In ripresa ma con la spada di Damocle del deficit federale sul suo futuro. Così, il presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan dipinge lo stato dell’economia americana, capace di recuperare “slancio”, dopo un inizio estate colpito dall’impennata del costo del greggio, ma obbligata a fare i conti con un disavanzo pubblico stimato a quota 422 miliardi di dollari per l’esercizio fiscale 2004.
“L’attività economica – ha osservato innanzi alla Commissione Bilancio della Camera – ha tenuto un passo morbido sul finire della primavera dopo essere avanzata in maniera vivace nella seconda metà del 2003 e la prima parte del 2004”, tuttavia “i dati più recenti lasciano intendere che, nel suo insieme, l’espansione ha recuperato un certo slancio”.
Parole che hanno già fatto correre i pensieri degli analisti al prossimo 21 settembre, quando il Federal Open Market Committee, si riunirà per decidere il corso della politica monetaria del prossimo futuro. Secondo gli esperti – ripresi dalle televisioni finanziarie americane – lo “slancio” sottolineato da Greenspan non fa che confermare le mosse compiute nel recente passato dalla Fed – ossia il rialzo, per ben due volte, dei tassi di interesse – attesa a proseguire il suo percorso di “crescita misurata” del costo del denaro elevando di un quarto di punto – a quota 1,75% – i tassi di interesse.
Tuttavia dalle parole sibilline di Alan Greenspan, come sempre misterioso e vago, tutti gli scenari sul rialzo o non rialzo dei tassi d’interesse americani sono a questo punto validi.
A suffragare questa tesi, inoltre, sembra concorrere anche il quadro inflazionistico. Nonostante il forte rialzo dei prezzi petroliferi la cui situazione – ha osservato Greenspan – risulta essere ancora “precaria”, negli ultimi mesi si è verificato un rallentamento dell’inflazione e delle aspettative in merito tanto che – considerando l’attuale stato di salute dell’economia – l’America dovrà stare attenta al rischio contrario, quello della “stagflazione se non si riequilibra la politica fiscale”.
Soddisfatto della tenuta delle finanze statunitensi e dell’inflazione contenuta e, poco preoccupato sul versante occupazionale (“se la produttività calerà – ha celiato – il mercato del lavoro potrà ripartire” in maniera ancora più incisiva di quanto avvenuto sino ad ora) Greenspan ha invece ammonito i parlamentari – e soprattutto l’amministrazione Bush a Washington – a muoversi sul versante del deficit pubblico – volato a livelli record – per il cui contenimento, a suo giudizio, servono “misure severe”.
La situazione relativa al “disavanzo – ha infatti affermato – potrebbe peggiorare se non si cambierà politica”: nel lungo termine – dato anche il prossimo pensionamento di milioni di ‘baby boomers’ – le prospettive relative al deficit “sono preoccupanti” e tali da far risuonare un allarme nelle stanze della Casa Bianca, chiunque sarà l’inquilino ad abitarla al termine della corsa elettorale tra John Kerry e George W. Bush.
Sulla falsariga della considerazioni scandite dal presidente della Federal Reserve, si è mosso anche il Beige Book, consueta fotografia sulla situazione economica a stelle e strisce scattata dalla Banca Centrale americana. Malgrado in “diversi” dei dodici distretti in cui sono divisi gli Stati Uniti, “abbiano indicato un rallentamento del passo” rispetto al passato e una crescita in alcuni casi “modesta”, alla fine di luglio e nel mese di agosto, “l’attività economica ha continuato ad espandersi”.
In particolare, buone nuove sono giunte dal comparto manifatturiero “migliorato a livello nazionale” e dal versante dell’inflazione con “i prezzi al consumo generalmente piatti o in modesto aumento” nonostante “gli incrementi dei costi per l’energia”. Meno brillanti, invece, i dati relativi ai consumi risultati “contrastanti” nei vari distretti e in “rallentamento” rispetto alle rilevazioni precedenti.
Nel dettaglio, le vendite sono state solide nell’area di San Francisco, contrastate in quella di Dallas e “più morbide” in quelle di New York, Richmond e Chicago. Quanto al lavoro, infine, il Beige Book ha rilevato “incrementi continui, benché irregolari tra i settori e le diverse regioni. In particolare va registrata la crescita della domanda di lavoro temporaneo, soprattutto nel settore manifatturiero”.(ANSA).