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(WSI) – Un solo uomo può risanare i
conti dell’Italia:il Grande Risanatore
per eccellenza, Enrico
Bondi. Siccome Silvio Berlusconi,
negli ultimi sgoccioli di una legislatura
disastrosa per le finanze pubbliche,
non può nominarlo ministro
del Tesoro, vogliamo proporlo
all’opposizione. Sappiamo che ci
sono fior di professori in lista d’attesa,
ma questa volta non ci vuole
un macroeconomista,né un fiscalista,
bensì un uomo che conosca i
luoghi dove la ricchezza si genera o
si distrugge.E chi meglio di Bondi?
Ha alle spalle una serie di success
stories, dal caso Ferruzzi a Montedison.
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Ma il suo capolavoro è Parmalat,
la sfida più difficile e quella
più densa di implicazioni non solo
economiche, ma sociali, politiche,
internazionali. Quest’uomo silenzioso,
schivo, asciutto nello spirito e
non solo nel corpo,ha il carisma di
chi lavora sodo e parla poco. Un
anti-italiano vero, per lui contano i
fatti non le chiacchiere. Serio, adamantino,
non ha mai contato sulle
amicizie influenti (che pure non gli
sono mancate). La meritocrazia
per lui è un modus vivendi. In un
paese costruito sulle cuginanze, sarebbe
una rivoluzione.
Ieri l’azienda
di Collecchio è tornata in Borsa
accolta a braccia aperte. Un boom
di scambi. Sono passate di mano
100 milioni di azioni in meno di
un’ora. La quotazione ha raggiunto
3,131 euro. Non solo. C’è una fila
di grandi gruppi italiani e mondiali
(Latticis, Nestlé, McDonald’s,
Granarolo) pronti a prendere in
mano quella che due anni fa sembrava
un caso disperato.Parmalat è
ancora appesantita da 11 miliardi
di debiti (Bondi ha chiesto la restituzione
di 13 miliardi alle banche
complici del dissesto), ma è una
realtà industriale che vale 5 miliardi,
tre volte più che nell’ultimo anno
di Calisto Tanzi.
Miracolo italiano. Noi parliamo
di miracolo.In realtà è frutto di
un lavoro sodo, serio, onesto.Forse
in Italia proprio questo è il miracolo.
Bondi non ha inforcato le forbici,
ma ha guardato innanzitutto alla
realtà produttiva. Non ha mandato
a casa un solo operaio. L’azienda
non ha smesso di produrre
latte nemmeno per un solo giorno.
Ha ottenuto la collaborazione dei
dipendenti (bon gré mal grè si dirà,
ma tutti hanno lavorato di buon
grado perché si fidavano di Bondi).
Ha messo le banche con le spalle
al muro. Nessuna vacca sacra né
a Roma né a Wall Street.Anche verso
i magistrati ha mostrato collaborazione
e autonomia. Non sono
state le toghe a guidare l’uscita dal
crac. Per tutti questi motivi, meriterebbe
una pensione dorata e una
commenda.Bondi ha detto che il 5
novembre (due giorni prima dell’assemblea
che dovrà eleggere il
nuovo cda) la sua missione sarà
terminata. Non ce ne voglia, ma è
presto per fare il Cincinnato,l’Italia
ha ancora bisogno di lui. E ci piacerebbe
se il prossimo governo lo
mandasse in via XX settembre come
ministro-commissario. Siamo
convinti che saprebbe dove mettere
le mani.
Certo, non starebbe ad
ascoltare il piagnisteo di ministri,
governatori, sindaci e sindacati.
Non per insensibilità, ma perché
quelle lacrime sono intrise di veleno,
lo stesso che ci ha fatto tornare
indietro di dieci anni, dissipando il
fieno che Carlo Azeglio Ciampi
aveva messo in cascina. I tecnici lo
chiamano «avanzo primario»
(cioè la differenza tra entrate e uscite
al netto degli interessi sul debito).
Era positivo per 3,8 punti di pil,
adesso è arrivato a zero. Se Prodi
vuol mostrare agli elettori perché
val la pena votare per lui, deve scegliere
non gli amici,ma i competenti.
Bondi non è di sinistra né prodiano?
Cosa importa, è un gatto che i
topi li acchiappa.Eccome.
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