Il management di Fiat è sotto accusa. Ieri mercoledì un importante quotidiano finanziario ha detto che i vertici del colosso torinese dell’auto sono a rischio.
Secondo alcune indiscrezioni di oggi, Paolo Fresco potrebbe rinunciare alla carica di presidente Fiat a causa delle pressioni provenienti dalle banche (IntesaBci, San Paolo Imi e Banca di Roma) che sono corse in aiuto del Lingotto. Questo potrebbe essere il prezzo da pagare alle tre banche.
Gli istituti di credito sono già al lavoro per sistemare i conti di Fiat.
Le proposte in cantiere sono sulla bocca di molti operatori e le indiscrezioni di stampa, pubblicate stamani, confermano l’interesse degli istituti bancari di ridurre l’indebitamento lordo di circa €10 miliardi – €12 miliardi.
L’operazione avverrebbe attraverso più fasi:
– il collocamento di Ferrari, che porterebbe nelle casse del Lingotto circa €1 miliardo;
– l’erogazione di un prestito da €3 miliardi da utilizzare per un aumento di capitale entro i prossimi tre anni;
– la cessione alle tre banche del 51% delle attività finanziarie di Fiat Auto (Fiat Sava, la finanziaria del gruppo);
– la vendita di una parte delle azioni possedute nel consorzio Italenergia, attraverso la cessione di un’opzione put a Edf, perché la società francese possa aumentare il proprio peso nel capitale di Italenergia.
La mossa di Fiat non è gradita dagli azionisti di minoranza, che già al tempo della fusione tra Italenergia ed Edison avevano mostrato un certo disappunto. Fonti vicine agli azionisti di minoranza riferiscono di un possibile ricorso per vie legali nelle prossime settimane, appena prima dell’assemblea dei soci Edison, che è prevista a giugno.
Per quanto riguarda invece il collocamento di Ferrari, i responsabili finanziari del gruppo Fiat, quelli di Maranello e i global coordinator stanno valutando diverse opzioni per il collocamento del titolo.
I tre istituti che faranno da coordinatori sono Ubm, Caboto e Deutsche Bank. Quest’ultima, secondo il Sole24Ore avrebbe concesso a Fiat un finanziamento biennale di circa €1,5 miliardi a un tasso d’interesse vantaggioso per la società torinese.
Sembra certo, ormai, il collocamento di Ferrari a Piazza Affari a settembre: due terzi del flottante (pari al 40% del capitale della scuderia del cavallino) saranno venduti ad alcuni investitori istituzionali più la parte che spetterà alle tre banche che seguono da vicino le mosse di Fiat.
Tra le ipotesi al vaglio dei global coordinator c’è anche quella del “listing” del titolo sul circuito Nasdaq, cioè la possibilità di poter negoziare il titolo negli Usa, in Europa e in Giappone.
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