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EURO RE
IL DOLLARO VACILLA

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(WSI) – Dove può arrivare l’euro? Nel breve periodo almeno a quota 1,35 sul dollaro, è l’opinione prevalente di panel di professionisti e analisti. Anche per motivi stagionali perché, accanto alle cause più note e intuibili, esiste pure un effetto pre-natalizio che per tradizione gioca a favore della moneta unica, proprio nel periodo tra novembre e dicembre. La conferma arriva dai dati raccolti dallo stratega valutario della Barclays, David Woo: dal 2000, la rivalutazione media della moneta comunitaria rispetto a quella statunitense nei due mesi finali dell’anno è stata del 5 per cento. E ogniqualvolta la divisa di Eurolandia si è apprezzata in novembre, è seguito poi un ulteriore allungo anche in dicembre.

RALLY NATALIZIO. I motivi del rally di Natale, per la verità, finora restano abbastanza misteriosi. Difficile pensare a un processo pilotato dall’alto anche perché, se si esclude l’allarme lanciato dalle autorità francesi (cui non è probabilmente estraneo l’avvio dell’aspra lotta per l’Eliseo), non si respira per ora aria di grande preoccupazione per il rafforzamento dell’euro. È la conferma indiretta che le grandi corporation del Vecchio Continente hanno ormai cambiato pelle all’insegna della globalizzazione e possono convivere, grazie a un’organizzazione produttiva su scala planetaria, con le fluttuazioni del cambio. È finita, insomma, l’epoca dello sviluppo export oriented.

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La Confindustria tedesca ha addirittura individuato fra 1,40 e 1,50 la «soglia» di dolore che l’euro non deve oltrepassare. Un’analisi in linea con l’atteggiamento di benevolo distacco seguito dalla Banca centrale. Nei colloqui informali, i membri dell’Istituto di Francoforte da mesi diffondono una sensazione precisa: il calo del dollaro in risposta allo sbilanciamento delle partite correnti Usa (prossimo al 7% del Pil) è pressoché inevitabile. Si può accompagnare, con prudenza, il trend. Ma sarebbe fatica inutile tentare di remare contro la corrente.

IL BIGLIETTO VERDE VACILLA… Da dove viene la forza schiacciatutto dell’euro? «Da una serie di circostanze – spiega Bob McKee della Independent Strategy – Noi ci aspettiamo che la moneta comune tocchi 1,35 entro marzo 2007 e 1,45 fra un anno. L’economia statunitense è in rallentamento, mentre quella del Vecchio Continente si rivelerà ben più dinamica. Ci sarà pure un’ulteriore convergenza dei tassi d’interesse – prosegue – La Fed terrà ferma la leva monetaria, mentre la Bce stringerà le condizioni del credito di 75-100 punti base. Insomma, il gap, sia in termini di rendimenti che in termini di crescita, è destinato a ridursi o, forse, ad annullarsi nel 2007, facendo da trampolino all’euro».

Alex Patelis della Merrill Lynch pone invece l’accento sulla difficoltà di finanziare il famoso deficit commerciale Usa: «Il disavanzo americano è l’immagine riflessa dei surplus di altre aree geografiche – spiega – I Paesi creditori hanno un elevato tasso di risparmio per il quale occorre trovare uno sbocco. Investire in America ha consentito loro di mantenere un livello di produzione ben al di sopra della domanda interna. Senonché il quoziente di risparmio ha raggiunto traguardi record e, a questo punto, se ne può prevedere una leggera diminuzione». Il risultato? «Nel 2007 avremo una combinazione sfavorevole al dollaro: i risparmi si assottiglieranno e le alternative d’impiego si moltiplicheranno dato che i tassi d’interesse sono in aumento ovunque». Finanziare il deficit statunitense presenterà quindi delle difficoltà aggiuntive.

… MA NON CI SARÀ CROLLO. Il destino del dollaro, secondo alcuni esperti, è appeso a un filo. La rottura della resistenza a 1,30 sarebbe l’avvisaglia di un lungo declino strutturale. La prima scintilla di una crisi che dovrebbe spingere il cambio a 1,40 o oltre. La pensano così ad esempio Karel De Bie della Fortis, Paul Mackel della Hsbc e, come si diceva, Bob McKee della Independent Strategy. Al contrario, un gruppo altrettanto numeroso crede nella riscossa nella seconda parte dell’anno. La vedono così Roberto Mialich di Unicredit-Hvb, Stephen Jen di Morgan Stanley e Robert Sinche di Bank of America. Essi scommettono su una ripresa della locomotiva a stelle e strisce dalla primavera prossima.

Per Robert Sinche, «nel breve termine l’accelerazione dell’economia del Vecchio Continente è netta, mentre la congiuntura d’Oltreoceano decelera. Così mentre la Federal Reserve resterà in seconda linea, la Bce metterà mano alla leva dei tassi d’interesse già a dicembre. Ma i rapporti di forza muteranno con l’arrivo del caldo. Il ciclo europeo, di solito, si muove con un certo ritardo rispetto a quello Usa e quindi dovrebbe segnare il passo. Perciò dopo la primavera Jean-Claude Trichet si fermerà, dando una boccata d’ossigeno al dollaro». Insomma, entro marzo l’euro rischia di toccare 1,35, poi si vedrà.

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