Il Patto di stabilità per la moneta unica, varato nel 1997 ad Amsterdam, sembra il Titanic. Affonda lentamente ma inerosabilmente. Dopo aver urtato enormi iceberg di nome Germania e Francia. Il «Patto-Titanic» scivola con la prua verso gli abissi e lui ci balla sopra. Canta e balla Giulio Tremonti, presidente di turno dell’Ecofin. Dopo dopo otto ore di trattativa nella notte di Bruxelles e un’altra giornata di discussioni e scontri. Esulta e confessa la verità: «La presidenza italiana ha centrato il 100% dell’obiettivo».
Ha ragione. Berlino e Parigi hanno preso la mira e lui ha premuto il bottone. Patto: colpito e affondato. La Germania e la Francia non avranno le «raccomandazioni» più stringenti, secondo le procedure condivise da tutti, per i loro deficit che stentano a rientrare nel famoso 3% rispetto al prodotto interno lordo. Le regole che dovrebbero applicarsi quando si è in presenza di «deficit eccessivi» sono state messe da canto. Con una bella parentesi.
Poco importa se è l’affermazione di due pesi e due misure. Poco importa se molti Paesi della zona euro si sono dati da fare e hanno rispettato la regola, in ossequio al Trattato di Maastricht. É il caso dei partner più piccoli dell’Unione che si sentono sbeffeggiati dal voto dell’Ecofin che ha ratificato la decisione presa dalla maratona dell’Eurogruppo. Austria, Finlandia, Spagna, Olanda, Belgio sono in rivolta.
La Commissione, rappresentata alla riunione da Romano Prodi e Pedro Solbes, minaccia anche un ricorso alla Corte di Giustizia. E la Banca centrale europea, guidata dal francese Jean-Claude Trichet, lancia l’allarme per i «gravi pericoli» che possono derivare dalla scelta dell’Ecofin. É la prima volta che il Consiglio dei governatori polemizza con espressioni forti nei confronti di un atto del Consiglio dei ministri. Addirittura, i governatori denunciano la caduta della «credibilità istituzionale».
Tra le righe, ma non troppo, la Bce assicura i cittadini europei sul controllo del tasso d’inflazione. Il colpo al Patto, inevitabilmente, è considerato come la premessa per politiche di allegra finanza.
É allegro e orgoglioso Tremonti. Quasi soddisfatto e per nulla incurante dei gravi pericoli. Il Consiglio Ecofin, dice, ha votato secondo le regole. E ha prevalso l’opinione che porta assolti, per ora, Germania e Francia. Non fa una piega. Ma è il belga Didier Reynders che rivela come sono andate le cose lì dentro. «Mi dispiace – afferma il ministro belga – che Germania e presidenza italiana abbiano organizzato una minoranza di blocco per impedire di restare sulla proposta della Commissione».
Infatti, l’Italia ha «sostenuto in maniera manifesta la posizione tedesca di non accettare una raccomandazione ufficiale». Il ministro accusa: «É una scelta ma ciò pone un problema di organizzazione dei lavori». Insomma: l’Italia avrebbe dovuto «cercare una maggioranza piuttosto che una minoranza di blocco».
Certo, Tremonti fa sapere: «L’Italia si è astenuta». Evidentemente, non c’era bisogno del suo voto ponderato per paralizzare la proposta di Solbes. Il quale definisce la decisione dell’Ecofin come «una decisione politica senza alcuna base legale». Nero su bianco, la Commissione scrive che l’Eurogruppo «non ha seguito nè lo spirito nè le regole del Trattato e del Patto di stabilità che era stato adottato all’unanimità da tutti gli Stati membri».
La Commissione, inoltre, si riserva il diritto di esaminare le conseguenze e di decidere «eventuali azioni». Già stamane l’esecutivo Prodi potrebbe assumere un’iniziativa. Forse anche il ricorso alla Corte del Lussemburgo.
La crisi che si apre è tra le più eclatanti nella storia europea. Quel voto, a maggioranza qualificata, cade in una fase molto critica della costruzione dell’Unione. In piena fase finale dell’allargamento e nei giorni cruciali del negoziato per la Costituzione. É una bomba politica che esplode in modo fragoroso e assordante.
Un primo ministro, lo spagnolo Aznar, minaccia serie ritorsioni nella Conferenza intergovernativa. Il ministro olandese, Gerrrit Zalm, dichiara che ormai «molti paesi non intenderanno più mettere il loro destino nelle mani dei grandi». Da Berlino, al contrario, il cancelliere Gerhard Schroeder dice che si è in presenza di una «saggia decisione».
E il presidente Tremonti che dice? Non azzarda commenti su Aznar: «Non posso commentare le dichiarazioni di un capo di governo». É tranquillo. Nulla di «drammatico», tutto è «fisiologico». La bordata della Bce? Anche qui «non si può commentare». Rischia di diventare afono. Tommaso Padoa Schioppa usa la parola «sfregio» per l’azione dell’Ecofin, anche se è presto per recitare il «de profundis».
Per il membro italiano del «board» della Bce siamo di fronte ad una delle «pagine più brutte scritte a Bruxelles». Tremonti muto. Ma ridiventa loquace quando si tratta di dare un’altra spallata alla Commissione. Sositiene: le regole per ora dicono che la Commissione propone e l’Ecofin delibera. Poi, con finezza imbevuta nel fiele dell’antieuropeismo, aggiunge: «Quando, e se, ci sarà il nuovo testo del Trattato, l’equilibrio dei poteri sarà diverso e sarà chiaro il ruolo più forte della Commissione». Appunto: quando e se…
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