FED: TASSI FERMI, PRIMO STOP
IN DUE ANNI

di Redazione Wall Street Italia
8 Agosto 2006 08:43

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(WSI) –
Dopo diciassette rialzi consecutivi la Federal Reserve si ferma. Una decisione accolta con entusiasmo da Wall Street, dove la notizia che i tassi americani restavano al 5,25% ha scatenato un’autentica ovazione tra i trader. E tuttavia scontata dagli operatori, tanto che listini Usa, Treasury e dollaro (contro euro) non hanno praticamente reagito all’annuncio della Fed.

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Più dell’interruzione della stretta monetaria, insomma, contano le parole utilizzate dal presidente Ben Bernanke per spiegare il nuovo atteggiamento della banca centrale americana. «Le prossime ed eventuali mosse dipenderanno dai rischi sul fronte dell’inflazione e su quello della crescita, in base ai prossimi dati provenienti dalla congiuntura», recitava il comunicato diffuso ieri sera dal consesso della Fed. In cui – non accadeva dal 1998 – la decisione non è stata presa all’unanimità, poiché Jeffrey Lacker (numero uno della Fed di Richmond) ha votato per un ulteriore stretta di 25 punti base.

«La crescita è rallentata rispetto al gran ritmo di inizio 2006 – ha preso atto la Fed – in parte per il raffreddamento del mercato immobiliare, in parte per gli effetti ritardati degli aumenti dei tassi e del caro-energia». E la tanto temuta inflazione? «Negli ultimi mesi il dato core è stato elevato e l’alto grado di utilizzo degli impianti e i prezzi record delle materie prime potrebbero sostenere le pressioni inflative – hanno aggiunto dalla banca centrale – Ma queste ultime, probabilmente, andranno via via allentandosi riflettendo le basse attese sul carovita, la stretta monetaria e altri fattori che freneranno la domanda interna».

Bernanke, in parole povere, ha voluto allontanare lo spettro della stagflazione. Sottolineando che la crescita rallenta, ma che anche i prezzi non salgono proprio in virtù della frenata dell’economia. Questo nonostante il costo del lavoro, nel secondo trimestre, sia cresciuto del 4,2% oltre le stime degli analisti. Un trend che potrebbe dare nuova benzina all’inflazione, sebbene la maggior parte degli esperti continui a prevedere – per il resto dell’anno – solo un ulteriore ritocco dei tassi al 5,5 per cento.

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La Federal Reserve si appresta a mettere fine alla stretta monetaria varata a giugno 2004. Oggi, per la prima volta negli ultimi due anni e dopo 17 rialzi consecutivi, la Fed dovrebbe lasciare i tassi fermi al 5,25% per dare un po’ di respiro all’economia. Secondo gli analisti, la debole crescita economica registrata nel secondo trimestre e la creazione di appena 113.000 posti di lavoro in luglio, spingono la Fed ad una pausa già nel board dell’8 agosto, anche se – avverte Goldam Sachs – la decisione non è così scontata come nelle occasioni precedenti.

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Una eventuale pausa della stretta monetaria negli Usa andrebbe in direzione opposta alla strada intrapresa dalla Bce che, per contenere i rischi di inflazione in un contesto di crescita economica vicina al potenziale, ha deciso giovedì scorso di alzare di un quarto di punto (effettuando il quarto rialzo in otto mesi) i tassi di interesse, portandoli al 3%, cioé al livello del 1999. E la stretta europea non sembra destinata ad esaurirsi, nonostante gli inviti alla cautela giunti dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi): nei prossimi mesi, se la ripresa continuerà la Bce “ridurrà progressivamente il carattere accomodante della politica monetaria”.

L’economia statunitense si trova ad affrontare dei rischi contradditori: il rallentamento dell’economia, che chiama una pausa del ciclo rialzista, ed un’accelerazione dell’inflazione, che invece invita ad un aumento dei tassi. Gli stessi responsabili della Fed sembrano perplessi, tanto che la scorsa settimana le chance di un rialzo sembravano ancora al 50%. Poi, però, è arrivata la doccia fredda dei dati sull’occupazione, che hanno evidenziato un aumento della disoccupazione dal 4,6% al 4,8%. E così venerdì scorso, i mercati scommettevano che ci fossero solo un 14% di possibilità che la Fed decidesse di alzare.

“La debole crescita del secondo trimestre e la creazione di pochi posti di lavoro in luglio indicano che la Fed deciderà una pausa”, afferma Nariman Behravesh, analista di Global Insight. Per Goldamn Sachs, comunque, uno stop non è scontato, viste le pressioni inflazionistiche: “Per contenere i prezzi, la Fed potrebbe optare per una ulteriore lieve stretta”. La maggior parte degli operatori, invece, crede che la banca centrale statunitense decida, almeno per il momento, di correre il rischio dell’inflazione per supportare la crescita, anche alla luce delle recenti affermazioni del presidente della Fed Ben Bernanke, secondo il quale un rallentamento della crescita permetterà di contenere i rischi al rialzo dei prezzi.

Lo stesso Bernanke ha indicato in aprile la possibilità che “al momento giusto” la Fed si conceda una pausa per ottenere un maggior numero di informazioni, e questo – sostengono gli analisti – non si traduce in un stop definitivo dei tassi. Per Lehman Brothers, il Fed Funds alla fine del 2006 sarà al 5,75%, per poi scendere nel 2007. Secondo Moody’s, invece, la prossima mossa della Fed sarà un ribasso dei tassi, fra la fine di quest’anno e l’inizio del 2007. E se negli Usa ci si avvia verso una pausa, in Europa la Bce sembra aver intrapreso la strada dei rialzi.

Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet ha ribadito più volte che se la ripresa continuerà e lo scenario sarà confermato ci saranno nuovi rialzi, che dovrebbero arrivare – secondo gli analisti – in ottobre ed in dicembre. Obiettivo quello di contenere l’inflazione. Una linea, quella di Trichet, ribadita anche oggi dal membro del consiglio direttivo Lorenzo Bini Smaghi che, in un’intervista a Il Sole 24 Ore, ha osservato che la stretta della Bce è destinata a continuare nei prossimi mesi.