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(WSI) –
Unicredit mai così male in Borsa negli ultimi anni. L’integrazione con Capitalia, le disavventure con i derivati (nel mirino della Consob e di Bankitalia), le azioni legali in Germania e la generale aria pesante per le banche (vedi articolo in mondo), costano al gruppo guidato da Alessandro Profumo 32,8 miliardi di capitalizzazione da metà maggio (giorno della prima ammissione dei negoziati Capitalia). Del resto, tra le italiane, è la banca più esposta (vedi i conduit eredità di Hvb) alle acrobazie finanziarie che hanno tagliato i bilanci dei big del credito. Tanto da proiettare Unicredit al vertice del rischio europeo, almeno stando ai credit default swap (cds).
Con la negativa seduta di ieri (-2,62%), Unicredit ha chiuso la peggiore settimana della sua recente storia borsistica, a pochi giorni dalla presentazione della trimestrale attesa martedì. Il consensus prevede utili netti a 945 milioni (verso gli 1,4 miliardi 2006 che includevano 450 milioni di investment income), e ricavi flat. I timori dell’impatto subprime «sospettiamo – scrive SocGen in un report di due giorni fa, che ha tagliato il target price a 7,3 euro – possano riguardare gli impegni sui Lbo». Risultato, il titolo ha perso il 9% in cinque sedute: era da inizio marzo 2003 che non subiva perdite tanto copiose (allora perse addirittura il 14,4%). Una débacle solo attenuata dal tonfo dell’intero mercato: al netto del calo settimanale dello S&P/Mib (-4,69%), Unicredit ha ceduto comunque più del 4 per cento.
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L’ombra del rischio ha cominciato ad aleggiare su Piazza Cordusio dall’estate, quando S&P parlava di «un incremento del business risk», e di «qualità degli asset strutturalmente più debole del competitor». E l’ombra si è concretizzata sul mercato del debito. O meglio, in quello dei derivati costruiti sul debito del gruppo. Considerate le 10 maggiori banche europee per capitalizzazione (Unicredit è quarta dietro Hsbc, Santander e Credit Suisse), i cds strutturati sul debito di Unicredit sono ormai i più cari in circolazione. Si tratta di un indicatore parziale dell’effettivo grado di rischio implicito nei titoli di debito. Parziale, perché il mercato dei cds è poco liquido e soggetto alla speculazione. Eppure, dà comunque l’idea di quanto, chi emette simili strumenti, in genere operatori assai qualificati, chiede per assumersi il rischio implicito nel debito.
In sostanza, quanto maggiore è la probabilità di insolvenza, tanto più alte saranno le somme richieste per lo swap. La sorpresa è rilevare che in Europa i cds di Unicredit sono più cari di quelli, per esempio, di Deutsche Bank e Hsbc, banche con esposizioni (annunciate) ben maggiori di Unicredit al subprime. La curva del premio al rischio di Profumo si è impennata il 30 luglio (approvata la fusione con Capitalia), quando il cds quinquennale sul debito senior ha guadagnato in una seduta 17,2 punti base. Morale: se il 18 giugno si chiedeva un premio al rischio pari a 7 punti base (lo 0,07%), oggi si chiede 61,7 (lo 0,617%), quasi 9 volte tanto.
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