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Eur/usd: cosa accadrà dopo il downgrade di S&P

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Legnano – Pensavamo di poter incominciare questa nuova settimana con un tono lievemente, positivo, con un minimo di speranza portata dai dati migliori delle attese visti venerdì. Invece, ancora una volta, siamo a commentare una nuova ondata di incertezza che si abbatte sul mercato, e questa volta sembra addirittura che la situazione possa essere più delicata, con un potenziale impatto devastante sul mercato! Ma andiamo con ordine.

Venerdì pomeriggio, i consueti dati sull’occupazione degli Stati Uniti, la rilevazione dei Non Farm Payrolls ha evidenziato nel mese di luglio la creazione di 117 mila posti di lavoro, segnalando un balzo interessante dai precedenti 46 mila (rivisto in salita da 18 mila). Il dato è migliore delle attese degli analisti che indicavano 85 mila nuovi posti di lavoro. Questo ha consentito al tasso di disoccupazione di calare, per la prima volta da mesi, assestandosi al 9.1% dal 9.2%. Anche in questo caso era attesa una rilevazione peggiore. Questi due dati, hanno aiutano ad allontanare, temporaneamente, lo spettro della recessione, interrompendo la serie di dati economici in peggioramento in ogni settore.

Quando però il mercato sembrava avere ripreso una minima tranquillità, hanno cominciato a rincorrersi notizie di nuovo poco confortanti. Queste verranno poi confermate nella notte fra venerdì e sabato: gli Stati Uniti perdono, per la prima volta nella loro storia, il rating di tripla A. Standard&Poors, fra le tre grandi agenzie di rating, quella rimasta più scettica nei confronti della recente manovra, ha di fatto portato sino a AA+ il rating americano, dopo un braccio di ferro con il Tesoro americano, che sino all’ultimo ha cercato di scongiurare questa decisione.

Nonostante sia solamente una, mentre Fitch e Moody’s sono ancora orientate per un cambiamento dell’outlook e rating invece stabile, in un mercato come quello che abbiamo appena visto la notizia potrebbe diventare una nuova scusa per vendite massicce di attività considerate rischiose (assets, titoli di stato di economie a rischio, valute ad alto rendimento) a favore dei consueti beni rifugio (oro, franco, yen ed infine dollari).

Come se non bastasse, a minare il già fragile equilibrio del mercato, a questo si aggiunge di nuovo la crisi del debito sovrano europeo, con un novità: per la prima volta la Banca Centrale Europea sembra aver dato una risposta davvero forte e congiunta ai mercati.

Vista anche la situazione americana, prima che i mercati europei aprissero, una riunione d’emergenza del consiglio della Bce ha stabilito che: “l’Istituto risponderà in modo deciso ai mercati, procedendo con il proprio piano di sicurezza”. Sembra quindi che si attiverà presto quel piano di acquisto di titoli di stato europei ipotizzato durante la conferenza del presidente Trichet giovedì e, seppur senza conferme, sembra che tra questi vi siano anche Titoli italiani e spagnoli, dopo il via libera di Francia e Germania, che hanno giudicato favorevoli le misure prese di recente.

Sarà stato il timore di un’azione coordinata delle banche centrali per l’attenuazione della crisi del debito, ma le prime ore di apertura del mercato, soprattutto con le premesse viste sopra, hanno potuto solamente portare ad un calo dei listini asiatici (Nikkei a -2.10%), ad un balzo dell’oro (giunto sino a 1.703,00$ l’oncia) e poco altro, dato che i movimenti visti sul valutario, che ci interessa più da vicino, sembrano davvero limitati.

Osserviamo il grafico dell’eurodollaro, avendo potuto apprezzare da venerdì una ripresa davvero notevole, aiutata dai buoni dati americani. Questo ha permesso ancora una volta di vedere i prezzi al di sopra di 1.44, nuovamente però senza aver visto la capacità di consolidamento che sarebbe necessaria per aspettarsi un eurodollaro in direzione dei massimi visti ad inizio maggio.

Ciò che potrebbe portare ad una svolta è il livello di resistenza che si trova a 1.4430, dove coincidono quattro differenti massimi giornalieri dal 20 di luglio scorso. Vista la rapida salita da venerdì, 350 punti, non è agevole ritrovare un supporto al cambio. L’area che si trova fra 1.4280 e 1.43 forse è la più interessante.

Successivamente al balzo visto fra mercoledì e giovedì, il cambio UsdJpy è tornato nuovamente in una price action negativa. È mancato infatti il consolidamento al di sopra di 79.50, che però ancora una volta è stato confermato nella sua importanza. Giunti al di sotto di 78.10, l’ultimo livello di supporto suggerito dalle percentuali di ritracciamento di Fibonacci, il movimento del cambio potrebbe giungere al punto di partenza, al di sotto di 77 figura. Nel breve si è creato un livello di supporto, 77.90, che dovrebbe guidare i nostri spunti operativi per la giornata.

Il movimento del cable di questa notte ha, perfettamente, confermato quanto sia preciso il livello che abbiamo individuato da giorni come livello di resistenza. Poco al di sopra di 1.6460, massimo del cambio dai primi giorni di giugno, i prezzi hanno avuto un ulteriore battuta d’arresto andando, per l’ennesima volta, a confermarne l’importanza. Chi vorrà fare del trading su questo cambio dovrà necessariamente considerare questo livello (con buona facilità livello di breakout rialzista), mentre come livello di supporto possiamo trovare un’area di congestione che transita compresa fra 1.6260 e 1.6220.

Il franco svizzero, come abbiamo scritto prima, fatica ad abbandonare il proprio ruolo.Vediamo quindi la ricerca di nuovi massimi contro il dollaro e l’avvicinamento a quelli preesistenti contro euro.

Il cambio UsdChf ha già raggiunto un nuovo minimo nella notte, 0.7550, a cui i prezzi sembrano voler nuovamente ritornare. L’apertura dei listini europei e poi americani sarà fondamentale per conoscere il nuovo minimo del cambio. Quello che appare interessante è la resistenza dinamica fornita dalla media mobile esponenziale di lungo, osservando un grafico orario: per le prossime ore questa transita poco al di sopra di 0.77.

Un discorso molto simile può essere fatto per il cambio EurChf, dato che anche in questo caso siamo fedeli ad una media mobile, per attendere un segnale di cambiamento. In questo caso però ci affidiamo alla media di breve (21 esponenziale) su grafico con candele a 4 ore: così troviamo una resistenza a 1.0950, sapendo che il minimo storico precedentemente raggiunto a 1.0710, potrebbe non essere l’ultimo visto, osservando la tendenza ancora fortemente negativa.

Il rinnovarsi della crisi, amplificata da quanto visto sopra, ha condotto le valute ad alto rendimento, Australia e Nuova Zelanda in primis, ad un nuovo indebolimento. Il cambio AudUsd si è allontanato nuovamente dalla trendline positiva che traeva origine da giugno dell’anno passato. Il pullback a 1.0530, completato venerdì in chiusura di settimana, ha confermato l’inizio di un movimento ribassista che al di sotto del livello di supporto statico a 1.04, può trovare un obiettivo iniziale a 1.02. Le percentuali di ritracciamento di Fibonacci, indicano il primo livello di supporto al di sotto della parità: 0.9920 per la precisione.

Anche la tendenza di lungo del cambio NzdUsd sembra essere stata interrotta con forza a 0.8370. Il primo obiettivo in questo caso si trova a 0.8225, mentre il successivo è dato da 0.8140.

Manca mezza figura (50 pip) al cambio UsdCad per raggiungere il punto di partenza del calo messo a segno con grande costanza da giugno. L’obiettivo si trova quindi a 0.99 figura, mentre a supporto di questa idea troviamo la meda mobile di lungo, su grafico orario (0.97) ed un livello di supporto più nell’immediato, 0.9740, dato dalla coincidenza del minimo da venerdì con un massimo durante il percorso di salita.

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