(WSI)- Sono due gli spunti più importanti che hanno lasciato traccia sull’ultima giornata di settimana scorsa.
Cominciando da ciò che il mercato si aspettava, uno dei dati maggiormente seguiti dal mercato, la rilevazione dei Non-farm payrolls (la variazione degli impiegati nei settori non agricoli, tipicamente i più volatili) è risultata migliore della precedente con un dato molto vicino a quelle che erano le previsioni del mercato: sono stati creati posti per 192 migliaia di unità rispetto a 196mila attese.
Il miglioramento del mercato del lavoro è stato apprezzato anche osservando il tasso di disoccupazione, in calo di 0,1 punti percentuali andando ad invertire la tendenza negativa incominciata qualche mese fa, risultando il miglior dato da aprile 2009. Nonostante questa ventata di ottimismo, gli analisiti non sembrano accontentarsi di un payrolls che non riesca a raggiungere la creazione di almeno 250 mila nuovi posti di lavoro, secondo molti quindi allo stato attuale una rilevazione non in grado di variare le visioni della Federal Reserve.
Dalle recenti riuioni è emerso infatti che il mercato nel lungo periodo rimarrà bisognoso di stimoli, per di più con una politica monetaria accomodante (le ultime stime indicano tassi fermi allo stato attuale per tutto l’anno in corso). Non sono quindi giunti maggiori elementi che stabiliscano con certezza se effettivamente il piano di riacquisto di assets de parte della Fed potrà fermarsi a giungo, come in precedenza annunciato.
Questa potrebbe essere una chiave di lettura per comprendere come mai, nonostante un dato tuttosommato positivo, il dollaro non sia riuscito ad invertire la tendenza mostrata dalla moneta unica nelle ultime settimane. In realtà crediamo che questo sia maggiormente dovuto al secondo spunto di riflessione, cui facevamo riferimento all’inizio di questa pagina.
Il prezzo del petrolio, alimentato dai fattori geopolitici che ben conosciamo, continua la propria corsa, andando a complicare la ripresa macroeconomica in tutte le nazioni importatrici nette di greggio, alimentando quindi l’incertezza sul mercato. Recenti studi della Fed quantificano un rialzo di 10$ del WTI in un taglio della crescita economica dello 0.2%: non dovrebbe quindi stupire la preoccupazione delle varie nazioni, ultimamente concentrata maggiormente sull’inflazione per la verità, dato che solamente nelle ultime tre settimane il prezzo del greggio è salito di più di 20$.
EurUsd-USOil – grafico 240 minuti
Per la precisione siamo giunti a livelli di fine settembre 2008, scorgendo con difficoltà, sempre ossevando il WTI, quali potrebbero essere i livelli in grado di arrestate questa salita. Ciò che lascia più da pensare, a chi mastica di analisi tecnica, è il superamento con questa ultima ondata rialzista dell’ultimo livello di ritracciamento percentuale (stabilito tramite i numeri di Fibonacci). Siamo infatti andati oltre il 61.8%, 103.80 $/barile, del movimento in discesa da 147 a 32 completato nella seconda parte del 2008. Lo spazio in salita ora, almeno in teoria, potrebbe essere ancora molto.
Prima di passare ad uno sguardo più nel dettaglio alle valute, notiamo come la settimana entrante appare più tranquilla dal punto di vista dell’agenda macroeconomica, con nessun dato importante proveniente dagli States prima di giovedì e il maggior interesse indirizzato a mercoledì e giovedì ripettivamente per chi fosse legato alle sorti del dollaro neozelandese e della sterlina con le due riunioni delle banche centrali.
Un grafico delle ultime giornate dell’eurodollaro renderà molto evidente la relazione che sta intercorrendo fra il rialzo del greggio e le ripresa del cambio. Sovrapponendoli poi sul medesimo piano di lavoro sarà molto interessante vedere come i massimi di uno corrispondano ai massimi dell’altro. Detto questo il livello ovviamente più interessante per la moneta unica è ovviamente dato da 1.40 figura che, oltre a risultare un livello altamente psicologico ha, più di una volta, nelle ultime ore arrestato la salita.
Dato l’aumento delle posizioni a favore di un’inversione (quindi favorevoli al dollaro) crediamo che oltre questo baluardo si possano trovare molti stop delle posizioni corte ed innescare un movimento di breakout ancora maggiore di quello sino ad ora visto. I primi obiettivi potrebbero trovarsi prossimi a 1.4080, dove lo scorso ottobre possiamo trovare la coincidenza di qualche massimo. Il movimento in salita della moneta unica, riconoscibile da inizio gennaio tramite un grafico giornaliero, indica in 1.3750-1.38 il supporto sino al quale i prezzi potrebbero giungere senza compromettere la salita in atto.
Passiamo a dare uno sguardo al cambio UsdJpy che, sebbene negli ultimi mesi non stia facendo assolutamente nulla (rispetto agli altri cambi), indica un livello interessante per le prossime ore. Stiamo parlando di 82.20 come livello di supporto, indicato da una concidenza di fattori confermati la settimana scorsa durante il movimento particolarmente laterale, già raggiunto dai prezzi nella notte. Se il cambio dovesse rompere questo livello, possiamo ipotizzare il raggiungimento di 81.60 in breve tempo.
Vediamo ora il cambio EurJpy, riuscito a giungere venerdì sul massimo da maggio dell’anno scorso, oltre il livello di resistenza di 115.65. Con buona precisione dovremmo riuscire ad identificare, così come 115.65-116 è la resitenza, 114-114.20 come prossimo livello di suppporto se la flessione vista successivamente al raggiungimento del massimo dovesse continuare.
Il cable venerdì ha mostrato di non avere sufficiente stimolo per stazione vicino al massimo raggiunto un paio di giorni prima nei pressi di 1.6345. Nel brevissimo stiamo curando da vicino il supporto dinamico di 1.6240 poiché potrebbe rappresentare il lato inferiore di una figura a triangolo che con la rottura di 1.6280, potrebbe ridare un po’ di spunto al cambio e mostrarci nuovamente i massimi degli ultimi 14 mesi di scambi.
Terminimo con un aggiornamento sul franco svizzero che è tornato nelle ultime ore a mostrare la propria forza. Il cambio UsdChf si trova ancora pericolosamente vicino alla parte bassa del trading range mantenuto nelle ultime due settimane, non essendo risucito nemmeno venerdì mattina ad oltrepassare 0.9320. C’è sempre il rischio che 0.9205 non rimanga il minimo storico del cambio a lungo, a meno di un ritorno sopra il livello di resistenza appena visto.
Il cambio EurChf, successivamente al perfetto doppio massimo a 1.3025, ha lasciato sul terreno una figura esatta. Il più importante livello di supporto si trova, nel breve, a 1.29 per cui crediamo che presto scopriremo se l’inversione vista da venerdì sarà qualcosa di duraturo o solamente un alleggerimento di posizioni a favore di franchi precedentemente al week end.
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