Economia

Falchi all’attacco, in Eurozona si teme il ritorno della speculazione

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Roma – “Qui si parla troppo di Grecia e Bce, si rischia di fare danni, di ridare fiato alla speculazione”. L’allarme è ormai condiviso da diverse cancellerie europee. Da Nord a Sud del Continente fanno paura le schermaglie “Made in Germany” sulla permanenza di Atene nell’euro e sulle regole di ingaggio della Bce nella guerra agli spread. Anche a Roma, tra Palazzo Chigi e Tesoro, monta la “preoccupazione” sulla possibilità che i titoli di Stato italiani possano tornare a soffrire.

E il periodo critico è da qui al 6 settembre, giorno in cui si riunirà il direttivo dell’Eurotower. Per limitare i danni gli sherpa dei ministri delle finanze di Eurolandia sono impegnati in frenetiche consultazioni telefoniche. E non si esclude che il 30 agosto ci possa essere un Eurogruppo in conference call per permettere ai ministri di calmare le acque.

Anche i leader si parlano. Si cerca di ideare quello che il premier Monti nelle conversazioni riservate delle ultime ore definisce un cordone sanitario per “tutelare” Draghi dagli attacchi della Bundesbank e della politica tedesca, sempre più schiacciata su posizioni estreme in vista delle elezioni del 2013. Il presidente della Bce sta giocando una partita tutta interna al Consiglio dei governatori per mettere in piedi la diga più possente possibile contro speculatori e sfiducia nell’euro. Il primo passo lo ha fatto il due agosto, annunciando interventi “non convenzionali” sui mercati.

Ma ha dovuto cedere ai falchi su un punto: subordinare l’azione di Francoforte a una precedente richiesta di attivazione da parte dei governi in difficoltà del fondo salva-stati Ue (Efsf-Esm) nella sua versione anti-spread. Intervento a sua volta condizionato da una serie di impegni più o meno gravosi sul fronte dell’austerity e delle riforme. Ora si gioca la partita finale sulle regole che detteranno tempi e modi dell’intervento della Bce. Il redde rationem è appunto atteso per il 6 settembre.

Questione fondamentale, come dimostra il ministro delle Finanze spagnolo Luis de Guindos dicendo che prima di decidersi a chiedere l’intervento congiunto Ue-Bce Madrid vuole capire esattamente di cosa si tratta. Come dire, si può rischiare la capitolazione solo se il gioco vale la candela. Se i benefici saranno superiori ai sacrifici imposti, ai danni di immagine e alla parziale perdita di sovranità. Ecco perché per de Guindos la “Bce non può porre limiti né dire quanto comprerà e per quanto tempo”.

E lo scontro su un tetto agli spread è solo la punta dell’iceberg della battaglia che si sta combattendo a Francoforte. I punti sono questi: quanti soldi metterci? E per quanto tempo? L’idea a un limite – o meglio una forbice – ai tassi di rifinanziamento dei paesi assistiti serviva proprio a rispondere a queste domande e a tutelare Draghi dai continui attacchi dei falchi: una volta che il direttivo di Francoforte identifica intorno a che valore tenere gli spread, i rigoristi non possono ripetere lo stillicidio di critiche sui troppi denari spesi in acquisto di titoli di Stato dei paesi assistiti che ha tormentato l’offensiva del 2011 che poi a febbraio Draghi ha dovuto sospendere.

Si combatte poi su quanto imbrigliare i governi in modo che non ripetano lo scherzetto di Berlusconi, che lo scorso anno ha approfittato dell’intervento europeo per tirare il freno sulle riforme vanificando l’offensiva dell’Eurotower. E poi, se la Bce interverrà sul mercato secondario comprando titoli a breve scadenza è ancora tutto da scrivere il ruolo dell’Efsf-Esm: agirà sul primario (ovvero direttamente alle aste) o sul secondario? Decisione ricca di ricadute politiche ed economiche (nel primo caso servono meno soldi per abbassare lo spread, ma si rischia di dare l’impressione che il Paese assistito sia tagliato fuori dai mercati con enormi danni di credibilità). Ancora, come evitare che l’intervento della Bce faccia scappare gli investitori privati rimasti già scottati dal taglio dei debiti greci che ha colpito loro e non i titoli in pancia all’Eurotower?

Sono questi alcuni dei temi sui quali si combatte l’intricata battaglia tra rigoristi e all’interno della Bce, delle stesse banche centrali nazionali e dei governi. Una partita che molte Cancellerie osservano con timore. Si spera che alla fine Draghi riesca a mettere in piedi un sistema tanto credibile da funzionare come deterrente e tranquillizzare i mercati. Se non sarà così la Spagna dovrà chiedere l’intervento dello scudo. Dopodiché, è il timore del governo italiano, la speculazione potrebbe attaccare i nostri titoli di Stato. A quel punto Monti potrà evitare di rivolgersi all’Europa solo ripetendo che Roma non mollerà giocando sulla sua credibilità personale e facendo marciare le riforme. Un ultimo bastione che nessuno in Europa sa dire se reggerà.

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