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Europa: Nato, Opec del gas beffa per l’Italia

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L’Italia corre il serio rischio di veder vanificata la strategia che punta sul gas per diversificare l’approvvigionamento delle fonti energetiche e ridurre la dipendenza dal petrolio. Alcuni consiglieri della Nato segnalano infatti in un rapporto che doveva rimanere segreto che la Russia potrebbe cercare di costituire un cartello di produttori di gas esteso dall’Algeria all’Asia centrale per utilizzarlo come arma politica nelle trattative con l’Europa.
Considerato che proprio nelle scorse settimane sono stati conclusi gli accordi tra Eni e la russa Gazprom e tra Edison, Enel ed Hera e l’algerina Sonatrach, sembra proprio che l’allerta su una sorta di Opec del gas organizzata dalla Russia non sia la migliore delle notizie per un Paese privo di risorse energetiche come il nostro. Tali contratti infatti assicurano all’Italia oltre il 60 per cento del fabbisogno di gas per almeno trent’anni e questo, alla luce del documento della Nato, può significare che dall’eccessivo ricorso al petrolio si passa a una pericolosa dipendenza dal gas. Sembra un tipico caso di coperta troppo corta, che in più suona come una beffa, visto che l’accordo con Sonatrach, il maggior produttore di gas algerino, viene firmato proprio con l’obiettivo di ridurre il potere contrattuale della Russia e di Gazprom nei confronti dell’Italia. Per non dire della necessità di eliminare il rischio di improvvisi black-out energetici come quello dello scorso inverno.
Secondo le conclusioni del dossier, la Russia, che fornisce un quarto del gas all’Europa, sta cercando di riunire Algeria, Libia, Qatar, Paesi dell’Asia e forse l’Iran in un cartello che disporrebbe di un enorme potere sul mercato del gas. Questo rafforzerebbe la posizione di Mosca nei rapporti con l’Europa, in particolare con vicini come Ucraina e Georgia, che Mosca vuol dissuadere dall’avvicinarsi a organismi occidentali quali Nato e Unione europea.
Ma le cattive notizie per l’Italia non si limitano al pericolo costituito da un eventuale cartello di gestori di gasdotti provenienti dall’Est europeo. La presenza del Qatar nella lista dei possibili partner del gigante euro asiatico deve suonare come campanello d’allarme per i fautori dei rigassificatori come strumento di diversificazione dell’approvvigionamento di gas. Valga un esempio per tutti. Grazie a un accordo siglato con il governo del Qatar, il terminale Adriatic Lng di proprietà di Edison al largo di Porto Levante riceverà dal 2008 il gas naturale liquefatto (Gnl) del “Giant north field reservoir”, il più grande giacimento al mondo esclusivamente di gas con i suoi 25.500 miliardi di metri cubi di capienza.
La tecnologia del Gnl consente ai Paesi, che per motivi logistici non possono essere collegati agli utenti finali tramite i gasdotti, di esportare la materia prima che, altrimenti, rimarrebbe non sfruttabile. Attraverso navi cisterna, dunque, Edison riceverà dal Golfo Persico per venticinque anni 6,4 miliardi di metri cubi di gas all’anno e, se si pensa che la crisi energetica dello scorso inverno è dipesa da “soli” 4 miliardi di metri cubi, è facile comprendere l’importanza strategica in termini di sicurezza e competitività di un contratto del genere.
Ma ora il rapporto dell’Alleanza sembra mettere in discussione anche l’efficacia della scelta dei rigassificatori. Non rimane che attendere conferme ufficiali. Difatti sino ad ora il portavoce Nato non vuole commentare la questione perché riservata e una fonte dell’Alleanza afferma che il documento costituisce il punto di vista di esperti di diverse capitali, piuttosto che un’opinione condivisa ufficialmente dalla Nato, perché, dice, non sono indicati suggerimenti su come l’Alleanza dovrebbe reagire.