DaimlerChrysler (DCX) ha fatto sapere lunedi’ mattina che spendera’ fino a $3,9 miliardi per portare i conti della divisione americana Chrysler in attivo entro il 2002.
Nel tentativo di trainare a galla la sussidiaria statunitense, la stessa DaimlerChrysler, la quinta casa automobilistica al mondo, e la controllata Mitsubishi accuseranno forti perdite.
Venerdì 23 il consiglio DaimlerChrysler si e’ riunito per approvare le misure necessarie per fronteggiare la grave crisi del gruppo. Contrariamente alle aspettative, il comunicato stampa e’ stato rimandato a oggi. Le notizie, come si vede, confermano la diagnosi di grave crisi finanziaria e strategica in cui versa l’azienda.
Gia’ venerdi il mercato non aveva gradito il rinvio: le azioni DaimlerChrysler hanno chiuso in ribasso di 2.09 euro a quota 52.61 euro, circa $47.67, sulla borsa di Francoforte, e il titolo americano di DaimlerChrysler ha chiuso venerdi a quota $48.80, con una perdita di $1.15.
Oggi il trend continua: il mercato americano non e’ ancora aperto mentre scrivo, ma a Francoforte il titolo, dopo un iniziale modesto rialzo,e’ in calo di circa 1 euro (tarda mattinata ora locale).
E pensare che lo stesso mercato aveva reagito molto positivamente giovedi alla voce che, tra le misure in esame, ci sarebbe stata l’adozione di motori Mercedes per alcune vetture della gamma Chrysler.
Il fatto e’ che I problemi di fondo sono tanti, e richiedono tutti spese ingenti, tanto tempo e piu’ di un pizzico di fortuna. Da un punto di vista finanziario, li elencherei come segue:
1) Passivo Chrysler. I dati del quarto trimestre saranno resi pubblici lunedi: mi aspetto cifre dell’ordine di 1-1,2 miliardi di dollari, ovvero piu’ del doppio del trimestre precedente ($512M).
2) Problemi alla Freightliner, filiale americana della Mercedes veicoli industriali.
3) Problemi alla Debis, divisione americana servizi finanziari e leasing.
4) Problemi alla Mitsubishi, finanziari e di prodotto.
5) Problemi ricorrenti alla Smart, che ha appena faticosamente raggiunto il traguardo dei 100.000 veicoli prodotti, con un ritardo di quasi tre anni rispetto alla tabella di marcia.
Dei problemi Chrysler e della mancata integrazione ho gia’ scritto (vedi DaimlerChrysler – Mal di Mercedes).
Voglio soltanto aggiungere che ogni soluzione, comprese quelle gia’ decise nelle scorse settimane, richiedera’ almeno 18-24 mesi per funzionare.
Per esempio l’annunciato licenziamento di circa 26.000 persone, pari ad un quinto dei dipendenti Chrysler in Nord America: gli operai sono protetti da un contratto molto favorevole, stipulato dal potente sindacato UAW (United Auto Workers), che garantisce oltre il 90% dello stipendio per circa un anno.
Anche peggio per la famosa adozione di motori e altre parti Mercedes, dove l’attuale gamma Chrysler, con l’eccezione di alcuni modelli Jeep, non si presta tecnicamente al trapianto.
Se ne riparlera’ con I nuovi modelli, cioe’ tra 2-3 anni. Ora questo tempo forse Juergen Schrempp, CEO DaimlerChrysler, non ce l’ha, se e’ vera le voci secondo cui la Deutsche Bank, azionista di maggioranza, vorrebbe risultati entro massimo un anno.
Altrettanto gravi, ma di piu’ difficile soluzione, sono I problemi della Freightliner. Questo rinomato produttore di veicoli industriali pesanti, quei tipici camion dalle motrici colossali e cromate che tutti hanno visto nei film americani, era in piena decadenza, di mercato e di capacita’ tecniche, quando venne acquistato dalla Mercedes alcuni anni fa.
Il nuovo proprietario intraprese subito una accelerata strategia di risanamento fondata su due premesse: da un lato l’introduzione di nuovi modelli dall’eccezionale contenuto tecnico e di comfort, e dall’altro una politica di leasing alle grandi flotte a termini estremamente convenienti tramite la consociata finanziaria Debis. Cio’ ha portato in pochi anni alla conquista di una cospicua quota del mercato di veicoli industriali pesanti.
Ha generato pero’ anche una eccedenza di usato recente, che la casa ritira e ricondiziona “allo stato di nuovo” in una fabbrica allestita appositamente, per poi rimandarlo ai concessionari.
Ora, finche’ l’economia americana e’ stata in forte sviluppo, l’usato ricondizionato e’ stato assorbito bene. Adesso pero’ il mercato secondario, che e’ fatto di operatori piu’ piccoli e piu’ sensibili all’andamento dell’economia, e’ crollato.
Risultato: la Debis sta naufragando in un mare di veicoli usati vendibili soltanto con sconti fino al 40% del valore residuo definito dai contratti di leasing. Quasi certamente cio’ portera’ ad una perdita dell’ordine di centinaia di milioni di dollari. Intanto sono crollate anche le vendite del nuovo, anche se qui la Freightliner non e’ sola: e’ la situazione tipica del mercato nordamericano dei veicoli industriali, forse il piu’ ciclico del mondo.
Quel che e’ trapelato finora delle decisioni dell’azienda (messa a bilancio delle perdite di cui sopra, snellimento del comitato manageriale) pare pochino a fronte di simili problemi. D’altra parte, il ritardo dell’annuncio fa pensare che venerdi, a Stoccarda, il dibattito sia stato particolarmente vivace, e che si preparino misure piu’ drastiche: forse qualche cessione (la partecipazione Mitsubishi in particolare sembra difficile da giustificare).
In ogni caso, I prosimi dodici mesi saranno critici: se il risanamento tardera’ a venire, sara’ probabile addirittura la deposizione di Schrempp, nel qual caso azzardo due favoriti: il CEO Chrysler Dieter Zetsche, oppure Juergen Hubbert, manager della divisione automobili Mercedes-Benz e Smart.
Zetsche vorrebbe probabilmente dire continuita’ nella strategia di Schrempp del “piu’ grande e’ meglio” ma piu’ sinergie, mentre Hubbert potrebbe significare un’inversione di marcia tipo quella fatta da BMW con Rover a suo tempo. Qualsiasi cosa accada, DaimlerChrysler va incontro a importanti cambiamenti a breve termine: per gli azionisti sara’ un periodo turbolento e delicato.
* Stefano Falconi e’ Director of Finance del Massachusetts Institute of Technology di Cambridge, Ma