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FED, DOPO MAGGIO STOP AL RIALZO DEI TASSI?

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(WSI) – Il ciclo rialzista per i tassi di interesse statunitensi è vicino alla sua conclusione. Ne sono sempre più convinti gli analisti, le cui posizioni in questo senso sono state suffragate in questi ultimi due giorni dalle parole di alcuni banchieri centrali Usa, compresi da Thomas Hoening della Fed di Kansas City a Jeffrey Lacker (membro votante) della Fed di Richmond.

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L’idea di massima, secondo alcuni esperti sentiti da ‘Il Sole 24 Ore Radiocor’, è che un altro rialzo di 25 punti base per il mese di maggio (Fomc i calendario per il 10) sia già stato scritto, come per altro scontano in questo momento (al 100%) i tassi di mercato. “Effettivamente – afferma Gian Luigi Mandruzzato di Banca Intesa – le cose che hanno detto i banchieri sono coerenti per vedere i Fed Fund arrivare al 5%, per poi valutare anche l’opportunità di fermarsi”.

In sostanza, spiega, la Fed sta lanciando segnali più morbidi ai mercati, che fino a ieri erano convinti che la strada al rialzo dei tassi usa poteva essere ancora lunga. E i mercati, concordano gli operatori, sembrano essersi adeguati a questo nuovo atteggiamento da parte della Fed: hanno ridotto la probabilità di ulteriore rialzi dei saggi, mentre rimangono ‘certi’ che verranno portati dal 4,75 al 5% nel prossimo mese. Il future settembre, anche se non è molto liquido, attualmente esprime infatti un tasso implicito del 5,14%, ovvero sconta al 60% che i Fed Fund possano essere ulteriormente ritoccati nei Fomc di giugno (28-29) o di agosto (8). La posizione di Lacker è tra le più vicine alla politica del presidente, Ben Bernanke, per quanto riguarda l’individuazione di un obiettivo di lungo periodo per l’inflazione.

Detto questo, ha sottolineato Antonio Cesarano di Mps, “Lacker ha evidenziato un quadro inflativo senza particolari pressioni, non ha mostrato preoccupazioni per l’andamento del mercato immobiliare e ha previsto un tasso di crescita medio del 3,5%”. Vale a dire, ha aggiunto, “che la politica della Fed è già nella parte alta del range di neutralità, compreso tra il 3,50% e il 5,30% e quindi – come ha ricordato più volte recentemente Janet Yellen della Fed di San Francisco – qualche ritocco è possibile, ma non bisogna esagerare” nel rialzare i tassi di interesse. Secondo Cesarano sono tuttavia due gli appuntamenti da seguire per capire come potrebbe evolvere la politica creditizia Usa: “le minute del Fomc di marzo in calendario per il 18 aprile e l’audizione di Bernanke al Congresso, fissato appena ieri per il 27 aprile”.

Più cauto sulle intenzioni della Fed appare Davide Stroppa di Ubm, il quale ricorda che dall’ultimo Fomc è emerso che “un ulteriore consolidamento della politica del credito potrebbe essere necessario”. Dato per certo il rialzo di 25 punti in maggio, “c’è comunque un’elevata possibilità, il mercato la sconta al 60%, di un aumento dei tassi al 5,25 in giugno”.

A sostenere questo scenario, spiega, è la forza espressa dell’economia statunitense “che continua a viaggiare vicina al suo potenziale” e un mercato del lavoro sempre più rigido “e ci aspettiamo (per venerdì) per altro un dato molto buono per il mese di marzo”. Lo stesso Hoening, ha ricordato Stroppa, “ha sottolineando che l’economia Usa sta crescendo al un tasso ragionevolmente robusto e che è vicino o al massimo dell’utilizzo della sua capacità per quanto riguarda le risorse di capitali e la forza lavoro”. Uno scenario, conclude l’analista, che concorda con un rialzo dei tassi al 5,25% per giugno.

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