EURO RECORD E JUNCKER PUNGE BERLUSCONI

di Redazione Wall Street Italia
17 Aprile 2008 17:45

Ancora un record oggi per l’ euro, salito fino a 1,5984 in una giornata in cui gli operatori non hanno fatto fatica a posizionarsi sulla valuta unica, in coincidenza con il messaggio contenuto nel bollettino mensile Bce, con alcune autorevoli dichiarazioni di membri della banca centrale e dell’ Eurogruppo, oltre che con dati congiunturali negativi dagli Stati Uniti. Il bollettino della banca di Francoforte ha ancora una volta messo l’ accento sull’ inflazione, dopo che già ieri era stato reso noto che la dinamica dei prezzi al consumo nell’ Eurozona era salita ai massimi da 16 anni.


Da parte sua il ministro delle finanze lussemburghese e presidente dell’ Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha difeso l’ operato della Bce, rispondendo in particolare a quanto detto ieri dal leader del Pdl, Silvio Berlusconi, il quale aveva sostenuto che la banca centrale non può occuparsi solo del contenimento dell’ inflazione. Per Juncker, invece, la Bce per statuto deve appunto occuparsi della stabilità dei prezzi e questa prerogativa non può essere messa in discussione. Oltre a questo Juncker ha sostenuto che il messaggio del recente G7 sui pericoli insiti nella volatilità dei cambi non è stato capito dal mercato.


Nel dibattito sui tassi è intervenuto inoltre ancora una volta Axel Weber, presidente della Bundesbank e membro del direttivo della centrale europea, notoriamente considerato un ‘falco’ per le sue posizioni intransigenti di politica monetaria. Weber ha accennato addirittura alla prospettiva di un rialzo dei tassi europei. Infine i dati congiunturali dagli Usa, in particolare l’ indice Fed di Philadelphia che ad aprile è andato peggio delle attese e che ha pesato di conseguenza sul dollaro, che pure in precedenza aveva accennato una timida ripresa delle quotazioni.


Tutto sembra così ‘congiurare’ a favore dell’ euro; la parola non è casuale, in quanto la corsa di Supereuro rappresenta una mina vagante per l’ economia di Eurolandia, che nei prossimi mesi dovrà fare i conti con una recessione americana probabilmente assai peggiore delle attese. L’ euro si avvia a questo punto a superare quota 1,6 dollari, il che significherebbe un raddoppio delle quotazioni rispetto al minimo toccato otto anni fa rispetto al biglietto verde. Forse un po’ troppo.


Al tempo stesso l’ intransigenza sui tassi della Bce non sembra giovare neppure al contenimento dell’ inflazione, che viaggia su ritmi sempre più alti in quanto scandita dai rialzi del petrolio e degli alimentari, due fattori sui quali la politica monetaria non può incidere. Anzi, il petrolio in particolare segna nuovi record – è successo anche oggi – ogniqualvolta la valuta unica europea sale, il che è in controtendenza con la linea antinflazionistica che si prefigge la Bce. Negli Usa, tanto per fare un esempio, dove pure negli ultimi mesi i tassi di riferimento sono scesi dal 5,25% all’ attuale 2,25%, l’ inflazione dà meno preoccupazione rispetto all’ Europa dove il tasso-base appare destinato a restare al 4,0% per chissà quanto tempo.