L’effetto bunker sta per finire fra i consumatori americani. E gli analisti di Wall Street già studiano quali titoli spingere, in vista del recupero che si verificherà in Borsa quando verrà dichiarato che la guerra con l’Iraq è vinta: un concetto convenzionale, dotato di enorme significato economico. Già il comportamento del Dow Jones nell’ultima settimana dimostra che ci sono novità: la Borsa ha registrato un aumento dell’1,6 per cento, nonostante le notizie negative di marzo su occupazione e produzione negli Stati Uniti.
La ripresa dipende però dal fatto che una parte degli operatori sta selettivamente puntando su rialzi futuri di titoli che al momento non hanno nulla di esaltante. Anzi, sono fra gli ultimi della classe e per questo si pensa che sono destinati a primeggiare. La dissoluzione dell’effetto bunker porta in prima linea i titoli del tempo libero: compagnie turistiche, alberghi, trasporti aerei, società di navigazione, luoghi e servizi di divertimento, ai quali il consumatore americano dovrebbe rivolgersi, con una espansione paragonabile a quella di una molla che, artificiosamente compressa, quando è finalmente lasciata libera, si dilata.
Ma gli analisti vanno anche oltre. Nei mesi dell’incertezza e della paura, nei mesi del bunker appunto, molte persone sono rimaste asserragliate in casa, anche nei fine settimana, per seguire davanti al televisore gli sviluppi dei combattimenti in Iraq. E si sono magari resi conto, scrive il Wall Street Journal, che la loro abitazione ha bisogno di qualcosa: così si pensa che le spese per la casa aumenteranno e che i connessi titoli ne guadagneranno. Anche le concessionarie di pubblicità dovrebbero migliorare, spinte dai consumi. I notiziari sulla guerra, si sa, attraggono un pubblico enorme, ma i benefici pubblicitari sono molto inferiori ai costi: la gente, colpita dalle immagini belliche, ha scarsa percezione degli spot. Il quadro cambia quando si passa a un’atmosfera più serena. Più incerto è il ciclo dei titoli tecnologici, che di sicuro guadagneranno nel medio termine. Ma nell’immediato anche il computer più aggiornato deve competere con quel “consumo da dopo stress” che reclama la priorità.
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