ROMA – Eni sta pagando caro il legame che ha avuto con il regime di Gheddafi in Libia per ben 41 anni. Ad affermarlo è un articolo di Bloomberg, che sottolinea come il titolo risulti al momento quello con la valutazione più bassa ma anche con il rischio più alto, rispetto ai titoli di altri colossi petroliferi attivi nel contesto globale.
Basti pensare che i cds (credit default swaps) per assicurarsi contro il rischio di insolvenza dei debiti Eni sono saliti di ben il 28% dall’inizio delle violenze contro Gheddafi, iniziate lo scorso 16 febbraio; tanto che, tra le 10 compagnie petrolifere più grandi in Europa e negli Stati Uniti, il cds su Eni è an assoluto quello che ha il valore più alto, sempre secondo Bloomberg.
Questi i numeri: durante la settimana, i prezzi per assicurarsi contro il rischio default dei debiti a 5 anni della società energetica italiana hanno superato i 100 punti base, contro i 58 punti base di Shell, il colosso petrolifero leader in Europa.
Gli analisti di Bank of America-Merrill Lynch – riporta l’agenzia Usa – fanno notare poi come le riserve di cui dispone la societa’ guidata da Paolo Sacroni siano valutate a $8.20 al barile, ovvero al livello più basso in Europa, in termini di valore di impresa (ovvero sottraendo il cash dal capitale e dai debiti).
“E’ naturale che i mercati siano nervosi riguardo ad Eni” ha detto a Bloomberg Patrizio Pazzaglia, responsabile degli investimenti finanziari presso Bank Insinger de Beaufort, a Roma. “Fino a poco tempo fa, il Nord Africa non rappresentava una scelta rischiosa. Si parlava di stati moderati rispetto a paesi come l’Iran e l’Iraq, e una tale situazione non era prevedibile”.
A questo punto, è grande attesa sui piani di Scaroni, che saranno probabilmente rese pubbliche nel corso di una presentazione agli investitori internazionali sulla strategia annuale dell’azienda, che si svolgerà domani a Londra.