Luca Cordero di Montezemolo: «Siamo impaludati in una tattica politica elettorale di breve periodo, in una campagna permanente, ventiquattr’ore su ventiquattro, che non si preoccupa del futuro del Paese. E questo è grave. Molto grave».
Savino Pezzotta: «Quando da Palazzo Chigi, non dal Bar del Corso, si sente dire “o così o elezioni”, quando una logica solo e puramente politica fa saltare qualsiasi schema di confronto con le parti sociali, tutte, i sindacati ma anche gli imprenditori, qualcosa evidentemente non funziona. E io non ci sto. Decisione loro, sciopero mio». L’applauso che non sorprende è il primo, quello che va al presidente di Confindustria. Ma è il secondo, quello tributato al segretario della Cisl, a raccontare più di mille discorsi quale sia ormai il clima. E non tanto perché conferma la sintonia o, meglio, il vero e proprio asse imprenditori-sindacati contro la politica economica (anzi: «Non-politica», come insistono entrambi) del governo.
E’ che non si era forse mai visto prima quello che succede qui, Bergamo, Teatro Donizetti, cerimonia conclusiva delle celebrazioni per i 140 anni del gruppo Italcementi: una platea di industriali e banchieri, Gotha compreso e certo non di sinistra, che applaude un leader sindacale in piena rivendicazione di sciopero.
Insorge, non a caso, Mirko Tremaglia. Il ministro per gli Italiani nel mondo resta fino alla fine ma quando lascia il teatro è furibondo: «Montezemolo e Pezzotta hanno fatto un comizio. E nessuno della maggioranza è stato chiamato sul palco a replicare».
La polemica, però, era stata messa in conto. Si riaccende ogni volta, soprattutto con Confindustria. Ragion per cui, ogni volta e dunque anche adesso, Montezemolo ribadisce in anticipo: «Non voglio fare trite polemiche con nessuno. Dico solo: attenzione, in gioco c’è il futuro del Paese. E il futuro non è né di destra né di sinistra. Diremmo le stesse cose con qualunque governo, così come diciamo che se ci ritroviamo in questa situazione è perché nemmeno in passato sono stati affrontati i problemi strutturali, e così come a questo esecutivo riconosciamo anche i meriti. Dalla legge Biagi ai primi positivi passi per la riforma della scuola».
E però. Però, dice il presidente degli imprenditori, se «la visione non può essere pessimistica», non si possono nemmeno «sottacere i problemi, quelli strutturali e quelli contingenti». E allora, per cominciare, visto che veniamo dalla serata della «riforma fiscale» (di cui Montezemolo non parla direttamente, ma è noto che Confindustria avrebbe voluto altro) e siamo alla vigilia di uno sciopero generale: «Come si può fare politica industriale ed economica seria in tre mesi, quelli della Finanziaria, o in una sola notte dopo i tre mesi? Perché la Finanziaria si deve fare con il continuo richiamo al contingente, senza mai guardare avanti? E con il risultato che dal vocabolario sono sparite due voci: investimenti per il futuro e meritocrazia?».
Tocca a Pezzotta, ora, e la musica non cambia. «Sono molto turbato da quello che sta avvenendo. Moltissimo. Quando ci venne presentato il Documento di programmazione economica ci era sembrato che finalmente ci fosse stata assunzione di responsabilità di fronte ai problemi del Paese. Per la prima volta ci dissero: “Non è vero che tutto va bene”. Oggi lo sconforto è grande. Perché oggi la risposta non è conseguente alle premesse. Manca un’idea di Paese, di futuro, di dove dobbiamo andare».
E poi: «Il 29 settembre ci dissero: dal 2 ottobre apriamo i confronti con le parti sociali. Siamo a fine novembre. Quei tavoli non si sono aperti e, se anche si aprissero, sarebbero inutili, visto che la Finanziaria è blindata da accordi tra i partiti e che la logica è “o così o elezioni”». Dunque: sciopero. L’arma che gli imprenditori non hanno. Ma proprio loro, che anzi quest’arma di solito la subiscono, ora applaudono. Con Montezemolo che non commenta, almeno non pubblicamente, lo stop decretato dai sindacati per dopodomani.
Però, sull’analisi che ha portato alla decisione, ri-sottolinea: «Sono molto d’accordo con un sindacalista serio come Pezzotta». Il leader Cisl fa altrettanto: «Credo che tra rappresentanti di lavoratori e industriali ci sia oggi una concordanza di fondo sui problemi centrali del Paese». Se, fin qui, c’erano state solo molte prove tecniche d’intesa, ora l’asse Confindustria-sindacati, Cgil e Uil comprese, è confermato e rinsaldato.
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FINANZIARIA: MONTEZEMOLO, RICHIAMO NON CONGIUNTURALE
AVREMMO DETTO LE STESSE COSE A QUALSIASI GOVERNO
28 Novembre 2004 15:07 ROMA (ANSA) – “Il richiamo a non impostare strategia in base a tattiche elettorali lo abbiamo fatto oggi, lo avremmo fatto con i governi precedenti, e confindustria lo farà certamente nei confronti dei governi che verranno”. Così il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, precisa il senso delle dichiarazioni critiche rilasciate ieri a Bergamo all’indomani della riforma fiscale varata dal governo e bollata appunto come ‘tattica elettorale’. Per il leader degli industriali italiani – avvicinato dall’ANSA – a Roma, quella di Confindustria “é una scelta di metodo che non può e non deve essere letta come una polemica congiunturale con l’esecutivo”.
“Siamo convinti – ha aggiunto Montezemolo – che i problemi che il paese ha di fronte richiedano politiche strutturali tese a realizzare la nuova fase di sviluppo equilibrato e capace di proiettarsi nel tempo. Occorrono però – ha puntualizzato Montezemolo – scelte orientate a far ripartire una stagione di investimenti pubblici e privati, creando le condizioni per tornare ad attrarre anche capitali internazionali”. Insomma, “servono provvedimenti utili a migliorare la capacità di competere delle imprese italiane, che si confrontano sui mercati internazionali in una fase resa particolarmente difficile da elementi come i prezzi delle materie prime ed un rapporto euro-dollaro decisamente sfavorevole”.
Per questo, ha aggiunto Montezemolo, “abbiamo detto che avremmo preferito una manovra centrata sulla riduzione del costo del lavoro. Abbiamo preso atto della scelta del governo di intervenire invece sui redditi delle persone fisiche. Ma in questo quadro – ha concluso il presidente di Confindustria – non abbiamo mancato di apprezzare quegli elementi della manovra che vanno nella direzione dello sviluppo, come il taglio dell’Irap sui ricercatori e sui nuovi assunti, il fondo rotativo per le imprese ed il fatto che non sia stato penalizzato il Mezzogiorno”.