FEBBRE DA EURO

di Redazione Wall Street Italia
15 Maggio 2006 23:10

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(WSI) – Le valute tornano alla ribalta. Dopo essere rimasto un po’ sullo sfondo nei mesi scorsi, l’euro e il dollaro saranno la bussola dei mercati nella seconda metà del 2006. Più che la forza dell’euro a occupare la scena è la fragilità del dollaro, testimoniata anche dalla corsa dell’oro innescato propri dalla debolezza del biglietto verde, portando il metallo giallo ai massimi storici (725 dollari per oncia). Anche il vento dell’Est soffia contro la divisa Usa. «Le banche centrali di Russia, Cina e altri Paesi asiatici stanno poco alla volta aumentando la loro esposizione verso la moneta unica a scapito di quella americana», dice Helge Pedersen, capo della ricerca economica di Nordea.

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Ma fin dove si spingerà l’euro-dollaro, già a quota 1,29 (nuovo massimo da un anno toccato venerdì 12 maggio)? «Per fine 2007 – dice Umberto Orsenigo, senior fund manager di Dws Investment Italy Sgr – prevediamo un target di 1,35 e di 1,40 al termine del 2008». La maggior parte degli esperti interpellati da Borsa&Finanza non crede che si sfonderà la soglia di 1,30 nel 2006. «Il mercato sa che fino a 1,30-1,33 la Bce lascerà fare», dice Roberto Mialich, strategist forex di Ubm. E banche centrali e policy maker, in effetti, hanno un ruolo importante in questa scalata della divisa dei Quindici. O meglio nella debolezza procurata al dollaro.

«Una svalutazione – spiega Massimo Baggiani, gestore area euro di Bim Sgr – che sembra essere stata decisa a tavolino dal G7 di fine aprile». All’amministrazione Bush fa comodo una moneta debole per ridurre l’impatto dei pesanti deficit gemelli e rilanciare la Corporate America che esporta all’estero. Mentre Bruxelles vede di buon occhio un euro forte come ammortizzatore del caro barile. Così neppure la decisione di Ben Bernanke, timoniere della Fed, di portare mercoledì 10 maggio il costo del denaro al 5% ha ridato fiato al biglietto verde. A favore dell’euro gioca di converso la probabilità, alimentata dallo stesso presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, di un’ulteriore stretta dei tassi europei (ora al 2,5%) nella riunione del direttivo di giugno. «La stagione del denaro a buon mercato è agli sgoccioli – osserva Nicolò Foscari, portfolio manager di Credit Suisse am – e ciò non è positivo per la componente obbligazionaria: pertanto continuiamo a preferire le azioni».

I SETTORI DA GUARDARE. Resta da capire quali sono i settori e i titoli da privilegiare. «Storicamente la crescita dei rendimenti obbligazionari ha sempre favorito i comparti più difensivi, come i farmaceutici», afferma Fabrizio Meo, amministratore delegato di Ing Investment Management. E la debolezza della divisa americana aiuta ovviamente le società con costi in dollari e ricavi in euro. «Ad esempio nel settore industriale, dove i prezzi delle materie prime sono espressi in dollari, a beneficiarne sono società come Fiat e Pirelli, che fatturano prevalentemente nell’area euro», sostiene Claudia Vacanti, direttore investimenti di Banca Generali Sgr. Tra le aziende più difese dal super euro figurano le utility. La debolezza del dollaro potrebbe contribuire, poi, al rilancio delle telecom del Vecchio Continente.

Gli ex monopolisti France Télécom, Deutsche Telekom e Telecom Italia hanno circa l’80% dei loro ricavi in Europa. «Il gruppo presieduto da Marco Tronchetti Provera è favorito anche perché – precisa Giulio Baresani Varini, amministratore delegato di Novagest – ha il 70% dell’indebitamento a tasso fisso e quindi risente solo relativamente di aumenti del costo del denaro». Tra i telefonici di Piazza Affari spicca Tiscali che, essendo fortemente esposta sul mercato inglese, sfrutta la forza della sterlina (vedi articolo a pag. 12). Chi vuol cavalcare la ripresa economica, e in particolare della Germania, può puntare su UniCredit, reduce della maxi-acquisizione del colosso tedesco Hvb (vedi servizio a pag. 12).

Insieme al gruppo guidato da Alessandro Profumo anche Reply, piccola gemma della consulenza informatica (più 21% da inizio anno sul TechStar), ha concluso con successo un’Opa in Germania rilevando Syskoplan, azienda It che fattura 41,5 milioni di euro. Anche per effetto dell’acquisizione l’utile di Reply nel 2005 ha segnato una crescita del 46,6% a quota 6,9 milioni. Per tornare ai finanziari, avvantaggiati dallo spread dei tassi e da un business prevalentemente domestico, tra le large cap gli esperti indicano Sanpaolo, tra le piccole Credito Valtellinese e Popolare dell’Etruria e del Lazio. «Anche gli assicurativi non risentono dei cambi – continua Baresani Varini – Suggerisco di guardare alla galassia Mediobanca, con Alleanza e Generali».

L’attenzione degli operatori si rivolge poi ai beni di consumo. «La ripresa di Eurolandia trainerà i consumi – spiega Orsenigo di Dws – Saranno quindi favoriti titoli come Geox e Coin». L’azienda calzaturiera di Mario Moretti Polegato ha visto nel 2005 un utile netto in crescita del 43% a 75,3 milioni di euro su ricavi che sono aumentati del 34% a 455 milioni di euro. Mentre Coin, la cui maggioranza è stata acquisita lo scorso anno dal fondo di private equity Pai Partner, dovrebbe tornare in nero nel 2006.

Se l’abbigliamento va forte, un interrogativo aperto rimane, invece, sul lusso. «In Italia le società che esportano negli States potrebbero essere sotto pressione», dice Foscari. E gli fa eco Orsenigo: «Bisognerà vedere se riusciranno a scaricare i maggiori costi sul consumatore finale». Una strada alternativa per il luxury? «Cambiare rotta e aumentare la presenza in Asia, dove la crescita economica rimane sostenuta e il mercato è ricettivo», conclude Corrado Caironi, chief investment officer di Merrill Lynch Investment Managers Italy.

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