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Euro: le sorti si decidono in settimana

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Legnano – La settimana passata si è rivelata importante per diversi fattori. Fra tutti possiamo certamente scegliere la riunione della Fed che, oltre a mantenere i tassi immobili, ha ufficialmente sancito la fine del piano di Quantitative Easing 2 e, non meno importante, la fiducia conferita dal parlamento al governo greco di Papandreou (seppur abbiamo già avuto modo di vedere non così schiacciante). Ognuno di questi due elementi ha posto la basi per un rafforzamento della propria valuta di casa, anche se in effetti mancano ancora delle certezze.

Se dal lato americano possiamo parlare di ulteriori dati importanti, nella settimana appena incominciata, per la difficile situazione greca possiamo invece attenderci una buona dose di certezze. Questo perché la scadenza imposta da Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea, per l’approvazione del piano di Austerity da 28 miliardi di euro in cinque anni, è stata fissata per giovedì 30 giugno, qualche giorno prima dell’incontro dei ministri delle finanze dell’area euro fissato per il 3 luglio.

Diciamo quindi che entro una settimana potremmo scoprire se effettivamente la Grecia sarà il primo paese dell’area euro a fallire, innescando così un movimento di vendite sul mercato (euro in particolare data l’esposizione di banche francesi e tedesche) tali da ricordarci i giorni di ottobre 2008, oppure la situazione andrà normalizzandosi consentendo alla moneta di casa di riportarsi su livelli di qualche settimana fa.

Il mercato non è fatto solo di euro e dollaro. È grande infatti anche la preoccupazione rivolta alla sterlina dato che, dopo 14 mesi di tassi storicamente molto bassi, gli analisti si stanno sempre più orientando per un aumento del piano di QE della Bank of England. Un misto di dati economici particolarmente deludenti e segnali sempre più per una politica espansiva provenienti dallo stesso board della BOE hanno portato ad una rinnovata incertezza e ad una vendita generalizzata della moneta di casa.

Vediamo ora cosa possiamo attendere dall’agenda marco, dagli States a non: avremo le spese ed i guadagni personali americani oltre all’indice della fiducia dei consumatori e dell’Università del Michigan e all’indice ISM manifatturiero. Avremo poi una buona dose di dati tedeschi, come l’indice dei prezzi al consumo, il tasso di disoccupazione e per concludere la rilevazione finale del GDP inglese.

Come abbiamo detto sopra è molto pesante il fardello che si deve portare sulle spalle la moneta unica: questo è certamente il motivo per cui il cambio eurodollaro si trova molto vicino all’area di minimo di un paio di settimane fa, 1.4075: questo è l’ultimo baluardo che separa il cambio dall’importante supporto di lungo che si trova prossimo a 1.40 e che chiarirà l’effettiva direzione assunta dai prezzi.

Sino a che questo dovesse tenere non sono previste grandi novità. Un primo segnale verso il basso potremmo averlo quest’oggi, dato che ci troviamo per la prima volta da tempo, con i prezzi al di sotto della media mobile di lungo periodo (livello dinamico al di sotto del quale non abbiamo mai avuto una chiara chiusura giornaliera da settimane). Basterebbe poi una nuova ventata di negatività sul mercato per condurre i prezzi su livelli abbandonati all’inizio dell’anno.

Il cambio UsdJpy ha beneficiato del movimento favorevole al dollaro solamente in lieve misura. Abbiamo infatti visto i prezzi giungere oltre i livelli di resistenza statica di 80.60 senza però assistere ad un’esplosione di volatilità che consentisse di andare oltre il massimo precedente di settimana scorsa a 80.80. Come abbiamo potuto verificare qualche giorno fa, crediamo che l’area di resistenza e congestione che si trova poco al di sopra di 81 figura potrebbe risultare il più importante livello di attenzione.

L’abbiamo visto con chiarezza venerdì mattina, come il mancato superamento di 115, parlando si EurJpy, abbia successivamente spinto nuovamente a ribasso i prezzi verso la direzione del livello di supporto più interessante sia di breve che di lungo. Parliamo ovviamente di 113.50 che, data la frequenza di tentativi di rottura recenti, con un occhio anche al lungo periodo, si candida a ruolo di maggior supporto. Su questo incombe una tendenza negativa molto evidente, osservabile tracciando la trendline che dai primi giorni di giugno ha portato ad un costante calo dei prezzi e che coincide per le prossime ore con il livelli di resistenza fondamentale.

Il percorso di calo della sterlina ha condotto il cable alla più importante area di supporto degli ultimi mesi. Crediamo che le prossime ore possano finalmente chiarire se 1.5950, ancora una volta a distanza di sei mesi, potrà risultare come livello di ripresa della moneta di Sua Maestà. Un primo segnale di conferma di questo si avrebbe al di sopra di 1.6065, area di doppio minimo prima della definitiva rottura sul finire di settimana scorsa.

L’incertezza su euro e sterlina ha permesso al cambio in questione di muoversi all’interno di un range ben definito. Parliamo di 0.8850, confermato da una grande serie di minimi precedenti e di 0.8950, confermato come resistenza dalla coincidenza di un massimo precedente e dalla linea di tendenza negativa osservabile sui prezzi da inizio maggio.

Si fa sempre più profondo il calo della sterlina nei confronti dello yen. È stato addirittura rotto il livello di supporto suggerito come ultimo baluardo dalla teoria dei ritracciamenti di Fibonacci, 129 ed a questo punto il calo potrebbe risultare ancora più rapido.

Parlavamo di dollaro australiano, la settimana scorsa: se andiamo ad osservare un grafico giornaliero possiamo notare la rottura, peraltro avvenuta nella notte, del più importante livello di supporto di lungo periodo, 1.0450. Questo ovviamente, con delle conferme per le prossime ore, potrebbe essere il primo passo per l’interruzione di quel movimento positivo di lungo periodo che da un anno fa esatto sostiene i prezzi. A 1.03 transita la linea di tendenza del trend annuale.

Non c’è freno al rafforzamento del franco, contro la moneta unica. Abbiamo infatti avuto un nuovo minimo storico nella notte, a 1.1805, e nessun segnale d’inversione. Per le ragioni viste sopra crediamo che la pressione possa durare ancora per una settimana circa. In termini di livelli stiamo ancora aspettando un ritorno al di sopra di 1.2150 per dichiarare definitivamente conclusa la profonda tendenza ribassista.

Il dollaro invece se la cava lievemente meglio, non essendo andato ancora al di sotto del minimo di riferimento a 0.8325. Anche in questo caso però non possiamo che realizzare come ci si trovi in una tendenza negativa e di come questa insisterà oltre sino ad una definitiva rottura di 0.8550.

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