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(WSI) – Il tormentone-Fazio appare sempre più a un millimetro dallo sfuggire definitivamente a ogni possibilità di renderlo politicamente gestibile, con ordine e giusto riguardo alla dignità nazionale del Paese, delle sue istituzioni e dei suoi mercati.
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Era pressoché inevitabile, che l’incomprensibile e amarissima latitanza della politica aprisse sempre maggiori varchi a chi esercita ed avverte le proprie iniziative come le uniche risolutive, e cioè in primis la magistratura che ha di fatto esercitato un ruolo di supplenza e di traino prima verso i regolatori della Borsa e delle banche, poi del Consiglio dei ministri stesso, incapace da settimane di distinguere la sfera delle responsabilità in ordine a eventuali illeciti da quella di iniziative volte a ripristinare presto e bene fiducia e credibilità in uno dei gangli più delicati del sistema-Italia.
Alla fine, ecco che economisti ed editorialisti si appellano direttamente al Consiglio della Bce, per indurlo a evitare una presa di posizione troppo impregnata dello spirito di autodifesa che sempre scatta tra banchieri centrali quando uno di loro viene posto sotto il fuoco. Col risultato che l’Italia aggrava ulteriormente con l’appello esterno la propria immagine di malata incapace di curarsi.
Ed ecco che si giunge fatalmente alle prime indiscrezioni sull’eventualità di un avviso di garanzia e su un rinvio a giudizio da parte della procura di Roma a Fazio. Smentito da parte del procuratore aggiunto Toro, ma solo «allo stato delle cose», come a dire dunque che non è affatto escluso alla luce dello sviluppo delle indagini. In tali condizioni, ogni giorno che passa senza un’iniziativa adeguata rischia solo di aprire nuovi spazi a chi si è convinto che qualunque metodo sia adeguato, pur di provocare una svolta che appare sempre più a portata di mano.
Col vertice della vigilanza che da ieri si è appreso dimissionario, iniziative di chiarimento invocate anche da altri banchieri nazionali nel Consiglio della Bce, e i procuratori alle calcagna, limitarsi a parlare di periodi di transizione verso nuove regole in Bankitalia della durata di mesi se non di anni è qualcosa di assolutamente lunare. Se il governo se la sentiva di difendere Fazio nel merito, avrebbe dovuto farlo tempestivamente per evitare tutta questa pioggia di guano. Non l’ha fatto. Ora può solo rimediare in fretta. O rendersi complice del peggio ancora.
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