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(WSI) – La triste scienza che considera come postulato della politica italiana la necessità del Centro ha molti maestri. Anzi, più maestri che discepoli. Che a questi maestri si sia aggiunto un tecnocrate prestigioso come l´ex commissario europeo Mario Monti può essere interpretato in primo luogo come l´esito di una diagnosi infausta sull´Italia contemporanea. Il Paese non ce la fa. Lo schema politico bipolare nemmeno. La destra ha fallito, e anzi al suo interno ci sono forze che non hanno nessuna intenzione di promuovere una cultura di mercato.
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Quanto alla sinistra, ha dichiarato Monti alla Stampa, ripetendo le parole che aveva scritto sul Corriere della Sera, «neppure su quel versante è finora emerso un programma articolato dell´intera coalizione nella direzione dell´economia di mercato, che peraltro è pure in questo caso osteggiata da alcune componenti». La conclusione del doppio sillogismo negativo è inevitabile: «forse un Centro, se esistesse, avrebbe una più credibile affinità con un progetto del genere».
Già, se esistesse. Le discussioni sull´esistenza passata, presente e futura del Centro assomigliano a sedute spiritiche. Si evoca un´entità, un ectoplasma, uno spirito, gli si attribuiscono tutte le virtù, si dimenticano tutti i suoi vizi, e si ottiene così lo scopo di eludere il problema della realtà effettuale: che consiste nel tentativo, certo faticoso, di fare funzionare il sistema dell´alternanza. Vale a dire il sistema esistente, non un sistema immaginario. Su questo tema Prodi è stato ragionevolmente sbrigativo: «credo che il bipolarismo sia l´unica forma di governo capace di decidere, purché si abbia la volontà di decidere».
Non andrebbe dimenticato che il sistema maggioritario, ossia la premessa dell´alternanza, è stato introdotto nel 1993 proprio per sbloccare un sistema politico paralizzato dall´eternità del Centro. È stato sperimentato in tre tornate legislative e in un´amplissima serie di elezioni amministrative; l´opinione pubblica lo ha assimilato con facilità, spesso ha apprezzato le modalità agonistiche con cui si svolge la competizione.
Risulta curioso che si parli di un bipolarismo che non funziona, o che sarebbe fallito, dopo oltre quattro anni di governo della coalizione di centrodestra. In realtà la conclusione razionale sarebbe più limitata e modesta: basterebbe infatti classificare come fallimentare il governo della Casa delle libertà, e non il sistema politico nel suo complesso. Per adesso non è fallito il bipolarismo, si è sgonfiata miserevolmente l´alleanza incentrata su Silvio Berlusconi.
Per evocare il Centro, ci vuole la saggezza evidentemente cinica di chi considera l´Italia immutabile; occorre il realismo sfiduciato di chi pensa che nessun cambiamento è possibile; e che in fondo un´amministrazione controllata del paese, una specie di gestione consensuale dal fantomatico Centro, con il taglio delle ali, delle forze eccentriche, dei partiti marginali, sarebbe preferibile alle manchevolezze connaturate alle coalizioni politiche esistenti.
Oppure, per parlare in modo più esplicito, si può ricorrere al “modello Giovanardi”: secondo l´interpretazione più volte espressa dal ministro dell´Udc, «in Italia si fa fatica a mettere insieme una classe dirigente; è da ingenui pensare di metterne insieme due». E fra i sostenitori del fallimento del bipolarismo si può annoverare anche uno degli esponenti più dignitosi del centrodestra, la «spina nel fianco» Bruno Tabacci, che ha detto e ridetto di essere stufo di una contrapposizione bipolare in cui deve fronteggiare avversari come Enrico Letta «con cui sono d´accordo praticamente su tutto».
Tuttavia, come si fa a non vedere che l´avversione per il formato bipolare esprime in controluce l´insofferenza per la politica? E che questa animosità antipolitica è un atteggiamento delle élite ben più che dei semplici cittadini? Non si avverte un tratto inconfondibile di snobismo, allorché personalità fra le più celebrate riconoscono senza mezzi termini, in privato e in pubblico, il tracollo del governo di centrodestra, salvo poi aggiungere, con la schizzinosità appropriata al caso, «che anche il centrosinistra, inutile dirlo, è un mezzo disastro»?
Si tratta di un ragionamento singolare, se si ricorda l´entusiasmo imprenditoriale per Berlusconi (vedi le assise confindustriali di Parma, prima delle elezioni del 2001), con il Cavaliere che esclamava dal podio «il vostro programma è il mio programma», e tutto un establishment politico-economico, da Bankitalia in giù, spergiurava sul miracolo dietro l´angolo. Strano: in un paese dove non prevale la pigrizia mentale o lo scetticismo snob, dopo un giudizio negativo sui governanti attuali non si immaginano scenari ulteriori o varianti postpolitiche del consociativismo. Si considera che Berlusconi ha fallito per due volte l´esperienza del governo, dopo di che si dice qualcosa di più semplice: «Mettiamo alla prova gli altri».
Il professor Monti sostiene che non possiamo permetterci un´altra prova di cinque anni per registrare un altro fallimento, cioè per avere la dimostrazione effettiva che il bipolarismo non è adeguato alle condizioni del paese, alla necessità di guidare la riconversione industriale, di cambiare il modello di specializzazione, di costruire il mercato. Ma questa sfiducia a priori ha un aspetto largamente ideologico: in fin dei conti, il governo Prodi-Ciampi ha risanato strutturalmente i conti pubblici e acchiappato l´Europa. Con i suoi alti e bassi il quinquennio del centrosinistra non è stato un fallimento nella gestione del paese (è stato un fallimento politico, e anche grottesco: ma questa è un´altra storia).
Liquidare con sufficienza il centrosinistra che c´è, a favore del Centro che non c´è, è un modo per evocare fantasmi in cui personalità insigni, da Luca Cordero di Montezemolo allo stesso Mario Monti, garantirebbero la tenuta dell´economia, a scapito della politica. Tutto ciò fa sentire anche un´aria da “governo dei migliori”: una «vecchia idea reazionaria», come scrisse Norberto Bobbio. Con la certezza che alla fine della seduta spiritica non ci sarebbe nessun fantasma benevolente, nessuno spirito illuminato, ma soltanto un´altra arcigna disillusione dei cittadini espropriati della politica.
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