Economia

“Europa indebitata sta ripetendo i nostri errori”

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NEW YORK (WSI) – Rafael Correa lancia un appello all’Europa indebitata, perche’ non ripeta gli stessi errori commessi dall’America Latina, guidata da grande esperti in materia di debito, non perche’ piu’ intelligenti, ma perche’ “ne abbiamo subite di tutti i tipi”.

“Difendere gli interessi della finanza e dei grandi capitali ha fatto sprofondare la regione in una lunga e pesante crisi del debito. Oggi osserviamo con preoccupazione l’Europa prendere lo stesso cammino”, scrive il presidente ecuadoriano sulle pagine di Le Monde Diplomatique.

Negli Anni 70 il Sudamerica e’ entato in una fase di “indebitamento esterno intensivo”. Questo ha portato a politiche “irresponsabili” e squilibri accumulati per inseguire un modello di sviluppo adottato dopo la guerra. Ossia la “creazione di un’industria capace di produrre localmente beni importati ovvero una industrializzazione per sostituzione delle importazioni”.

Questo indebitamento intensivo e’ stato “promosso – e persino imposto – dagli organi finanziari internazionali“. Questa fase si e’ protratta fino al 1982, quando il Messico si dichiara nell’incapacita’ di rimborsare il debito.

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Tutta l’America Latina ha dovuto fare i conti con la sospensione del credito internazionale che ha coinciso con un “aumento brutale dei tassi di interesse sul debito”. I titoli contratti al 4% o al 6%, ma con tassi variabili, hanno improvvisamente raggiunto il 20%.

Correa a questo punto cita lo scrittore statunitense Mark Twain: “Un banchiere e’ qualcuno che vi presta un ombrello quando c’e’ il sole e che ve lo riprende non appena incomincia a piovere”.

All’inizio della crisi del debito, ricorda Correa, l’America Latina ha operato verso i creditori un trasferimento delle risorse netto di 195 milliardi di dollari.

L’Ecuador viene inoltre spesso citato come caso in cui il governo si è rifiutato di ripagare il “debito odioso”, ma spesso non si racconta tutta la storia fino in fondo. Come l’Argentina, Quito ha avuto il privilegio di poter contare su risorse naturali preziose come il petrolio e sopratutto sull’aiuto della potenza economica cinese, che ha garantito investimenti esterni anche nel periodo piu’ buio.

In seguito al default del 2008, sull’onda della crisi finanziaria scatenata con il crack di Lehman Brothers prodotta dalla riproduzione a catena degli strumenti derivati della “finanza tossica” e dei mutui subprime cartolarizzati, il presidente Rafael Correa ha cercato un modo per non dover restituire il debito in dollari americani (la moneta in circolazione al momento). Poteva pagare, ma non l’ha fatto. Il rapporo tra costi e ricavi non conveniva.

Correa, che non poteva utilizzare una politica monetaria per aggredire il debito e magari ridurlo, essendo questo espresso in dollari, ha dovuto cercare altri mezzi. Lo stato sudamericano ha iniziato a utilizzare il biglietto verde, che garantisce inoltre vantaggi a un paese esportatore di petrolio come Quito, dopo la crisi bancaria di dieci anni prima,

A praticamente sei anni di distanza il paese va meglio ma non naviga in acque tranquille. La qualita’ del credito secondo Moody’s, resta nell’area “quasi-junk”, ma l’outlook è positivo. C’e’ un fattore decisivo che ha permesso all’Ecuador di rimanere a galla. Dopo che le finanze hanno fatto crac, la nazione è stata tagliata fuori dal credito internazionale, ma non da quello cinese. Come sottolinea la stessa agenzia di rating Usa nel report di un anno fa e’ un elemento fondamentale per la rinascita del Pil.

La crescita media e’ del 4,2% negli ultimi cinque anni, ma e’ stata alimentata da investimenti, finanziari in parte dalle entrate petrolifere e dagli accordi di prestito bilaterali con la Cina. Prima o poi da Pechino arrivera’ il conto e bisognera’ vedere se Correa sara’ in grado di pagare.