avvocato Taormina, che però non si interessò affatto alla mia causa e il giorno dell’udienza nemmeno si presentò».

Poi però Brunetta «per le mie prestazioni mi diede 300 euro, regalandomi anche alcuni gioielli». Nadia avrebbe voluto rimanere con lui, allacciare una relazione stabile, ma il professore non volle. «A presentarmelo era stata la mia amica Perla, Perla Genovesi. Andammo insieme al suo studio, lo conobbi lì». Perla, che è di Parma, è un’ex assistente del senatore del Pdl (oggi deputato) di Tortona Enrico Pianetta: è la donna che ha aperto il filone palermitano delle indagini sulla escort che si sarebbe inserita nel «giro delle feste del presidente».

Coinvolta in un traffico di stupefacenti e arrestata in luglio, nella cosiddetta Operazione Bogotà dei carabinieri di Palermo, la Genovesi, che aveva contatti con trafficanti siciliani, aveva deciso di rendere dichiarazioni ai pm Geri Ferrara e Marcello Viola. E aveva raccontato anche le confidenze che le avrebbe fatto l’amica ex cubista ed ex «ragazza immagine».

Nadia Macrì era stata individuata dai carabinieri del Reparto operativo di Palermo e all’inizio di ottobre i pm Viola e Ferrara l’avevano sentita come testimone. Dopo aver conosciuto Brunetta, Nadia Macrì entrò nell’ambiente che conta: non sa dire con precisione chi, tra un politico emiliano («di cui non ricordo il nome»), un P.R. conosciuto in discoteca, un uomo incontrato per strada e l’agente Lele Mora, la introdusse nell’ambiente del presidente del Consiglio.

Forse copre qualcuno. Ma i canali potrebbero essere stati più di uno. Mora, noto per le vicende di vallettopoli, avrebbe portato Nadia da Emilio Fede e il direttore del Tg4 (che smentisce) avrebbe a sua volta portato la bella ragazza da Berlusconi. L’ex cubista afferma che «si diceva tra gli ospiti» che la marijuana consumata in Sardegna fosse stata portata con l’aereo del premier. Parla di un primo incontro «casto» e di feste che sarebbero state «normali».

Una volta concluse, però, avrebbe fatto sesso col presidente in una piscina con l’idromassaggio. Le ragazze, una ventina, sarebbero state distribuite due per stanza. In un’altra occasione il premier, in una stessa notte, avrebbe avuto rapporti con più giovani donne. Vero, falso? Ora toccherà ai magistrati di Milano stabilirlo.

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PALERMO – «Ho avuto incontri con il presidente Berlusconi tramite Lele Mora, per cui ho lavorato», sostiene la escort Nadia Macrì. L’ha detto ai magistrati di Palermo che l’hanno interrogata nelle scorse settimane dopo che di lei aveva parlato Perla Genovesi, la «pentita» di un presunto traffico di droga. Spiega di aver conosciuto il famoso agente del mondo dello spettacolo tramite «un certo Federico che ho incontrato per strada». Poi Mora le aprì altre porte.

«Tramite questi contatti sono stata tre volte da Berlusconi – ha spiegato la donna -, ma solo in due abbiamo avuto delle prestazioni sessuali. Una volta in Sardegna e una volta ad Arcore. Per le prestazioni mi diede complessivamente diecimila euro ed altri piccoli regali. È accaduto nella Pasqua 2009 in Sardegna e nell’aprile 2010 ad Arcore. Sono stata contattata da un ragazzo che ci portò da Lele Mora a Milano, e lì con altre ragazze siamo andate dal presidente. A me i soldi li ha dati personalmente Berlusconi in una busta».

Il racconto della ragazza che vive a Reggio Emilia, ha 28 anni e un passato piuttosto burrascoso – segnato da un arresto per maltrattamenti sul figlioletto, accusa dalla quale dice di essere stata assolta, ma lei aveva intenzione di «rapire il bambino per portarlo all’estero» – è tutto da verificare. Il procuratore di Palermo l’ha trasmesso a Milano perché lì si sarebbe consumato il presunto reato di favoreggiamento della prostituzione che gli inquirenti siciliani hanno ipotizzato a carico di Lele Mora e del direttore del Tg4 Emilio Fede, proprio sulla base delle dichiarazioni di Nadia Macrì.

«La prima volta che sono andata ad Arcore – ha detto la donna – mi sono recata prima a casa di Lele Mora, dove c’erano altre ragazze, e da lì siamo andati allo studio del giornalista Emilio Fede. Poi con Fede, io e le ragazze siamo andate ad Arcore, lui c’era sempre ma cenava soltanto con noi, poi se ne andava. Eravamo circa sette ragazze, ci spostavamo con l’auto privata. Emilio Fede faceva una sorta di selezione e ci chiedeva il nome, poi andavamo tutte insieme dal presidente».

Secondo questa nuova prostituta che svela di essersi accompagnata col presidente del Consiglio nelle sue residenze private, la prima volta che vide Berlusconi non successe nulla: «Non abbiamo avuto rapporti sessuali». Ma il premier la invitò a villa Certosa, in Sardegna: «Questo si verificò poco prima del terremoto (quello in Abruzzo dell’aprile 2009, ndr), nel periodo di Pasqua. Nella villa in Sardegna eravamo circa venticinque ragazze. Nelle stanze in Sardegna c’era dell’erba da fumare, che veniva trasportata con il jet privato del presidente». Non è chiaro come la donna sia arrivata a questa conclusione. Ai pubblici ministeri ha raccontato che ad ogni ragazza venivano offerti un paio di spinelli, ma non ha mai visto Berlusconi fumare «erba».

Un anno dopo l’incontro a villa Certosa, nell’aprile scorso, ci sarebbe stato quello di Arcore. Procurato quasi casualmente, nella versione di Nadia, dal sindaco di Parma Pietro Vignali (leggi l’intervista) eletto nel 2007 con l’appoggio del Popolo della libertà: «Quando io ho bisogno di soldi vado a Parma, lì c’è un bell’hotel vicino alla stazione e un giorno mi sono seduta nel bar e ho incontrato due uomini, il sindaco di Parma e il suo segretario». Un colpo di fortuna, come spiegò il segretario alla escort: «Mi disse che ero stata fortunata perché era il sindaco, e che avevo fatto colpo. Dopo siamo andati in villa e lì abbiamo avuto un rapporto sessuale per cui ho avuto cinquecento euro. Io chiesi al sindaco se poteva mettermi di nuovo in contatto con Berlusconi, e lo stesso mi disse che in effetti qualche giorno dopo il presidente si sarebbe recato a Parma. In effetti qualche giorno dopo Berlusconi mi chiamò ed organizzammo di incontrarci ad Arcore».

È stata l’ultima volta, perché in quell’occasione il premier s’inquietò, forse nel timore che Nadia potesse screditarlo lontano dalle mura domestiche: «Mi ha detto che io parlo troppo – ha raccontato la ragazza -. Ero ubriaca, e lui mi chiese che facevo. Io risposi “le marchette”, e lui si arrabbiò facendo uscire l’altra ragazza e dicendo che non dovevo dire queste cose». Delle feste ad Arcore, Nadia Macrì che era in cerca di apparizioni televisive e aveva tra i suoi obiettivi la partecipazione al Grande Fratello conserva questo ricordo: «C’erano altre persone famose, cantanti, imprenditori, avvocati, notai. Tuttavia poi gli altri andavano, e solo noi ragazze ci alternavamo con il presidente. Lui diceva “avanti la prossima”, e anzi talvolta stavamo tutte insieme nella piscina ove veniva consumato il rapporto sessuale».

Ai magistrati la donna avrebbe confidato l’impressione che qualche ragazza fosse minorenne, ma è uno dei particolari – come quello dell’hashish – considerato difficile da verificare. Su tutto il racconto da cui può derivare il favoreggiamento della prostituzione ipotizzato a carico di due indagati e altre persone da identificare, la Procura di Milano è ora chiamata a cercare gli eventuali riscontri.

Oltre che del presidente del Consiglio e del sindaco di Parma, Nadia ha parlato di un altro politico, il ministro della Funzione pubblica Brunetta che le fu presentato da Perla Genovesi, la «pentita» del traffico di stupefacenti arrestata nel luglio scorso nell’originaria inchiesta antidroga. Nadia Macrì era in cerca di aiuto per riprendersi il figlio e portarlo all’estero, e chiese consigli alla sua amica Perla: «Mi fece conoscere un avvocato di Roma tramite Renato Brunetta», ha riferito la escort ai magistrati, aggiungendo che con l’attuale ministro ebbe un rapporto sessuale (che il politico nega, come pure il sindaco di Parma).

«Avvenne nel 2006 – ha detto Nadia -, quando io e Perla andammo insieme nel suo ufficio e io rimasi sola con Brunetta. La sera, dopo l’orario d’ufficio, andammo insieme dall’avvocato Taormina, e io gli consegnai tutta la documentazione relativa alla mia vicenda processuale. Brunetta mi disse espressamente che avrebbe pensato lui a pagare l’avvocato, tuttavia in seguito il Taormina nemmeno si presentò all’udienza. Il giorno dopo io andai da Brunetta per una prestazione sessuale, lui mi regalò vestiti, gioielli e circa 300 euro. Io speravo di mantenere una relazione con Brunetta per guadagnare un po’ di soldi, tuttavia la cosa non durò molto. Ci siamo incontrati solo un’altra volta».

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«Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay». Parola del premier Silvio Berlusconi, che intervenendo oggi all’inaugurazione del Salone del ciclo e motociclo a Milano scherza su Ruby, fa battute omofobe, attacca di nuovo i giornali e annuncia una nuova legge sulle intercettazioni.

«Tutto si risolverà in una tempesta di carta: vedrete che alla fine verrà fuori che non è stato altro che un atto di solidarietà che mi sarei vergognato di non fare, e invece l’ho fatto, lo faccio continuamente perché sono fatto così da sempre», ha continuto il presidente del Consiglio, riferendosi al suo intervento a favore di Ruby, la ragazza marocchina, diventata ieri maggiorenne, al centro di una indagine della procura di Milano per sfruttamento della prostituzione che ha raccontato di essere stata a una festa a casa del premier a Arcore. «Da sempre – ha proseguito il premier – conduco una attività ininterrotta di lavoro, se qualche volta mi succede di guardare in faccia qualche bella ragazza… meglio essere appassionati di belle ragazze che gay».

«Non leggete più i giornali, non leggeteli più perché vi imbrogliano, vi imbrogilano», ha poi ripetuto Berlusconi.

«Ho un problemino, avrei da sistemare una certa Ruby in uno di questi stand….», aveva scherzato poco prima il premier, riferendosi alla ragazza marocchina.

A dispetto «degli attacchi che arrivano da parte di giornali ed editorialisti sul Governo che non ha le idee chiare e non otterrebbe risultati, la realtà è che anche in quest’ultimo vertice europeo a Bruxelles abbiamo fatto un mare di gol», ha detto ancora Berlusconi, ribadendo che intende governare fino alla fined ella legislatura.

«Il governo ha la maggioranza e andremo avanti fino alla fine della legislatura», ha sottolineato ancora Berlusconi. «La cosa più negativa e grave – ha aggiunto – sarebbe affrontare una campagna elettorale in cui tutti si affronterebbero con la massima ferocia e i cittadini avrebbero ragione a non andare a votare».

«Il governo intende ripresentare al Parlamento una legge per regolamentare le intercettazioni», ha poi rivelato Berlusconi sottolineando che «questo tema è nel cuore degli italiani: abbiamo dei sondaggi che lo dicono». La legge, ha spiegato Berlusconi, conterrà tre punti: «l’ultilizzo di questo strumento dovrà essere limitato al terrorismo internazionale, alle organizzazioni criminali, alla pedofilia e agli omicidi; le intercettazioni non potranno essere prodotte come prove né dalla accusa né dalla difesa; chi pubblicherà il testo di intercettazioni dovrà subire un fermo del suo media da 3 a 30 giorni».

«Un presidente del Consiglio che, di fronte alla crisi del suo governo e di fronte a vicende personali che potrebbero portarlo a subire accuse per abuso di potere, non riesce ad avere comportamenti e atteggiamenti consoni al ruolo che ricopre, ma trova modo e maniera di fare dichiarazioni offensive e volgari nei confronti delle donne e dei gay, di attaccare la stampa, di ritornare (udite, udite) sulla vicenda delle intercettazioni è un uomo che non è all’altezza di governare il nostro Paese», ha detto la capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro. «Siamo di fronte ad un irresponsabile che vuole sembrare forte e baldanzoso, ma che invece è arrivato, in modo triste e squallido, alla fine della sua parabola politica. L’urgenza delle sue dimissioni e della fine del suo esecutivo – sostiene Anna Finocchiaro – è ogni giorno più evidente».

«Il posto ideale per Berlusconi non è certo palazzo Chigi ma una bettola di periferia. Oggi, infatti, abbiamo avuto l’ennesima prova dell’inadeguatezza del signor Silvio Berlusconi a ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio. Berlusconi vive ancora nell’età della pietra, anzi, peggio: vive nell’era delle discriminazioni razziali, sessuali, etniche e religiose», ha affermato in una nota il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro spiegando che «bisognerebbe ricordargli che, nel frattempo, il nostro Paese ha ratificato il trattato di Lisbona che ha riconosciuto il diritto alla non discriminazione basata anche sull’orientamento sessuale». «Essere gay – aggiunge Di Pietro – è solo un diverso modo dell’essere e non una condizione di cui vergognarsi».

Una battuta «gratuita» e «volgare» che offende «non solo le persone omosessuali ma anche le donne» e per la quale Berlusconi si deve scusare, ha commentato Paolo Patanè, presidente nazionale dell’Arcigay. «Questa frase – ha spiegato Patanè – è espressione di una cultura machista, arretrata e offensiva per le persone omosessuali ma anche per donne. Un frase che proviene da un atteggiamento di disprezzo nei confronti della dignità delle persone e che conferma il clima imbarazzante e grottesco in cui cui il presidente del Consiglio sta precipitando il Paese. Berlusconi – ha concluso Patanè – si scusi con tutti, con le persone omosessuali e con donne per una frase dietro la quale c’è una visione del mondo femminile che non fa onore al capo del governo di un Paese dell’Unione europea».

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da Apcom

“Ogni tanto mi capita di interrompere il mio lavoro e se qualche volta mi capita di guardare in faccia una bella ragazza meglio guardare una bella ragazza che essere gay…”. Lo dice Silvio Berlusconi parlando alla fiera del motociclo di Rho Pero.

Il Premier torna sul caso Rudy, “non leggete più giornali perché vi imbrogliano, vedrete che su questa vicenda ci sarà solo una tempesta di carta, vedrete come non ci sarà stato null’altro che un atto di solidarietà che mi sarei vergognato di non fare, lo faccio da sempre”.

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«L’onorevole Fini dovrà fare le sue valutazioni: o confermare l’appoggio al governo o prendersi la responsabilità di una crisi». È quanto scrivono in una nota congiunta i capigruppo di Camera e Senato del Pdl, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri e il vicepresidente dei senatori Gaetano Quagliariello.

Il Pdl risponde all’onorevole Fini che aveva assicurato il sostegno del Fli al premier, con una corollario: «Se il presidente del Consiglio mette la testa sui problemi reali». La nota congiunta inviata alle agenzie chiede all’onorevole una chiara presa di posizione. «Al punto in cui siamo arrivati – si legge nella nota arrivata all’Agi da Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello – è indispensabile la più assoluta chiarezza da parte di tutti perché ognuno deve assumersi le sue responsabilità davanti alle istituzioni e al popolo italiano. Ci auguriamo che ciò che è stato attribuito all’on. Fini, sull’eventualità che l’on. Berlusconi faccia un passo indietro e dunque si dimetta da premier e provochi una crisi di governo, si limiti ad essere una battuta polemica destinata ad esaurirsi nel circo mediatico».

E prosegue: «Dal canto suo, l’on. Berlusconi non intende compiere alcun passo indietro perché non esiste alcuna ragione per farlo. Si tratterebbe solo di una fuga dalle responsabilità, che invece impongono di procedere senza indugi nell’attività di un governo voluto dalla maggioranza degli elettori e al quale il Parlamento ha recentemente rinnovato la sua fiducia. Di fronte a questa determinazione, l’on. Fini dovrà fare le sue valutazioni: o confermare l’appoggio al governo o prendersi la responsabilità di una crisi».

Quello che la nota chiede è una posizione: L’appoggio o la crisi. «Ci auguriamo che la scelta dell’on. Fini vada nella prima direzione, di carattere positivo e costruttivo – prosegue la nota – Nel secondo caso, invece, non ci si potrebbe stupire se la crisi finisse per condurre dritto alla elezioni. Come è stato autorevolmente affermato, infatti, non esistono governi tecnici ma solo governi politici. In particolare, di fronte a una crisi dell’attuale esecutivo le uniche alternative al voto sarebbero o un governo sostenuto da una larghissima coalizione, per il quale evidentemente non esistono le condizioni stante l’indisponibilità del PdL e per quanto a noi noto anche della Lega, ovvero delle due forze che insieme hanno vinto le elezioni del 13 aprile 2008; o un governo eventualmente formato da tutti coloro che quelle elezioni le hanno perse, per il quale, anche nella non scontata ipotesi che vi fosse una maggioranza in Parlamento, non esisterebbero comunque le condizioni in termini di legittimazione democratica».

La nota è arrivata dopo una giornata in cui si sono rincorse le prese di posizione. «Una mia defezione procurerebbe danni seri al centrodestra e a tutto il Paese». Lo aveva detto Silvio Berlusconi. Nel libro di Bruno Vespa Il cuore e la spada. 1861 – 2011, il premier sostiene di non essere mosso da ambizioni politiche: «Il sacrificio a cui mi sottopongo è grande, a volte gli impegni sono disumani, ancorché sia aiutato nella quotidianità dell’azione di governo da quella straordinaria persona che è Gianni Letta, ma sto qui per senso di responsabilità».

La risposta è arrivata dopo poco. «Futuro e Libertà ha sempre detto con chiarezza che non intende staccare la spina al governo ma, anzi, di volerlo sostenere per l’intera legislatura al fine di attuare il programma che ci impegna con gli elettori e in generale con il Paese». Lo dichiarano in una nota congiunta i capogruppo di Camera e Senato di Futuro e Libertà per l’Italia, Italo Bocchino e Pasquale Viespoli. «In tutte le occasioni, compreso il recente dibattito sulla fiducia, abbiamo dimostrato la volontà di garantire la tenuta dell’esecutivo, la cui azione però è da rilanciare fortemente essendo oggettivamente ferma al palo sulle grandi questioni che riguardano gli italiani», si legge ancora nella nota. «Il problema – concludono Bocchino e Viespoli – non è pertanto la nostra presunta volontà di far cadere Berlusconi, ma la reale volontà altrui di dar vita a una nuova stagione di governo».

Le dichiarazioni del premier a Vespa sono antecedenti all’ultimo scandalo sulla vicenda Ruby, ma le parole di Berlusconi suonano comunque come una replica a quanti in queste ore, da più parti, lo invitano a un passo indietro. L’affaire che riguarda la giovane marocchina ospite delle feste ad Arcore, oltre che giudiziario, è ormai diventato infatti anche un caso politico. «Se è vero, il premier lasci» ha detto domenica il presidente della Camera Gianfranco Fini in merito all’intervento di Palazzo Chigi sulla questura. L’Italia dei Valori preme perché Berlusconi si dimetta e invita Futuro e Libertà ad «azioni coerenti» contro l’esecutivo.

Il Pd invece appoggia l’ipotesi di un governo tecnico, seccamente rispedita al mittente sia dalla Lega che dal Pdl. «Macché governo tecnico, macché Lega interessata ad un governo tecnico! Io sono preoccupato che qui, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato, ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e che non hanno voce e voti». Quindi l’avvertimento: «Se c’è colpo di Stato la rivolta del popolo è legittima». Ugualmente netta la presa di posizione del Pdl: «Nessuno tra di noi pensa neanche lontanamente a favorire con il suo apporto e la sua copertura manovre trasformistiche di governo tecnico» ha detto il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto. In caso di crisi di governo, secondo Cicchitto «l’unica via è quella del voto».

In caso di governo tecnico sarà rivolta. La Lega Nord boccia l’ipotesi, adombrata dopo le parole di Gianfranco Fini sul caso Ruby, di un esecutivo di responsabilità. E, scatenando l’indignazione dell’opposizione, si dice pronta a guidare la «rivolta popolare» contro quello che considera un golpe. Di voto Roberto Calderoli non ci sta neppure a discuterne. Anzi, contrattacca. «Macché Governo tecnico, macché Lega interessata ad un Governo tecnico! Io sono preoccupato che qui, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato, ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e che non hanno voce e voti. Ma se c’é colpo di stato la rivolta del popolo è legittima».

Carmelo Briguglio, parlamentare di Fli, commenta le parole del ministro alle semplificazione: «Il caso Calderoli come il caso Ruby sono segni di inadeguatezza di chi è chiamato a governare l’Italia e a rappresentarla nel mondo. Calderoli dovrebbe essere più prudente e avere maggiore senso dello Stato», ha detto il deputato finiano ricordando quando il ministro indossò la maglietta anti-islamica.«Con il grave gesto della maglietta anti-islamica, provocò l’assalto del consolato italiano di Bengasi con 11 morti e 25 feriti». E ha aggiunto: «Calderoli dovrebbe essere più prudente e avere maggiore senso dello Stato. Prudente come deve essere un ministro della Repubblica che ha giurato sulla Costituzione e che quindi non può violarla evocando rivolte di piazza anche in Italia».

Intervistato da Vespa, il presidente del Consiglio parla anche delle future alleanze: «Avremmo gradito e gradiremmo un appoggio alla nostra maggioranza e al governo» da parte di Pier Ferdinando Casini e «mi auguro che l’Udc valuti a fondo questa possibilità nell’interesse del Paese» ha detto Berlusconi. Pronta la replica del presidente dei senatori dell’Unione di centro Giampiero D’Alia: «Dopo aver consumato l’ennesimo atto di trasformismo, comprandosi alcuni parlamentari siciliani dell’Udc, Berlusconi cosa vuole da noi?» ha chiesto D’Alia. «Berlusconi – ha aggiunto – può solo dimettersi e così si aprirà una fase nuova. È l’unico modo per risparmiare all’Italia ulteriori umiliazioni».

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Per la prima volta, anche il popolo berlusconiano sembra ferito dall’ultima vicenda che coinvolge il premier. Sulla bacheca virtuale di Forzasilvio.it crescono di ora in ora i messaggi critici

Delusi e amareggiati dall’ennesimo scandalo che investe il “loro Presidente”. E’ una novità assoluta il malumore che serpeggia in queste ore sui forum berlusconiani: il caso Ruby, la telefonata fatta fare dal premier in questura per ottenere il rilascio della giovane marocchina accusata di furto, hanno fatto breccia anche nelle roccaforti virtuali del berlusconismo. E ora molti, anche tra i sostenitori di Silvio Berlusconi, iniziano a criticare il comportamento del premier. Su Forzasilvio.it, il network ufficiale dei berlusconiani di ferro, i post che accusano il premier crescono di ora in ora. “Non lo meritiamo”, “Siamo sempre più perplessi”. E ancora: “Adesso basta, sembra che se le vada a cercare”. Opportunità politica, senso delle istituzioni, moralità della vita pubblica. Gli elettori del Popolo della libertà chiedono spiegazioni a Silvio Berlusconi.

Su Forzasilvio.it, le critiche, insieme agli attestati di stima, compaiono in calce ad un articolo, pubblicato venerdì scorso, in cui si annuncia che “la spazzatura napoletana e quella mediatica stanno per essere spazzate via”. Un articolo che diventa ben presto luogo virtuale in cui si confrontano tanti elettori del Pdl. Paolo dalla Toscana scrive: “Presidente, l’ho sempre stimata e sostenuta. Ma queste cose non possono, né devono, far parte della vita del massimo rappresentante della vita politica di un paese. Non così, ma che gente frequenta? Come può fare certe cose? Noi non lo meritiamo”.

In molti commenti s’intrecciano amarezza e speranza. “Presidente sono sempre più perplessa, non so più a chi credere. Lei non è un uomo qualunque e ci deve rappresentare dignitosamente nel mondo. La prego, sia l’uomo del ‘fare’ come ci ha promesso l’Italia ha bisogno di lei”. E alla discussioni partecipa anche un amministratore locale del Pdl: “Ho sempre sostenuto il Presidente fin dal 1994. Ma ora mi trovo in grossa difficoltà e purtroppo non sono il solo”. Poi il consiglio: “Fate sapere al Presidente che c’è una morale a cui nessuno può sfuggire ed è la serietà di una persona in privato e in pubblico. Sono un consigliere comunale ma sto pensando di cambiar casacca”.

Certo, in tanti continuano a dimostrare fiducia nei confronti del premier. Ma la disillusione cresce di ora in ora. “Presidente, questa mia, solo per esprimere la mia amarezza e frustrazione per il circo mediatico di questi giorni sulle sue vicende personali: fatti che riescono ad annullare ogni suo sforzo per la ripresa del nostro Paese”. E c’è chi non riesce a mantenere la calma nemmeno di fronte al monitor del proprio Pc: “Fango, fango. Ne abbiamo le scatole piene. Ci stiamo facendo ridere dietro da tutto il mondo. Questo ritornello trito e ritrito della propaganda comunista ormai ha stufato. La verità è che quando si ricoprono certi ruoli istituzionali ci vuole un po di auto-moderazione e di decoro. E che diamine!”.

E alcuni invitano Berlusconi a liberarsi dalle cattive amicizie di cui si circonda: “Presidente, lei è uomo di grande valore sociale, imprenditore di eccellente talento, ma come mai non riesce a sconfiggere o ad allontanare quelli che minano la sua credibilità con finta amicizia?”. Tutti in attesa che il caso Ruby venga chiarito. (articolo di Carmine Saviano: “Presidente, ma allora se le cerca”. La delusione contagia i fan di Silvio).

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Nel giorno del suo diciottesimo compleanno Ruby, la giovane marocchina al centro dell’ultima inchiesta scandalo condotta alla procura di Milano, 1 tace. Parla invece Silvio Berlusconi, tramite le ennesime anticipazioni del libro di Bruno Vespa. ‘Una mia defezione procurerebbe danni seri al centrodestra e a tutto il Paese” assicura il premier. Che lancia un messaggio all’Udc, di cui gradirebbe “un appoggio alla nostra maggioranza e al governo. Mi auguro che Casini ci pensi”.

Al conduttore di Porta a Porta, il presidente del Consiglio torna a ripetere la carta del “sacrificio personale” a cui si sottoporrebbe per il bene del Paese: “Non sono mosso da ambizioni politiche, a volte gli impegni sono disumani, ancorchè sia aiutato nella quotidianità dell’azione di governo da quella straordinaria persona che è Gianni Letta, ma sto qui per senso di responsabilità”.

Ed ancora: “So bene che i cimiteri sono pieni di persone indispensabili, ma credo che se dovessi ritirarmi ora mancherei a un mio dovere e perderei la stima dei tanti italiani che mi hanno dato la loro fiducia”

Sul fronte politico, intanto, le acque restano agitate. Con l’ombra di un governo tecnico che si allunga sull’esecutivo. Soprattutto dopo le parole pronunciate da Fini sul caso Ruby. Eventualità che la maggioranza vede come il fume negli occhi: “Spero che quelle del presidente della camera siano solo battute. Ma se qualcuno provocasse una crisi di governo l’unica via sarebbe quella del voto” dice il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto.

Ultimativi i toni del Carroccio. “Macchè Governo tecnico, macchè Lega interessata ad un Governo tecnico! Io sono preoccupato che qui, profittando delle vicende personali di Berlusconi, sia in atto un colpo di Stato, ma sarebbe il golpe dei fighetta, di quelli che frignano e che non hanno voce e voti. Ma se c’è colpo di stato la rivolta del popolo è legittima” sbotta il ministro per la semplificazione, Roberto Calderoli.

Ma propio dai finiani arriva un nuovo affondo. ”Chi dice che bisogna parlare solo delle cose da fare o fatte da questo governo, fa finta di non capire che Berlusconi non e’, non puo’ essere, ‘Berlusconi Silvio’ privato cittadino. Sarebbe bello per lui ma non e’ cosi’ – dice Filippo Rossi su Ffwebmagazine, periodico online di Farefuturo – Qualsiasi cosa voglia essere l’uomo di Arcore, gli italiani, tutti gli italiani, sono comunque coinvolti. Ed e’ per questo che parlare di Berlusconi e’ fare la cosa giusta”.

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“Una mia defezione procurerebbe danni seri al centrodestra e a tutto il Paese”. Lo afferma il premier Silvio Berlusconi a Bruno Vespa nel libro “Il cuore e la spada. 1861 – 2011” in uscita venerdì prossimo. “Non sono mosso da ambizioni politiche – dice il presidente del Consiglio – il sacrificio a cui mi sottopongo è grande, a volte gli impegni sono disumani, ancorché sia aiutato nella quotidianità dell’azione di governo da quella straordinaria persona che è Gianni Letta, ma sto qui per senso di responsabilità”. “So bene che i cimiteri sono pieni di persone indispensabili, ma credo che se dovessi ritirarmi ora mancherei a un mio dovere e perderei la stima dei tanti italiani che mi hanno dato la loro fiducia. Credo davvero che una mia defezione procurerebbe danni seri al centrodestra e a tutto il Paese”.

L’Udc deve valutare “a fondo” l’appoggio al governo Berlusconi. Lo sostiene lo stesso premier in un’intervista al libro di Vespa che esce venerdì. Berlusconi rilancia la strategia dell’attenzione nei confronti dell’Udc e di Casini “da cui avremmo gradito e gradiremmo un appoggio alla nostra maggioranza e al governo”. “I deputati siciliani dell’Udc che sono persone di grande coerenza hanno fondato una formazione politica con tanto di atto pubblico e di notaio del tutto autonomamente – spiega -, per dissenso nei confronti delle posizioni politiche del loro partito. Dopo aver assunto tale decisione avevano chiesto un incontro con me suscitandomi qualche preoccupazione perché temevo che questo passaggio avrebbe potuto compromettere i nostri rapporti con Pierferdinando Casini e con l’Udc da cui avremmo gradito e gradiremmo un appoggio alla nostra maggioranza e al governo. Mi auguro che l’Udc valuti a fondo questa possibilità nell’interesse del Paese”.

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Il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini ha sentito come testimone l’ex questore Vincenzo Indolfi per far luce su quanto accaduto negli uffici di via Fatebenefratelli nella notte tra il 27 e il 28 maggio scorsi, quando Ruby venne trattenuta e poi affidata alla consigliera regionale Nicole Minetti. Quella notte arrivò almeno una telefonata da Palazzo Chigi in cui si sosteneva che la ragazza era nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak e si segnalava l’arrivo del consigliere regionale consigliera regionale Minetti che si era offerta di prendere in affido la giovane.

Le foto del compleanno di Ruby, al secolo Karhima Rashida el Marhug, la ragazza marocchina coinvolta in indagini della procura di Milano che dovrebbe festeggiare giovedì prossimo i suoi 18 anni alla discoteca Albikokka di Genova, sarebbero già state vendute in esclusiva a un noto settimanale di gossip.

La ragazza, che compie oggi la maggiore età, è rientrata stanotte da Milano nel residence di Genova dove si è rifugiata da quando è scappata dal Kinderheim, la casa famiglia di Sant’Ilario, dove era stata inviata in affidamento dal tribunale dei minori di Milano. Secondo quanto appreso, Karhima Rashida potrebbe tornare a Milano mercoledì per essere ascoltata dai magistrati lombardi.

«Nessuno nel Pdl pensa neanche lontanamente a favorire con il suo apporto e la sua copertura manovre trasformistiche di governo tecnico». Il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, risponde così al senatore del Pd, Marco Follini, che in una intervista propone di superare l’attuale fase politica con un governo di larghe intese.

«L’onorevole Follini – afferma Cicchitto in una nota – è una persona garbata e colta, ma questa volta siamo costretti a disilluderlo. Noi ci auguriamo che le battute di Fini di ieri facciano parte di un armamentario polemico che, però, non prelude a crisi di governo e a cambi di collocazione politica dal centrodestra a non si sa dove nel Fli».

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Paolo Colonnello – La Stampa

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Quella che inizialmente era stata descritta come una procedura «nel rispetto di tutti i crismi del regolamento» (ex questore Indolfi alla Stampa) per l’identificazione e il rilascio dalla Questura di “Ruby”-Karima, in realtà sembra non essere poi così chiara. Sia per l’intervento e le pressioni del premier per fare in modo che la minorenne, da lui segnalata come «nipote del presidente egiziano Mubarak», venisse rilasciata senza fotosegnalamento e affidata alla sua igenista dentale e consigliera regionale Nicole Minetti.

Sia per i pasticci burocratici che la sera tra il 27 e il 28 maggio sarebbero stati commessi in Questura, fino a confondere le acque con la procura minorile, affinché il desiderio del Presidente venisse esaudito. E ciò nonostante, ancora ieri il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha ribadito che nei confronti del Premier non esiste ne potrebbe esistere nessuna iscrizione sul registro degli indagati. Perché alla fine, mentire sull’identità di una persona o sui rapporti di conoscenza pregressi con la minorenne, anche se fatto nella veste istituzionale di presidente del Consiglio, non viene considerato, al momento, un reato.

Potrebbe invece dover rispiegare bene tutta la storia chi, tra i funzionari della Questura, quella sera permise che “Ruby”, anziché finire in una comunità protetta, come aveva indicato inizialmente la Procura minorile, potesse essere consegnata senza troppi danni alla consigliere Minetti che, è il caso di ricordarlo, successivamente verrà indagata per favoreggiamento della prostituzione insieme a Lele Mora e Emilio Fede.

Il punto del rilascio di “Ruby” è controverso e ora ad indagare c’è anche il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, sotto il cui dipartimento, la distrettuale antimafia, da qualche giorno è passato il pm Sangermano, titolare ufficiale dell’inchiesta (mentre il procuratore aggiunto Pietro Forno rimane titolare dell’inchiesta per la parte relativa alla tutela della minorenne).

Sono i due magistrati infatti che sabato hanno interrogato come testimoni la funzionaria Giorgia Iafrate, che quella sera si occupò di seguire il caso della ragazza, rifiutandosi però alla fine di firmare la relazione di rilascio della giovane, nonché il capo della segreteria di Gabinetto Pietro Ostuni, che ricevette sul proprio cellulare prima la telefonata del caposcorta del premier e poi parlò direttamente con Berlusconi.

«Il Presidente Berlusconi – scrive nella sua relazione al Viminale il questore Indolfi – chiedeva infatti informazioni circa l’accompagnamento o meno, durante la serata, di una ragazza di origine nordafricana che gli era stata segnalata come parente o affine del Presidente Mubarak, soggiungendo che di questa ragazza si poteva “far carico” il consigliere regionale Minetti».

E’ ovvio che anche Indolfi, diventato ora Prefetto presso il Consiglio dei Ministri, dovrà essere sentito e non è escluso che, in quanto massimo responsabile della Questura all’epoca dei fatti, possa essere indagato. Al momento le versioni di Questura e Procura dei Minori, sembrano inconciliabili. La Questura di via Fatebenefratelli sostiene che le cose si sarebbero svolte “in accordo” con la Procura dei Minori. La quale, una volta ricevute rassicurazione sull’identificazione di Ruby, avrebbe acconsentito l’affidamento della minorenne marocchina, anziché ad una comunità, a Nicole Minetti.

La Procura dei Minori, che ieri ha inviato una corposa relazione ai pm, invece fa sapere come sia impossibile per un pm «accordarsi» con la polizia per il semplice fatto che un magistrato “dispone” e non si “accorda”, come invece viene scritto nelle relazioni di servizio mandate al ministero degli Interni. E nel caso specifico la Procura minorile, nella figura del pm Annamaria Fiorillo, sostiene di aver ordinato l’affido della giovane a una comunità di accoglienza o «la temporanea custodia presso gli uffici della Procura».

Anche se poi, si evince dalla relazioni di servizio, il pm Fiorillo, che «non ricorda esattamente» il contenuto delle varie telefonate che si susseguirono dalle sette di sera alle 2 di notte tra il 27 e il 28 maggio, avrebbe alla fine disposto che Ruby-Karima venisse pure affidata alla consigliere regionale Minetti sulla base, come minimo, di informazioni giunte dalla Questura.

Parziali? Non sembra, dato che nella relazione degli agenti è scritto: «Visto che al pm occorreva solo la copia del documento d’identità, si arrivava all’identificazione della ragazza col codice univoco ottenuto mediante fotosegnalamento e la copia del documento d’identità pervenuto dalla struttura di Messina». E non quindi solo la semplice promessa di un fax che la responsabile della casa di accoglienza di Letojanni, da cui Ruby era fuggita mesi prima, si sarebbe impegnata a spedire il giorno dopo in Questura.

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(WSI) – E se le notizie che arrivano da Milano sul caso Ruby fossero vere? «Berlusconi dovrebbe fare un passo indietro». Gianfranco Fini non lo dice sul palco del cinema Adriano, ma subito dopo. Anche perché l’intervistatore ufficiale, il direttore del Messaggero, Roberto Napoletano, non gli porge la domanda diretta. Ma sul palco, davanti a oltre mille sostenitori di Roma e del Lazio del nuovo partito Futuro e Libertà, Fini era arrivato al limite della richiesta di dimissioni del premier.

Quando è scoppiata la vicenda della minorenne marocchina, ha raccontato Fini, «ero dalla Merkel, e potete figurarvi i commenti… Questa storia sta facendo il giro del mondo e mette l’Italia in condizioni imbarazzanti». Il punto, continua, è uno solo: «Se c’è stato un intervento diretto presso la questura di Milano per modificare il rispetto delle regole, per evitare che la questura identificasse e consegnasse la ragazza a una comunità per minori, se è stato detto che la signorina era parente di Mubarak…». Ecco, se tutto questo fosse avvenuto, dice Fini, «si dimostrerebbe una certa disinvoltura, un malcostume». In una frase, «l’uso privato di un incarico pubblico». Fini, però, si augura «che tutto ciò non sia vero». E al termine, con i suoi collaboratori, conclude il concetto: «Ma se fosse vero, sarebbe l’ora del passo indietro».

Fini resta sull’arduo crinale fra i suoi due ruoli, presidente della Camera e ora leader assoluto di un partito di governo e di pungolo al governo. Così appare un po’ trattenuto, non cede a discorsi che scaldano il suo popolo, anche perché lo strappo non è ancora maturo. Nell’atrio del teatro vanno via bene le magliette che lo mostrano col dito alzato verso Berlusconi e la frase: «Che fai, mi cacci?» (15 euro ciascuna).

«Gianfranco, tu per noi sei il leader del centrodestra italiano!», dice Italo Bocchino prima dell’inizio dell’intervista. E Fini, in pubblico, risponderà: «Abbiamo la presunzione di essere noi il vero centrodestra. Il rapporto fra Pdl e Lega tradisce i valori del centrodestra: l’idea di nazione, la cultura della legalità, l’attenzione per il lavoro, per una politica economica che crei più ricchezza e la distribuisca in modo più equo».

Fini approva in pieno le parole della presidente di Confindustria sul «Paese fermo». Parla di «emigrazione dei migliori cervelli», di «necessità di investire nella ricerca, nell’alta tecnologia, nella qualità, perché noi non possiamo contare, nell’era della globalizzazione, sulla quantità». Chiede «gli Stati generali dell’economia e della società», sul modello della commissione Attali in Francia, incontro delle migliori intelligenze, senza distinzioni di schieramento.

Propone, Fini, che le buste paga dei precari diventino più alte di quelle di chi ha un lavoro sicuro, a tempo indeterminato, e si chiede: «Questa è una proposta di destra? Di sinistra? Di centro? Davvero non lo so…».
Di fronte a un’Italia «egoista e frammentata», dove «chi paga le tasse è considerato un fesso», di fronte a un Parlamento che non fa leggi perché la copertura finanziaria «si trova solo se la Lega batte il pugno per 200 allevatori che non hanno pagato le quote latte», Fini esclama: «Il governo deve governare! Indichi i settori dove è indispensabile investire e quelli dove tagliare». E quasi implora Berlusconi: «Cosa aspetta il presidente del Consiglio a mettere la testa sui problemi reali?». E poi: «Se aumenta il divario tra cittadini e istituzioni, la democrazia è in pericolo».

Il segretario del Pd, Bersani, definisce «giuste» le parole del presidente della Camera: «Però alle parole devono seguire fatti giusti. Sia coerente e stacchi la spina». Di Pietro invece invita Fini a non «ciurlare nel manico»: «La domenica fa opposizione al governo e il lunedì fa il complice del governo».

Ma c’è un passaggio di Fini che riscuote pieno apprezzamento dei magistrati di sinistra, quello in cui si promette «interdizione» per le leggi che servono solo a Berlusconi. Approva il consigliere del Csm Vittorio Borraccetti, approva il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Cascini, e così anche il procuratore aggiunto di Palermo, Antonino Ingroia.

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Verità mancate, i sei punti rimasti oscuri

di Luigi Ferrarella

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Una falsità certa. Un’altra affermazione o non corrispondente al vero o confinante con la sciatteria. Un rimpallo di versioni. Una controversia procedurale. Un ritardo. E una inadempienza. Sono questi i sei nodi della notte tra il 27 e il 28 maggio in cui una 17enne marocchina, scappata da una comunità protetta di Messina e rivelatasi in seguito una delle ospiti delle feste di Berlusconi ad Arcore sulle quali in estate deporrà ai pm, fu portata alle ore 19 in Questura per essere identificata di fronte a un’accusa di furto di 3 mila euro, e dopo due telefonate da Palazzo Chigi ai dirigenti della polizia ambrosiana uscì alle 2 di notte provvisoriamente affidata alla consigliere regionale pdl Nicole Minetti, anziché a una comunità per minorenni.

La bugia su Mubarak

Una delle poche certezze, paradossalmente, è diventata proprio la circostanza che all’inizio pareva più incredibile: gli stessi funzionari di polizia hanno infatti confermato che alle 11 di sera il presidente del Consiglio telefonò al capo di gabinetto della Questura, tramite il cellulare del suo caposcorta, per chiedere informazioni su una minore presente in quegli uffici: ragazza che – affermava Berlusconi – gli era stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak, prospettando che perciò sarebbe stato opportuno evitare di trasferirla in una struttura di accoglienza, suggerendo fosse affidata piuttosto a persona di fiducia, e informando che a questo scopo sarebbe presto arrivata in Questura il consigliere regionale Minetti, disposta a prendersene cura. A cascata, la menzogna sulla parentela con il presidente Mubarak venne man mano riversata dalla polizia anche al pm di turno alla procura dei minorenni, Annamaria Fiorillo. Senza essere corretta neppure quando, ad identificazione avvenuta, sarebbe dovuta balzare agli occhi l’incongruenza tra le due nazionalità.

Non c’era o c’era posto
Questura e Viminale oggi ribadiscono che l’iniziale ordine del pm di portare la minorenne in una comunità protetta non sarebbe stato eseguibile perché la polizia aveva verificato che nelle comunità per minori contattate non vi era in quel momento disponibilità di accoglienza. Un agente, nello specifico, attesta di aver fatto un giro di telefonate ma di essersi sentito rispondere che ci sarebbe stato posto solo per qualche ragazzo, e niente invece per una ragazza. Il Corriere, con un giro di telefonate ieri, ha però rintracciato almeno quattro strutture «storiche» nel settore a Milano, che avrebbero avuto posto anche per una ragazza e che comunque non furono mai chiamate quella notte. O c’è stato un falso oppure, magari sotto pressione delle telefonate tra funzionari innescate da quella di Berlusconi, c’è stata una ricerca carente o sfortunata.

Il consenso del pm
Controverso è se il pm dei minori al telefono abbia dato a voce alla funzionaria di polizia, diversamente da un primo orientamento, il consenso a che la ragazza, se identificata con certezza con un documento, fosse provvisoriamente affidata all’adulta preannunciata da Berlusconi e comparsa in Questura a mezzanotte come «delegata per la presidenza del Consiglio»: e cioè la consigliere regionale Nicole Minetti, ex ballerina in tv e igienista dentale del premier, che in marzo l’aveva imposta nel listino sicuro di Formigoni per le elezioni del Pirellone. Benché ora il pm Fiorillo rifiuti di rispondere a domande, e il suo capo Monica Frediani dichiari che «per la mia Procura posso parlare solo io e io non voglio parlare per non partecipare a indebite ingerenze», asserite altre «fonti giudiziarie» veicolano infatti una versione divergente: e cioè che il pm non avrebbe dato l’autorizzazione ad affidare la giovane identificata alla Minetti, né avrebbe raggiunto con la polizia alcuna intesa in questo senso. Ma se il pm tace ufficialmente, altre persone riferiscono che a loro avrebbe detto di non poter ricordare con esattezza il contenuto delle telefonate quella notte. Non avrebbe più visto il fascicolo giacché il relativo rapporto di polizia arrivò alla Procura dei minorenni solo il 14 giugno, e non a lei ma (in base alle regole interne di assegnazione) a un altro pm di turno. E il 14 giugno la 17enne aveva già fatto in tempo a risparire, essere ritrovata e riaffidata stavolta a una comunità.

Nicole Minetti (Imagoeconomica)
I documenti
La questione se fosse stata o meno compiuta una identificazione certa, presupposto dell’eventuale via libera all’affidamento alla Minetti, sembra trovare risposta in un passo del rapporto del 28 luglio dei due agenti del commissariato Monforte. Già si sapeva che la comunità di Messina, dalla quale la 17enne si era allontanata, aveva risposto alla polizia di avere una copia dei documenti della ragazza ma di poterli inviare via fax la mattina seguente. Gli agenti, però, attestano due cose in più: e cioè che poi «all’identificazione della ragazza si addiveniva col codice univoco ottenuto mediante il fotosegnalamento e la copia del documento pervenuto dalla struttura di Messina». Se dunque resta prudenzialmente da capire se l’espressione «pervenuto» si riferisse a un invio di documenti materialmente già avvenuto oppure solo dato per certo il giorno dopo, come identificazione a tutti gli effetti vale però già il «codice univoco», cioè la combinazione di cifre e lettere assegnata a una persona fotosegnalata che si ritrova nei riscontri dei precedenti fotodattiloscopici.

Il fascicolo sul furto
Che del resto anche in Procura dei minorenni ci sia stata qualche battuta a vuoto lo testimonia una circostanza collaterale: solo questa settimana, per una serie di disguidi emersi ora con la notorietà del caso, la 17enne è stata indagata per il sospetto furto che l’aveva portata in Questura cinque mesi fa il 27 maggio, formalmente denunciato dalla presunta derubata non quella notte ma giorni dopo.

Gli obblighi di Minetti
Da chiarire resta il successivo comportamento della Minetti, oggi indagata con Lele Mora e Emilio Fede per favoreggiamento della prostituzione (come sempre scritto in questi giorni, e non per sfruttamento come invece comparso ieri per un refuso tipografico). Dalla Questura alle 2 di notte Minetti uscì come provvisoria affidataria della minorenne, «con l’obbligo di tenerla a disposizione del pm e vigilare sul suo comportamento». Ma poi non ospitò a casa la 17enne, che invece fu trovata a casa di una brasiliana arrivata in Questura con la Minetti: la stessa che dice al Corriere di aver avvisato lei il premier che la 17enne fosse finita in Questura, e dalla quale dopo 9 giorni (in una violenta lite) la minorenne si dirà «malmenata» e «indotta a prostituirsi».

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da La Repubblica di Francesco Bei, 30/10/2010

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Non si placa la bufera scoppiata sul caso di Ruby, la ragazza marocchina minorenne al centro di una inchiesta della procura di Milano per favoreggiamento della prostituzione, ospite in passato di Silvio Berlusconi ad Arcore.

A quanto si è appreso da fonti giudiziarie qualificate, nell’inchiesta sono confluite le segnalazioni del Tribunale dei Minorenni al Procuratore aggiunto Piero Forno sui trascorsi della giovane e le indagini del pm Antonio Sangermano nate dopo il fermo di Ruby in Questura del 27 maggio scorso per il presunto furto di tremila euro e di alcuni orologi.

Per la vicenda sono state sentite alcune amiche che raccontarono agli investigatori le confidenze ricevute dalla giovane marocchina sul giro dei personaggi importanti da lei frequentato e delle serate a villa San Martino. A ciò si è aggiunta, tra gli atti dell’inchiesta, la relazione della polizia sulle indicazioni ricevute la notte del fermo di Ruby e che hanno portato ad affidare la ragazza alla consigliera regionale Nicole Minetti, ex igienista dentale del premier eletta al Pirellone per volontà del Cavaliere.

La notte del 27 maggio, Ruby era stata affidata a Minetti in seguito a una telefonata di Silvio Berlusconi al capo di gabinetto della Questura di Milano. Telefonata agli atti dell’inchiesta e in cui, in base al testo della chiamata riportato oggi dal Messaggero, il premier ha spiegato di voler confermare che conosceva la ragazza e che sarebbe stato meglio affidarla a una persona di fiducia, cioè Nicole Minetti.

L’episodio della notte del 27 maggio è al centro di una serie di approfondimenti da parte degli inquirenti milanesi in quanto bisogna appurare se l’aver consegnato la ragazza a Minetti non abbia disatteso le disposizioni date dal pm dei minori di turno quel giorno.

Lo scontro tra pm e questura. Il pm di turno quella sera al tribunale dei minori di Milano, Annamaria Fiorillo, ha affermato di aver dato disposizione affinché la ragazza venisse collocata in una comunità protetta in attesa dell’intervento del Tribunale per i minorenni. La questura, in una nota, sostiene invece che il magistrato di turno, «preso atto della certa identificazione della minore» ha autorizzato l’affidamento al Consigliere Minetti. Dell’intera procedura seguita il 27 e il 28 maggio, precisa al questura, il Tribunale per i Minorenni di Milano dà atto in un decreto di affidamento datato 30 giugno 2010.

In attesa che la magistratura chiarisca come andò quella notte, quel che è certo è che qualche giorno dopo, Ruby venne sorpresa in giro a Milano in «atteggiamenti non adeguati» e, su ordine di un altro pm dei minori, venne mandata in comunita. Questa volta ci andò ma da lì scappò ancora. Intanto la relazione su quel 27 maggio, insieme ad altre informative sulla minorenne, arrivarono sui tavoli della Procura dei Minori (ma non del pm Fiorillo) solo a partire dal 14 giugno quando venne aperto formalmente un procedimento per chiedere l’intervento del Tribunale dei Minorenni.

Bersani: il premier si dimetta. «Le notizie che emergono da Milano ci dicono una cosa chiara: Berlusconi non può stare un minuto di più in un ruolo pubblico che ha indecorosamente tradito – dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani – L’Italia ha una dignità che non può essere messa a repentaglio davanti al mondo. L’Italia ha dei problemi che devono essere finalmente affrontati in un clima di serietà e di impegno. Ormai il tempo è finito. Bisogna aprire una fase nuova».

«Ho trovato le dichiarazioni di Maroni, che scagiona la Questura di Milano e asserisce che è tutto perfetto, abbastanza gravi. Il ministro deve spiegarle. Vorrei che lui, da ministro leghista, spiegasse ai suoi elettori che il presidente del Consiglio può far sì che una extracomunitaria marocchina accusata per furto possa essere liberata solo perché è amica del presidente del Consiglio»: ha detto Enrico Letta, vicesegretario del Pd. «Dal punto di vista giuridico e legale – rimarca Letta – non credo che le dichiarazioni di Maroni, che cercano di mettere il tappo sulla pentola a pressione, possano essere accettate, anzi sono gravi. Se le dichiarazioni sono vere, allora vuol dire che le nostre Questure e forze dell’ordine lavorano come dei colabrodi, come delle strutture al servizio del satrapo, che decide chi va in galera e chi no. Noi riteniamo invece che forze dell’ordine e Questura facciano bene il loro lavoro e nel rispetto delle leggi».

L’aspetto più deplorevole della vicenda Ruby è «l’umiliazione a cui il presidente del Consiglio ha sottoposto i funzionari della questura di Milano». Lo afferma in una nota il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. «Cos’altro deve aspettare il Parlamento – si chiede l’ex magistrato – prima di togliere la fiducia a questo satrapo nostrano?».

Avvenire: l’Italia vuole sobrietà dal premier. «Siamo convinti che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato, oltre che di un indubbio e legittimo potere, di stringenti doveri. Sobrietà personale e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta sono quelli minimi. E riguardano il linguaggio tanto quanto lo “stile di vita”»: lo scrive in un editoriale pubblicato oggi su Avvenire il direttore Marco Tarquinio a proposito della vicenda Ruby e delle ultime affermazioni del premier. Tarquinio sottolinea anche un altro «punto nodale», ovvero «se Silvio Berlusconi, in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica, abbia operato o no una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano per favorire una ragazza minorenne in stato di fermo, inducendo le forze di polizia a violare alcune regole». Il premier «nega che questo sia avvenuto» e comunque, prosegue Tarquinio, «mercoledì prossimo il ministro dell’Interno riferirà in Parlamento e non ci attendiamo nulla di meno di una risposta esauriente e definitiva».

Confalonieri: il premier si smarchi come Maradona. «Concentrarsi sulla politica e inventarsi una grande giocata per smarcarsi, come Maradona»: è questa, secondo Fedele Confalonieri, la ricetta con la quale il premier può rilanciarsi, a cominciare «dal partito», poi «il governo seguirebbe». Il presidente di Mediaset definisce il caso Ruby come l’ennesimo attacco a Berlusconi e l’ennesima prova di «un’operazione che mira a far cadere il premier» e che ha «in certi giornali l’avanguardia mediatica». Confalonieri esorta quindi Berlusconi a «smarcarsi», a «uscire in dribbling dalla morsa come Maradona: nessun altro potrebbe farlo, solo lui può riuscirci. Alla faccia dei Bersani, dei Di Pietro e di quanti lo vorrebbero spedire anzitempo negli spogliatoi».

Feltri: il premier giochi a porte chiuse. «Il premier giochi a porte chiuse». E’ questo il titolo dell’editoriale firmato da Vittorio Feltri pubblicato oggi sul Giornale. Il direttore editoriale del quotidiano suggerisce al premier consigli «su come gestire la sua esuberanza», raccomandando «prudenza e discrezione». Feltri invita Berlusconi ad «evitare assembramenti in camera da letto e possibilmente anche in salotto». «Si sfoghi pure – prosegue -, ci dia dentro di brutto, ma non davanti a un folto pubblico, perché tra gli spettatori c’è sempre un tizio che prende nota degli esercizi più spericolati cui assiste». Poi l’invito alla «bonifica del talamo», perché «tra le pieghe delle lenzuola – aggiunge – non si esclude che qualche pidiellino deviato (magari con propensioni finiane) abbia nascosto congegni elettronici atti a videoregistrare gli avvenimenti sotto coperta».

Belpietro: Berlusconi apra gli occhi anche di notte. Stessa linea di pensiero per il direttore di Libero, Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di oggi, sottolinea che «quel che accade in camera da letto sono solo affari» di Berlusconi, tuttavia dal premier «esige» che «amministri al meglio l’Italia e che faccia ogni cosa per non farsi mettere i bastoni fra le ruote». Per Belpietro «la storia è piena di capi di Stato puttanieri» e «il più noto è John Fitzgerald Kennedy» che «ciò nonostante è il politico americano che più piace alla sinistra italiana». Il direttore di Libero lancia poi un appello al premier: «Silvio, di notte fai quel che vuoi, ma anche se c’è buio apri gli occhi».

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“Il Paese è in preda alla paralisi, l’azione del governo non c’è in un momento molto difficile per l’economia. Serve cambiamento di passo”. Emma Marcegaglia spara una bordata contro l’esecutivo che fa rumore. Soprattutto perché, nel pieno del caso Ruby 1, pronuncia parole che suonano come un monito al premier: “E’ necessario ritrovare il senso delle istituzioni e il senso della dignità, altrimenti non si va avanti”.

“A Genova avevo detto che la nostra pazienza stava finendo – ricorda il numero uno degli industriali – a Prato avevo detto che finalmente che qualche cosa si era mosso, era stato fatto, anche con l’elezione del ministro dello Sviluppo economico, ma ora ci risiamo”. Segnali isolati. “Ora ci risiamo, si è riaperto uno scontro interno alla maggioranza con molta violenza, una nuova ondata di fango, lambisce la credibilità delle Istituzioni e del Governo”.

Sono duri i toni usati dal leader degli industriali. Che rimarca la distanza tra la necessità di una crescita e il livello attuale del dibattito politico. “Per non perdere posizioni competitive il Paese non deve perdere il senso di sè e in questo momento il rischio mi sembra forte. Se ogni giorno il dibattito politico viene travolto da questioni che nulla hanno a che fare con un’agenda seria, noi ci arrabbiamo e ci indigniamo” scandisce Emma Marcegaglia. Che chiede anche di riprendere “l’agenda delle riforme vere per ridare crescita e occupazione al Paese”. Secondo Marcegaglia, tuttavia, “Confindustria non dice che la responsabilità è del presidente del Consiglio. Bisogna che la politica nel suo complesso reagisca”. Non con il voto, però: “Continuo a pensare che andare a votare in questa situazione è molto complicato. Resto dell’idea che non si debba andare alle elezioni, perchè ad aprile c’è il piano di crescita e competitività da approvare in Europa. Abbiamo bisogno di serietà e che si facciano le cose per il Paese”.

E’ duro anche il richiamo del quotidiano dei vescovi italiani Avvenire al premier, che ieri ha pubblicamente rivendicato la libertà e difeso con orgoglio il proprio stile di vita 2e il suo rapporto con le donne, sottolineando di non essere intenzionato a cambiare alcunchè.

“Noi siamo convinti – scrive il giornale della Cei in un editoriale siglato dal direttore Mario Tarquinio dedicato al ‘caso Ruby’ – che l’Italia e gli italiani si aspettino da chi siede al vertice delle istituzioni dello Stato la dimostrazione di sentirsi gravato oltre che di un indubbio e legittimo potere, di doveri stringenti. Sobrietà personala e decoroso rispetto di ciò che si rappresenta sono quelli minimini. E riguardano tanto il linguaggio quanto lo stile di vita”.

“Non ci piace guardare dal buco della serratura – continua l’editoriale – e del personale stato di salute dei nostri politici ci interessiamo con sommo rispetto e soltanto lo stretto necessario. Ma lo sguardo che riserviamo ai fatti della nostra politica è diretto e attento. E lo stato di salute delle istituzioni repubblicane ci preme moltissimo”. Per il giornale dei vescovi un altro “punto nodale” è se Silvio Berlusconi “in qualità di primo responsabile del potere esecutivo della Repubblica abbia operato o meno una inconcepibile pressione indebita sulla Questura di Milano”.

Schifani: “No all’instabilità”. “In un momento così complesso e di crisi è forte il rischio di speculazione. Il paese non può permettersi fasi di instabilità, incertezza, contrapposizione politica forzata” afferma il presidente del Senato, Renato Schifani, intervenendo al convegno dei giovani imprenditori di Confindustria. “E’ bene – aggiunge – evitare crisi di sistema irreversibili e ciascuno, di ogni ordine e grado è chiamato all’esercizio del buon senso e della ragionevolezza”.

“Non ho fatto niente di cui vergognarmi”. Silvio Berlusconi lo giura a tutti quelli che incontra, nella lunga giornata trascorsa tra Arcore, Napoli e Bruxelles. È il ritorno di un incubo, il ripetersi di una maledizione. Di nuovo nella bufera per una minorenne, dopo i mesi “orribili” seguiti allo scandalo Noemi.

Ma stavolta è diverso. Lo scorso anno il governo era solido, Fini un alleato fedele e Berlusconi – ad Onna con il fazzoletto rosso al collo – assaporava il picco della popolarità. Il colpo oggi arriva su una casa già piena di crepe, che potrebbe crollare senza preavviso.

Ne hanno discusso ieri mattina in un vertice alla Camera, con tutta la “preoccupazione” per un momento “estremamente difficile”, ministri e capigruppo del Pdl. Mentre tutta la prima linea del partito e del governo, nelle conversazioni private e con l’esterno, non nascondeva il grande “imbarazzo” per la nuova tempesta Ruby. “Sarà pure vero che i giornali nemici ci stanno marciando – si sfoga un ministro al riparo dell’anonimato – ma sarebbe l’ora che Berlusconi si desse una regolata”.

Eppure il premier, che è apparso ai suoi “stordito” e “depresso” per quanto accaduto, è convinto di non avere nulla da farsi perdonare. “Mi stanno mettendo in mezzo”, ha spiegato ad Acerra circondato da orecchie amiche, “ormai dobbiamo aspettarcene una al giorno. Non è finita qui. Ma, anche se ci attaccano da tutte le parti, noi dobbiamo andare avanti con la forza dei fatti”. La “forza dei fatti”: come la crisi dei rifiuti a Napoli, che tra pochi giorni “sarà risolta”.

La notizia di un imminente scandalo a sfondo sessuale girava da alcuni giorni ai piani alti del Pdl. Tanto che Giulio Tremonti, incrociando un senatore amico, si era lasciato sfuggire una battuta enigmatica: “Ricordati la profezia di Veronica”. Un’allusione a quella metafora delle “vergini che si offrono al drago”, usata proprio dalla moglie di Berlusconi? Le voci c’erano, eccome.

Semmai a stupire i parlamentari del Pdl, angosciati per il futuro della legislatura, oggi è un certo eccesso di “confidenza” che emana dal premier. Una “sicurezza” che al Cavaliere deriva dalla convinzione che ancora molto dovrà venire fuori sulla “vera storia” di Ruby. “Vedrete – ha assicurato sibillino il Cavaliere – alla fine tutto questo si rivelerà un boomerang”. “Cosa succederà – si lascia sfuggire uno degli uomini di punta del Pdl – quando magari salterà fuori che qualcuno ha offerto qualcosa a questa signorina per parlare, per raccontare cose inventate?”.

Tuttavia la sensazione prevalente nel governo è di camminare sulle sabbie mobili. Al summit dei capi Pdl s’ipotizza anche lo scenario peggiore, quello di una spallata parlamentare che prenda forza proprio dallo scandalo Ruby. È il timore di una mozione di sfiducia a Berlusconi, basata sull’assunto della ricattabilità del presidente del Consiglio, sul suo essere “unfit”, inadatto all’incarico.

La richiesta, avanzata dal Pd, affinché Berlusconi riferisca in Parlamento sulla vicenda è considerato solo l’antipasto di quello che potrebbe accadere. E se l’ala dura dei finiani riuscisse a imporsi, anche Futuro e libertà potrebbe convergere sulla mozione e realizzare “il ribaltone”. Per far fronte a tutto questo, il quartiere generale Pdl ha provato a serrare le fila.

La Direzione del partito si riunirà il 4 novembre e i capipartito hanno siglato ieri una tregua nello studio a Montecitorio di Fabrizio Cicchitto. “Basta con i gruppi e gruppetti – hanno detto nella riunione – altrimenti qui salta tutto. Dobbiamo restare uniti”. Sandro Bondi, uno dei più preoccupati, ha suggerito di spostare l’attenzione sulle cose fatte: “Proviamo a ripartire dai contenuti organizzando degli eventi tematici”.

Intanto al Senato Andrea Augello guida la rivolta di una cinquantina di senatori contro l’attuale gruppo di potere di via dell’Umiltà. Chiedono che ci sia un “vero chiarimento” con Fini e accusano gli attuali capi del Pdl di ostacolarlo solo per perpetuare il proprio potere. Facendo un danno al Cavaliere. “Vogliamo scuotere l’albero”, spiega Augello, “non buttarlo giù”. Il fatto che tra i ribelli ci sia anche il compagno di scuola del premier, il fedele Romano Comincioli, lascia supporre che lo stesso Berlusconi non sia particolarmente ostile all’iniziativa.

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di Fiorenza Sarzanini

«Conosciamo questa ragazza non portatela in un centro».

Berlusconi chiamò in questura per Ruby: è una parente di Mubarak, meglio affidarla a una persona di fiducia

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

– Fu Silvio Berlusconi a dichiarare al capo di gabinetto della questura di Milano che Ruby era la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. Fu lui, esponendosi in prima persona, a mentire sulla reale identità della giovane e a chiedere che fosse subito affidata al consigliere regionale del Pdl Nicole Minetti. Il testo della telefonata, così come è stato ricostruito dallo stesso funzionario Pietro Ostuni, è agli atti dell’inchiesta della magistratura che procede per favoreggiamento della prostituzione nei confronti della stessa Minetti, di Emilio Fede e di Lele Mora.

È il 27 maggio 2010, le 23 sono appena passate. Nella stanza del fotosegnalamento c’è Ruby, 17 anni, marocchina, fermata perché è stata denunciata da una sua amica per il furto di 3.000 euro. Lei cerca di difendersi, giura che quei soldi sono suoi. E quando le chiedono come mai è a Milano da sola, dice di essere in lite con la sua famiglia che vive a Messina. «Sono andata via, perché ho problemi con i miei genitori», chiarisce.

In un altro ufficio squilla il telefono del capo di gabinetto Pietro Ostuni. A chiamare è un uomo. Si qualifica come il caposcorta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E subito chiarisce il motivo della telefonata: «So che da voi c’è una ragazza che è stata fermata. È una persona che conosciamo e dunque volevamo sapere che cosa sta succedendo». Fornisce le generalità della giovane, si informa su quanto è accaduto. Ostuni inizialmente resta sul vago. E allora il caposcorta è più esplicito: «Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo». Il funzionario rimane incredulo. Capita spesso che le personalità chiamino il gabinetto delle questure sparse in tutta Italia per i motivi più disparati, ma certo non si aspettava di parlare con il capo del governo. E invece è proprio Berlusconi a chiarire la situazione. Il resoconto della sua telefonata è nelle relazioni di servizio che sono già state depositate agli atti dell’indagine.

«Dottore – spiega Berlusconi – volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri». Ostuni chiarisce che la procedura di identificazione è ancora in corso, ma assicura che si provvederà al più presto. E subito dopo chiede di accelerare lo svolgimento della pratica. Poi avvisa i poliziotti che si stanno occupando della ragazza, dell’imminente arrivo della Minetti. Genericamente spiega che la questione interessa Palazzo Chigi. Non immagina che una funzionaria riferisca ai colleghi di questo «intervento». E invece la notizia fa presto a diffondersi. Soltanto il questore Vincenzo Indolfi viene informato che è stato Berlusconi in persona a chiamare, ma comunque si capisce che Ruby ha qualcuno «importante» che l’aiuta.

Qualche minuto prima della mezzanotte Minetti arriva in via Fatebenefratelli. Le viene spiegato che bisogna attendere il via libera del magistrato di turno al tribunale dei minori, la dottoressa Anna Maria Fiorilli. Nei casi di fermo di un minore, c’è l’obbligo di informare l’autorità giudiziaria del provvedimento e poi di attendere le sue decisioni circa la destinazione dell’indagato. Ed è quanto avviene anche quella sera, così come risulta proprio dalla relazione inviata al ministro dell’Interno Roberto Maroni. Al consigliere regionale viene comunque concesso di vedere la ragazza. Ruby le va incontro, l’abbraccia, la ringrazia per quanto sta facendo. Alle 2, esattamente otto ore dopo il fermo, la giovane marocchina torna libera. Agli atti rimane la firma di Nicole Minetti che dichiara di accettare il suo affidamento. Un impegno che – evidentemente – non ritiene di continuare ad onorare.

Una settimana dopo, il 5 giugno, Ruby litiga con una sua amica brasiliana. Interviene la polizia, la giovane viene portata in ospedale dove rimane qualche giorno. Al momento della dimissione la trasferiscono in questura proprio perché si tratta di una minorenne. Si decide di contattare il consigliere Minetti proprio perché possa andare a prenderla, visto che risulta affidataria. Ma per due volte la donna non risponde e a quel punto – dopo aver nuovamente contattato il magistrato per il “nulla osta”- arriva il provvedimento per trasferirla in una casa-famiglia a Genova. Nella sua informativa al ministro, Indolfi chiarisce che «nessun privilegio è stato concesso alla ragazza perché tutte le procedure sono state rispettate». Caso chiuso per il Viminale, come chiarisce in serata Maroni che si dice «pronto anche a riferirne in Parlamento». Ma l’indagine della procura di Milano è tutt’altro che conclusa. Moltissimi sono gli interrogativi ancora aperti.

Bisogna innanzitutto fare riscontri su chi effettivamente avvisò il presidente Berlusconi che Ruby era stata fermata ed era in questura per accertamenti: non è ancora escluso che abbia chiamato personalmente il caposcorta. In altre indagini sulle frequentazioni private del capo del governo, alcune ragazze avevano dichiarato di essere state autorizzate dallo stesso premier a contattare – in caso di necessità – direttamente il caposcorta o comunque qualcuno della segreteria. Una prassi che sarebbe stata seguita diverse volte e che anche Ruby potrebbe aver deciso di sfruttare quando ha compreso di trovarsi nei guai. E pure Nicole Minetti dovrà chiarire quale sia la reale natura del suo rapporto con Ruby, visto che prima accettò di firmare il decreto per l’affidamento della minore e poi decise di non occuparsene più.

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da La Repubblica, di Piero Colaprico e Giuseppe D’Avanzo, 28/10/2010

Alla questura di Milano, nello stanzone del “Fotosegnalamento”, c’è solo Ruby R., marocchina. Dire “solo” è un errore, perché Ruby è molto bella e non si può non guardarla. Se ne sta sulla soglia, accanto alla porta, e attende che i due agenti in camice bianco eseguano il loro lavoro, ma è come se occupasse l’intera stanza.

E’ il 27 maggio di quest’anno, è passata la mezzanotte e i poliziotti hanno già fatto una prova: la luce bianca, accecante, funziona alla perfezione. La procedura è rigorosa, nei casi in cui un minorenne straniero viene trovato senza documenti: finiti gli accertamenti sull’identità, se non ha una casa o una famiglia, sarà inviato, dopo aver informato la procura dei minori, in una comunità.

È quel che gli agenti si preparano a fare, perché Ruby ha diciassette anni e sei mesi (è nata l’11 novembre del 1992) e all’indirizzo che ha dato, in via V., non ha risposto nessuno. Era anche prevedibile: ci abita un’amica che, dice Ruby, è una escort e se ne sta spesso in giro. All’improvviso, il silenzio dello stanzone si rompe. Una voce si alza nel corridoio. E, alquanto trafelata, appare una funzionaria. Chiudete tutto e mandatela via! è il suo ordine categorico. Gli agenti sono stupiti. L’altra, la funzionaria, è costretta a ripetere: basta così, la lasciamo andare, fuori c’è chi l’aspetta!

Non è che le cose vanno sempre in questo modo, in una questura. La ragazza non ha i documenti. Per di più, il computer ha sputato la sua sentenza: l’anno prima Ruby si è allontanata – era il maggio del 2009 – da una casa famiglia a Messina, dove vivono i suoi. Anche il motivo per cui è finita in questura non è una bazzecola: è accusata di un furto che vale i due stipendi mensili dei poliziotti.

Le cose sono andate così. Qualche sera prima, una ragazza che ama la discoteca, Caterina P., va in un locale con due amiche. Ballano sino a tardi. Quando lasciano il “privé”, si ritrovano insieme a Ruby R. e tutt’e quattro s’arrangiano a casa di Caterina. La mattina dopo, mentre Ruby dorme come un sasso, o così sembra, le tre amiche vanno a fare colazione al bar sotto casa.

Al rientro, Ruby non c’è più, e chi se ne importa. Ma mancano anche tremila euro da un cassetto e qualche gioiello. Caterina maledice se stessa. Non sa da dove sia piovuta quella ragazzina, non sa dove abita, non sa dove cercarla. Il caso l’aiuta. Il 27 maggio il sole è tramontato da un pezzo e Caterina passeggia in corso Buenos Aires, quando intravede Ruby in un centro benessere.

Chiama subito il 113 e accusa la ladra. La volante Monforte è la più vicina e la centrale operativa la spedisce sul posto. Ruby viene presa e accompagnata al “Fotosegnalamento”. Con una storia come questa, ancora tutta da chiarire, come si fa a lasciarla andare?

Gli agenti lo chiedono alla funzionaria. La funzionaria scuote il capo. Dice: di sopra (dove sono gli uffici del questore) c’è il macello, Pietro Ostuni (è il capo di gabinetto) ha già chiamato un paio di volte e vedete (il telefono squilla) ancora chiama. E’ la presidenza del Consiglio da Roma.

Dicono di lasciare andare subito la ragazza, pare che questa qui sia la nipote di Mubarak, non ci vogliono né fotografie, né relazioni di servizio. Tutti adesso guardano la ragazza. “E chi è Mubarak?”, chiede un agente. Il presidente egiziano, spiega con pazienza la funzionaria. Che intanto risponde all’ennesima telefonata del capo di gabinetto, per poi dire: forza ragazzi, facciamo presto, Ostuni ha detto a Palazzo Chigi che la ragazza è già stata mandata via.

L’ultimo affaire o scandalo che investe Silvio Berlusconi nasce dunque tra il primo piano e il piano terra di via Fatebenefratelli 11, in una notte di fine maggio. Ha come protagonista una minorenne, senza documenti, accusata di furto. E come canovaccio ha una stravaganza: la ragazza viene liberata per l’energica pressione di Palazzo Chigi, che sostiene sia “la nipote di Hosni Mubarak”.

Che cosa c’entra la presidenza del Consiglio con una “ladra”? E perché qualcuno a nome del governo mente sulla sua identità? Quali sono stati gli argomenti che hanno convinto la questura di Milano a insabbiare un’identificazione, in ogni caso a fare un passo storto? Le anomalie di quella notte non finiscono, perché ora entra in scena un nuovo personaggio. Attende Ruby all’ingresso della questura.

E’ Nicole Minetti e ha avuto il suo momento di notorietà quando, igienista dentale di Silvio Berlusconi, a 25 anni è stata candidata con successo al Consiglio regionale della Lombardia. Nicole sa del “fermo” di Ruby in tempo reale da un’amica comune. Fa un po’ di telefonate, anche a Roma, e si precipita all’ufficio denunzie. Chiede di vedere la ragazza. Pretende di portarsela via.

Dice che Ruby ha dei problemi e lei se ne sta occupando come una sorella maggiore, ma non riesce a superare il primo cortile della questura. Soltanto quando Palazzo Chigi chiamerà il capo di gabinetto, la situazione si farà fluida e il procuratore dei minori di turno, interpellato al telefono, autorizzerà l’affidamento di Ruby a Nicole e – ora sono quasi le tre del mattino del 28 maggio – le due amiche si possono finalmente allontanare.

Che cosa succede dopo lo spiegherà Ruby, ma in un interrogatorio che avviene due mesi più tardi: a luglio, quando l’affaire sminuzzato in questura si materializza. Prima al tribunale dei minori e, subito dopo, alla procura di Milano, dinanzi al pool per i reati sessuali.

Una volta in strada Nicole, sostiene Ruby, chiama Silvio Berlusconi: è stato Silvio a dirle di correre in questura; è stato Silvio a raccomandarsi di tenerlo informato e di chiamare appena la cosa si fosse chiarita. Ora che è finita l’emergenza, Nicole spiega, ride alle carinerie del premier e poi passa il telefono direttamente a Ruby. Silvio mi dice così: non sei egiziana, non sei maggiorenne, ma io ti voglio bene lo stesso. Da allora non l’ho più visto, ma in questi mesi ci siamo sentiti ancora per telefono.

Ora bisogna spiegare quali sono i rapporti di Ruby con Silvio Berlusconi e non è facile, perché il loro legame viene ricostruito in un’indagine giudiziaria che deve chiarire (lo ha fatto finora soltanto parzialmente e in modo non esaustivo o definitivo) quando la giovanissima Ruby dice il vero e quando il falso.

E’ un’inchiesta (l’ipotesi di reato è favoreggiamento della prostituzione) in cui il premier non è indagato, anche se gli indagati ci sono e sono tre: Lele Mora, Nicole Minetti, Emilio Fede. Anzi, il premier potrebbe diventare addirittura parte lesa, perché prigioniero di un ricatto, vittima di una calunnia o addirittura perseguitato da un’estorsione.

Per evitare gli equivoci molesti disseminati in questi giorni, conviene dire subito che dinanzi ai pubblici ministeri Ruby esclude di aver fatto sesso con il capo del governo. Come confessa di aver mentito a Berlusconi: gli ho detto di avere ventiquattro anni e non diciassette.

Nicole sapeva che ero minorenne e poi anche Lele, Lele Mora, lo ha saputo. Ruby però racconta delle sue tre visite ad Arcore, delle feste in villa e delle decine di giovani donne famose o prive di fama – molte escort – che vi partecipano. La minorenne fa entrare negli atti giudiziari un’espressione inedita, il “bunga bunga”. Viene chiamata in questo modo l’abitudine del padrone di casa d’invitare alcune ospiti, le più disponibili, a un dopo-cena erotico. “Silvio (lo chiamo Silvio e non Papi come gli piacerebbe essere chiamato) mi disse che quella formula – “bunga bunga” – l’aveva copiata da Gheddafi: è un rito del suo harem africano”.

Ruby è stata interrogata un paio di volte a luglio, è però in un interrogatorio in agosto che esplicitamente comincia a raccontare meglio i suoi rapporti con Berlusconi, Fede, Mora e Nicole Minetti. Conviene darle la parola. Sostiene Ruby che poco più di un anno fa – era ancora in Sicilia – conosce il direttore del Tg4. Emilio Fede è il presidente e il protagonista della giuria di un concorso di bellezza.

Come già è accaduto nell’autunno del 2008 con Noemi Letizia, il giornalista, 79 anni, è amichevole e affettuoso con Ruby. Si dà da fare per il suo futuro, presentandole Lele Mora. Le dice che Lele l’avrebbe potuta aiutare, se avesse avuto voglia di lavorare nel mondo dello spettacolo. Non è che la minorenne rimugini più di tanto quest’idea che estenua e tormenta quante ragazzine senz’arte né parte. E’ un’opportunità, non vuole perderla. Taglia la corda. Arriva a Milano. Cerca subito Lele.

Per cominciare, Mora la indirizza in un disco-bar etnico, ospitato in un sotterraneo sulla via per Linate. Ruby è una cubista. Dice: niente di trascendentale, anzi, la cosa più eccentrica che faccio è la danza del ventre, che ho imparato da mia madre. Dal quel cubo colorato, Milano è ancora più magnifica e scintillante. Manca tanto così alla trasformazione di Ruby R.. Ancora uno o due passi e la sua vita può farsi concretamente fortunatissima, soprattutto se c’è di mezzo il frenetico attivismo di Emilio Fede.

E’ il 14 febbraio, giorno di San Valentino. Ruby ha 17 anni e novantacinque giorni. Arriva a Milano dalla povertà e dalle minestre della comunità. In quel giorno, dedicato agli innamorati, entra ad Arcore, a Villa San Martino: è un bel colpaccio, per chi a tutti gli effetti può essere definita una “scappata di casa”.

La minorenne la racconta, più o meno, così: mi chiama Emilio e, dice, ti porto fuori. Non so dove, non mi dice con chi o da chi. Passa a prendermi con un auto blu. Salgo, filiamo via scortati da un gazzella dei carabinieri verso Arcore. Non entriamo dal cancello principale, dove c’erano altri carabinieri, ma da un varco laterale. Vengo presentata a Silvio. E’ molto cortese. Ci sono una ventina di ragazze e – uomini – soltanto loro due, Silvio ed Emilio.
(Ruby fa i nomi delle ospiti. C’è intero il catalogo del mondo femminile di Silvio Berlusconi: conduttrici televisive celebri o meno note, star in ascesa, qualcuna celeberrima, starlet in declino, qualche velina, più di una escort, due ministre, ragazze single e ragazze in apparenza fidanzatissime, e Repubblica non intende dar conto dei nomi).

A Ruby quel mondo da favola resta impresso, anche per un piccolo dettaglio davvero degno di Cenerentola. Cenammo, ricorda, ma non rimasi a dormire. Dopo cena, andai via. Alle due e mezza ero già a casa. Con un abito bianco e nero di Valentino, con cristalli Swarovski, me l’aveva regalato Silvio. La seconda volta, continua il racconto di Ruby, vado ad Arcore il mese successivo. Andai con una limousine sino a Milano due, da Emilio Fede, e da lì, con un’Audi, raggiungemmo Villa San Martino. Silvio mi dice subito che gli sarebbe piaciuto se fossi rimasta lì per la notte. Lele mi aveva anticipato che me lo avrebbe chiesto. Mi aveva anche rassicurato: non ti preoccupare, non avrai avance sessuali, nessuno ti metterà in imbarazzo. E così fu.

Cenammo e dopo partecipai per la prima volta al “bunga bunga”. (Questo “gioco”, onomatopeico e al di là del senso del grottesco, viene descritto da Ruby agli esterrefatti pubblici ministeri milanesi con molta vivezza, addirittura con troppa concreta vivezza. Si diffonde nelle modalità del sexy e maschilista cerimoniale che è stato raccontato da Mu’ammar Gheddafi e importato tra le risate ad Arcore. Ruby indica che cosa si faceva e chi lo faceva – un lungo elenco di nomi celebrati e popolari, in televisione o in Parlamento).

Io, continua Ruby, ero la sola vestita. Guardavo mentre servivo da bere (un Sanbitter) a Silvio, l’unico uomo. Dopo, tutte fecero il bagno nella piscina coperta, io indossai pantaloncino e top bianchi che Silvio mi cercò, e mi immersi nella vasca dell’idromassaggio. La terza volta che andai ad Arcore fu per una cena, una cosa molto ma molto più tranquilla. Quando arrivai Silvio mi disse che mi avrebbe presentata come la nipote di Mubarak. A tavola c’erano – sostiene – Daniela Santanché, George Clooney, Elisabetta Canalis.

Dice il vero, Ruby? O mente? E’ il rovello degli investigatori. Che hanno un quadro appena abbozzato sotto gli occhi: giovani donne, che Ruby definisce escort, sono contattate dal trio Lele, Emilio e Nicole per partecipare alle feste di Villa San Martino, dove qualche volta i party si concludono con riti sessuali che sono adeguatamente ricompensati dal capo del governo, con denaro contante o gioielli. Quanto è credibile il racconto di Ruby? Per venirne a capo, l’inchiesta deve innanzitutto dimostrare che la minorenne abbia davvero conosciuto Silvio Berlusconi e sia stata davvero ad Arcore. Ruby offre quel che le appaiono incontrovertibili conferme.

Mostra i gioielli avuti in regalo da Silvio Berlusconi: croci d’oro, collane, orecchini, orologi e orologi con brillanti (Rolex, Bulgari, Dolce&Gabbana, ma anche altri dozzinali con la scritta “Meno male che Silvio c’è” o con lo stemma del Milan), haute couture, un’auto tedesca.

Ruby sostiene di aver ricevuto dal capo del governo più di 150mila euro (in contanti e in tre mesi) e soprattutto una promessa: Silvio assicurò che mi avrebbe comprato un centro benessere e mi invitò a dire in giro che ero la nipote di Mubarak. Così avrei potuto giustificare le risorse che non mi avrebbe fatto mancare.

Non c’è dubbio che ci sia un’incongruenza: nonostante la leggendaria generosità di Berlusconi, tanto denaro contante, tanti gioielli e promesse appaiono sproporzionati all’impegno di tre soli incontri. Ma qualche riscontro diretto alle parole di Ruby é stato afferrato. Il suo telefonino cellulare il 14 febbraio è “posizionato” nella “cella satellitare” di Arcore.

Un paio di gioielli in suo possesso – è vero anche questo – sono stati acquistati da Silvio Berlusconi. Le indagini hanno accertato anche quanto rasentava l’incredibile: e cioè che le giovani donne ospiti di Villa San Martino, come alcuni degli indagati, usano, nei loro colloqui, l’espressione gergale e arcoriana del “bunga bunga”.

Sono conferme ancora insufficienti? Il capo del governo e gli indagati sono a conoscenza dell’indagine fin da quella prima notte di maggio in questura e la monitorano passo passo. Il premier, descritto molto inquieto, ha affidato a Nicolò Ghedini la controffensiva. Da settimane accade questo. Una segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del premier in un importante studio legale di via Visconti di Modrone per affrontare, con Ghedini, la questione delle “serate del presidente”.

Le ospiti di Villa San Martino non si sorprendono dell’invito, prendono nota con diligenza dell’ora e dell’indirizzo. Sono indagini difensive che, come è accaduto in altre occasioni – per il caso d’Addario, ad esempio – vorranno dimostrare che Silvio Berlusconi non ha nulla di cui vergognarsi; che quelle serate non hanno nulla di indecente o peccaminoso; che quella ragazza, la Ruby, è soltanto una matta o, forse peggio, una malandrina che sta ricattando il premier, magari delusa nel suo avido sogno di facile ricchezza.

Nonostante la sua contraddittoria provvisorietà, questa storia non ha solo a che fare con l’inchiesta giudiziaria, forse già compromessa da un’accorta fuga di notizie. Sembra più importante osservare ciò che si scorge di politicamente interessante: Berlusconi c’è “ricascato”. E qui incrociamo una questione che non ha nulla a che fare con il giudizio morale (ognuno avrà il suo), ma con la responsabilità politica.

Dopo la festa di Casoria e le rivelazioni degli incontri con Noemi Letizia allora minorenne, dopo la scoperta della cerchia di prosseneti che gli riempie palazzi e ville di donne a pagamento, come Patrizia D’Addario, questo nuovo progressivo disvelamento della vita disordinata del premier, e della sua fragilità privata, ripropone la debolezza del Cavaliere. Il tema interpella, oggi come ieri, la credibilità delle istituzioni. Il capo del governo è ritornato a uno stile di vita che rende vulnerabile la sua funzione pubblica. Le sue ossessioni personali possono esporlo a pressioni incontrollabili.

Qualsiasi ragazzina o giovane donna che ha frequentato i suoi palazzi e ville e osservato le sue abitudini può, se scontenta, aggredirlo con ricatti che il capo del governo è ormai palesemente incapace di prevedere.

Dove finiscono o dove possono finire le informazioni e magari le registrazioni e le immagini in loro possesso (Ruby racconta che spesso “le ragazze” fotografavano con i telefonini gli interni di Villa San Martino)? Quante sono le ragazze che possono umiliare pubblicamente il capo del nostro governo? È responsabile esporre il presidente del Consiglio italiano in situazioni così vulnerabili e pericolose per la sicurezza dell’istituzione che rappresenta?

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Abbandono di minore

di Gianni Barbacetto

Per il pm, Ruby doveva andare in comunità. Invece fu lasciata andare. Ecco che cosa rischiano ora Nicole Minetti e i funzionari della questura

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Nicole Minetti e i funzionari della questura di Milano che le hanno affidato Ruby la notte del 27 maggio rischiano di essere incriminati per abbandono di minore. L’articolo 591 del codice penale prevede pene da sei mesi a cinque anni per chiunque abbandoni una persona “della quale abbia la custodia o debba avere cura”. È quello che è successo la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 in via Fatebenefratelli. Ruby, la minorenne che dice di essere stata ad Arcore alle feste di Silvio Berlusconi, la sera del 27 viene fermata dalla polizia in un centro estetico di corso Buenos Aires. A segnalarla è una sua amica, Caterina P., che dice di aver subito, giorni prima, un furto di 3 mila euro e alcuni goielli. Indica Ruby come la ladra.

I funzionari di polizia della questura, in seguito alle telefonate del presidente del Consiglio, la rilasciano. Contro il parere del magistrato dei minori di turno quella notte, che aveva invece disposto di affidare Ruby a una comunità. Ma Berlusconi aveva insistito: è la nipote del presidente Mubarak, aveva detto mentendo. Affidatela alla consigliera regionale Nicole Minetti che è in arrivo. Così è stato fatto. Ma Nicole Minetti, la ballerina di “Colorado Cafè” nonché igienista dentale del presidente del Consiglio che viene imposta da Berlusconi nel Consiglio regionale della Lombardia, firma il documento dell’affido, ma subito fuori dalla questura lascia Ruby alla cure della brasiliana Michele, professione escort, che la porta a casa sua.

Una decina di giorni dopo, il 5 giugno, la polizia deve intervenire di nuovo. Preleva Ruby a casa della brasiliana e la porta in ospedale. Le due donne hanno avuto un litigio furioso e la minorenne è segnata da vistosi lividi. Si accusavano a vicenda “di meretricio”, scrivono gli agenti nella loro relazione di servizio. In quella occasione, la polizia chiama ripetutamente Nicole Minetti, che risulta avere in custodia Ruby: ma non riesce a trovarla.

Dunque Ruby è stata abbandonata. E la Minetti non ha adempiuto all’impegno che si era assunta: quello di aver cura della ragazza. In questi casi, il codice fa scattare il reato di abbandono di minore. Di cui potrebbero essere chiamati a rispondere anche i funzionari della questura di Milano che l’hanno affidata all’igienista dentale contro il parere del magistrato. Secondo il codice, il reato è aggravato quando il minore dopo l’abbandono subisca lesioni, come è accaduto a Ruby. Ma ora sarà la procura della Repubblica di Milano a decidere come proseguire l’indagine.

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