Il presidente russo, Vladimir Putin, invita il Governo ad assumere “misure adeguate” contro le compagnie petrolifere che non hanno rispettato gli accordi sulle licenze ambientali. Putin lancia la sua minaccia nel corso di un convegno a Sochi in cui è presente anche il ministro delle Risorse ambientali, Yuri Trutnev. Sono infatti ai ferri corti la Shell, il megagruppo petrolifero anglo olandese, e il Governo russo. Il ministero del petrolio di Mosca ordina alla Shell, come noto, di sospendere i piani di sviluppo del progetto Sakhalin 2 che dovrebbero portare alla costruzione entro il 2010 nella parte meridionale dell’isola di un nuovo porto petrolifero e due impianti di liquefazione del gas naturale con un investimento stimato al momento attorno ai 20 miliardi di dollari. Una volta realizzato, dagli impianti del consorzio della Shell partiranno oltre 800mila barili di greggio al giorno e 45 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto. Si tratta del maggior progetto petrolifero al mondo. Il ministero respinge lo studio di impatto ambientale presentato dalla Shell, chiedendo una revisione completa. Secondo gli esperti vi sarebbero però alla base della richiesta di sospensione dei lavori anche altri e ben più rilevanti motivi connessi alla natura stessa dei rapporti tra società petrolifere straniere e Stato russo.Va comunque rilevato che i problemi di natura ambientale del progetto sono rilevanti e il Governo russo non ha fatto che seguire la decisione già presa qualche settimana fa dalla Bers di sospendere, in attesa di chiarimenti sull’impatto ambientale, la sua quota di finanziamento del progetto. Tra i motivi che alimentano la tensione tra la Shell e Mosca a pesare di più è quello relativo alla natura degli accordi contrattuali. La Shell ottiene la concessione di ricerche e sfruttamento delle ingenti risorse dell’off-shore dell’isola con un contratto tipo Psa (Production sharing agreement) firmato all’inizio degli anni Novanta. I contratti Psa affidano alla società il compito e il diritto di sviluppare i progetti e il loro finanziamento. Solo una volta rimborsati i costi di sviluppo lo Stato ospite acquisisce il diritto a una quota della produzione o delle tasse. Queste forme contrattuali sono molto popolari fino a pochi anni fa, quando le condizioni economiche e finanziarie della Russia (e altri paesi quali il Venezuela e l’Algeria) sono a dir poco disastrose, ma sono ora abbandonate. Passano da 5 a 10 miliardi di dollari gli aumenti dei costi in corso d’opera del progetto Sakhalin e prevedibilmente saliranno ancora del 30 per cento prima del completamento. La possibilità di scaricare i costi avrebbe, secondo il Governo russo, incentivato Shell a operare incautamente. Una volta completato il progetto Mosca incasserebbe circa 300 milioni di dollari l’anno.
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