Società

Europa a rischio, Irlanda verso il crack. E il Portogallo “potrebbe lasciare l’euro”

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*Luca Ciarrocca e’ il direttore e fondatore di Wall Street Italia

Nota: articolo pubblicato il 14 novembre 2010.

Le notizie si susseguono, in questa domenica di fuoco, per chi segue da vicino la geo-politica e la finanza globali. La news piu’ clamorosa e’ un’intervista del ministro degli Esteri del Portogallo Luis Amado al locale settimanale Expresso: Lisbona potrebbe essere costretta a far fronte “ad uno scenario di uscita dall’euro” – ha detto Amado – “per riguadagnare le condizioni di stabilita’ e fiducia dei mercati”. “Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti i gruppi politici e delle istituzioni, per fronteggiare la gravita’ della situazione”. (Link: Expresso e WSJ).

Nel frattempo la Commissione Europea avrebbe messo a punto un piano di salvataggio da 80 miliardi di euro, pari a 110 miliardi di dollari, volto a salvare l’Irlanda vicina al crack soprattutto per la pessima situazione del sistema bancario, come scrive il sito web del quotidiano britannico The Times. L’obiettivo e’ che la tensione si stemperi prima dell’apertura delle borse lunedi’ mattina ma non e’ certo cio’ possa avvenire. Fonti di Bruxelles fanno capire che “Dublino non ha richiesto gli aiuti”, utilizzando le stesse (ipocrite) parole usate come copertura lo scorso maggio, quando fu predisposto il piano di salvataggio per la Grecia.

Il problema dell’Irlanda e’ piu’ urgente e sara’ discusso martedi’ a Bruxelles dai ministri finanziari dell’Eurogruppo (per l’Italia Giulio Tremonti) e mercoledi’ dai ministri dell’intera Ue, la questione Portogallo verra’ affrontata in seguito (Madrid e Lisbona starebbero preparando richieste di aiuti per una settantina di miliardi di euro a testa). In ogni caso ambedue i casi dimostrano che sulla stabilita’ finanziaria dell’Europa e’ in atto una guerra “quasi nucleare”, con tutto quel che ne puo’ conseguire per l’euro.

Peccato che in Italia il 95% dei cittadini non sappia nulla di quanto sta accadendo, essendo la massa lobotomizzata e concentrata (si fa per dire) sulla caduta o resistenza di Silvio, le sue escort, il calcio, il Grande Fratello e anche la disfatta della Ferrari.

La questione dell’Irlanda e’ molto simile (fatte le debite proporzioni) a quella degli Stati Uniti o peggio ancora degli stati Usa colpiti dal 2007 da una recessione feroce (Nevada, California e Florida). Il boom immobiliare, insieme a un fervido settore hi-tech e a un comparto finanziario e bancario aggressivo e iper-speculativo hanno portato ad una crescita formidabile dell’economia in Irlanda tra il 1995 e il 2007, per cui il pil irlandese e’ lievitato circa +6% all’anno (quasi il doppio dei partner europei). Quando la bolla sul mercato immobiliare e’ poi scoppiata il credito bancario e l’elargizione di mutui si sono congelati, allora la frenata per Dublino e’ stata drammatica: il pil e’ calato -3% nel 2008 e -8% l’anno scorso. Il sogno irlandese si e’ trasformato in incubo e ora le banche locali hanno debiti “inesigibili” complessivi pari al 55% del pil.

Che sta per succedere? Intanto mentre i portoghesi pensano che sia meglio far da se’ e tornare al dinheiro, gli irlandesi sono infuriati con la Germania, l’unico paese forte in quest’Europa traballante; il cancelliere tedesco Angela Merkel ha provocato un pesantissimo sell-off dei titoli di stato sia dell’Irlanda sia degli altri PIIGS, cioe’ le nazioni periferiche dell’Ue (i PIIGS sono appunto Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) con lo spread vs bund e i prezzi dei CDS, i credit default swaps arrivati giovedi’ ai massimi assoluti dal lancio dell’euro 11 anni fa (lo stesso e’ accaduto per i Btp dell’Italia, ma qui da noi la Casta parla ovviamente d’altro….).

Tutto cio’ e’ accaduto quando la Merkel ha detto e poi fatto ribadire da un suo collaboratore che i possessori di bond (sempre per capirci: in Italia gli investitori privati e istituzionali che hanno in portafoglio Btp) dal 2013 dovrebbero assumersi anche loro gli oneri dei salvataggi di ciascuna nazione dell’Europa a rischio crack (leggere nota [a] a fondo pagina). Il che, nelle strategie della Germania, implica operazioni di ristrutturazione del debito per via dell’effettiva insolvenza, in altre parole tutti i tagli di titoli di stato in circolazione verranno “ristrutturati” e fatti confluire a tassi piu’ lunghi su poche emissioni future (immaginate che conseguenze questo scenario potra’ avere per banche, aziende e cittadini in Italia).

Tutto cio’ dimostra la gravita’ della crisi europea, con la Merkel unica voce in grado di raccontare LA VERITA’ e di pensare al futuro con pragmatismo mentre i paesi della vecchia guardia – pretenziosi, snob e in difficolta’ – annaspano (vero mr. Giulio Tremonti?).

Ma l’amara realta’ dei mercati finanziari (gran livellatori e perfino apportatori di sonore “punizioni” per i governi inefficienti) e’ che il salvataggio da €22 miliardi della Grecia effettuato lo scorso maggio sara’ poca cosa, perche’ salvare l’Irlanda costera’ 4 volte di piu’, cioe’ come minimo €80 miliardi e secondo alcune fonti fino a €100 miliardi. I capitali saranno messi a disposizione dallo European Financial Stability Facility (EFSF), il fondo di emergenza lanciato all’apice degli attacchi speculativi contro l’euro, con liquidita’ complessiva di €750 miliardi. Nessuno sa cosa accadra’ se pero’ le intenzioni espresse oggi dal ministro degli esteri del Portagallo Luis Amado facessero veramente breccia e diventassero realta’.

Hedge funds e banche aggressive lavorano in queste ore sul seguente scenario: se l’Irlanda accettera’ il maxi-salvataggio quadruplo per importo rispetto a quello greco, allora il prezzo dei bonds irlandesi salira’ e il rendimento o tasso scendera’ sotto l’8% e forse anche verso il 7%. Tuttavia e’ probabile che il bailout di Dublino provochi una sorta di effetto domino non voluto sui titoli di stato degli altri paesi periferici dell’Europa a cominciare ovviamente dal Portogallo (i cui CDS registravano venerdi’ il massimo livello di rischio tra i CDS europei). In poco tempo Lisbona dovrebbe chiedere a sua volta aiuto attingendo allo European Financial Stability Facility, e dopo il salvataggio del Portogallo toccherebbe a chi segue, cioe’ Spagna e purtroppo la nostra benemata Italia (e qui sarebbero guai perche’ cifre e dimensioni dello stock del debito italiano sono molto alti).

Prima pero’ scoppieranno tensioni finanziarie di ogni tipo, e poi politiche, sociali e perfino culturali che rischiano di minare la casa europea alle fondamenta, mettendo a repentaglio la moneta unica (aspettatevi volatilita’ sull’euro questa settimana).

L’altro elemento da considerare e’ che il pacchetto di salvataggio per Atene si e’ gia’ dimostrato altamente impopolare tra i contribuenti europei; in sostanza a cominciare dalla Germania la gran maggioranza dei cittadini d’Europa (oltre il 60%; ma anche in Italia la percentuale e’ la stessa) si chiede se valga davvero la pena fare tutti questi sforzi e sacrifici per salvare i PIIGS, il cui caos delle finanze pubbliche e’ responsabilita’ esclusiva delle singole classi politiche alla guida dei governi locali e non certo dei cittadini. Cio’ potrebbe davvero portare in Europa a turbolenze molto forti nel 2011 e 2012.

In ogni caso il tasso sui bond irlandesi, che era al 6% tre settimane fa, ha superato di slancio il 9% giovedi’ per poi calare all’8.14 venerdi’, il che significa comunque che i tassi d’interesse che il governo di Dublino dovra’ pagare sul suo debito sovrano sono aumentati drammaticamente, anche se fino a giugno 2011 il Tesoro irlandese gode di tassi bloccati e liquidita’ a sufficienza (cosi’ dicono le dichiarazioni ufficiali).

Ma peggio ancora il salvataggio da 80 miliardi di euro per evitare il collasso dell’Irlanda avra’ conseguenze dirette sulla popolazione, la fiducia complessiva, l’immagine esterna e la percezione che del paese ha la comunita’ finanziaria globale, come e’ gia’ accaduto per la Grecia (ricordate gli scioperi e dimostrazioni con milioni di persone in strada ad Atene?). Insomma il pacchetto di salvataggio per Dublino implichera’ il varo di un piano di austerita’ molto pesante, se non da “lacrime e sangue”. Proprio quello scenario che il Portogallo sembra non voler affrontare.

In Irlanda i dipendenti pubblici hanno gia’ subito un taglio degli stipendi tra il 5% e il 15% (quando tocchera’ anche all’Italia?) qualche ministro “irish” ha suggerito che perfino i pensionati non possono piu’ essere cosi’ sicuri della tenuta delle loro pensioni, mentre il feeling generale e’ che gli irlandesi cominciano ad averne gia’ abbastanza, prima ancora che il salvataggio prenda forma, del fatto che i banchieri della BCE di Francoforte oppure la Commissione Europea a Bruxelles dettino le condizioni di vita alla gente di Dublino.

Guardate che la sigla PIIGS di cui su Wall Street Italia parliamo da almeno 3 anni sfortunatamente e’ reale, non ce la siamo inventata noi e non e’ affatto denigratoria: e’ la brutale e neutra descrizione di cio’ – come dimostra Luis Amado – di cui si discute nei ministeri degli esteri delle capitali mondiali e per impostare strategie di investimento, in tutte le grandi banche globali da New York a Honk Kong, da Londra a Tokyo, da Shanghai a Sidney. Certo non sentirete mai parlare di PIIGS a Ballaro’, Annozero o Vieni via con me.

Passi la TV, che deve per forza essere populista e puntare a “manipolare” masse di 5-6 milioni di telespettatori, ma che la grande stampa italiana, i giornali dei “poteri forti” come il “Corriere della Sera”, “La Repubblica” e “Il Sole 24 Ore” (il giornale della Confindustria oggi supera se stesso per indecenza non avendo in prima pagina neanche un rigo sul quasi-crack dell’Irlanda) il fatto che quotidiani che potrebbero ma invece non parlano mai di PIIGS e dei rischi che l’Italia corre; ecco, cio’ e’ segno che l’autocensura deriva quasi certamente da complicita’ e collusione col potere politico/bancario.

Fatti ed eventi finanziari di cruciale importanza di cui non si puo’ o non si vuole discutere mentre esistono eccome (anzi sembrano il classico elefante in un negozio di cristalleria) e all’estero sono addirittura tema dominante e fonte di appassionato dibattito civico. Il tutto conferma il grado di inattendibilita’ e/o poca liberta’ dell’informazione in Italia.

Eppure nel famigerato gruppo dei PIIGS siamo gia’ arrivati alla G di Grecia e alla I di Irlanda (e forse adesso alla P di Portogallo) in termini di salvataggio dal collasso finanziario dei paesi cosiddetti “periferici”. Non ci si venga a dire che la I di Italia e’ esente, non c’e’, non va ricompresa, non e’ pervenuta perche’ l’Italia anzi e’ un paradiso in terra dove tutto va bene, la Penisola e’ sicura finanziariamente, immune da questi scenari che i faziosi politicizzati o male informati definiscono “catastrofisti” e da “terrorismo finanziario” (come ci scrivono con acredine i nostri lettori bancari o promotori finanziari piu’ aggressivi e falso-ottimisti).

Con il piu’ grande debito pubblico d’Europa e il terzo del mondo e’ obbligatorio considerare una exit anche per la I di Italia, non credete?

Nessuno ha il coraggio di pensare ad ipotesi come quella suggerita da Luis Amado a Lisbona, ma molti in determinati “inner circles” ci pensano. Senza contare altri due fattori: 1) nel 2011 il Tesoro italiano emettera’ Btp e Cct per importi totali maggiori rispetto ai bond emessi da tutti gli altri PIIGS messi insieme (Portogallo, Grecia, Irlanda e Spagna); 2) l’apogeo di caoticita’ derivante dalla politica a Roma non e’ stato ancora raggiunto, per cui da quel fronte ci si puo’ aspettare solo il peggio, nelle prossime settimane.

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[a] BERLINO, 12 novembre (Reuters) – Gli investitori privati che detengano in portafoglio titoli di Stato dei paesi euro devono partecipare a sottoscrivere i costi di un’eventuale crisi finanziaria a partire dal 2013, mentre fino ad allora hanno diritto a essere tutelati. Lo dice il vice-cancelliere tedesco Guido Westerwelle. Per il numero due di Angela Merkel è “imperativo” che i creditori privati condividano i costi di insolvenza una volta si chiuda – a metà 2013 – il meccanismo creato dall’Unione europea per la stabilità finanziaria della zona euro. “Non possono continuare a pagare i contribuenti: chi trae profitto da tali investimenti deve essere coinvolto nel sostenere le spese legate al rischio” spiega alla stampa.