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EMOZIONI DI BORSA

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Si potrebbe pensare che la Borsa sia immune alla prevalenza del cuore: che almeno là l’immaginazione incontrollata non faccia aggio sul ragionamento basato sui dati. Ma ormai anche la finanza d’ogni giorno sembra in preda a pulsioni sentimentali elementari.

E’ accaduto coi ribassi delle borse europee a seguito dell’esecuzione dello sceicco Ahmed Yassin, capo di Hamas, da parte degli elicotteri militari israeliani; e con i ribassi ancora più consistenti dopo la rielezione a presidente di Taiwan, con un ristretto margine, di Chen Shui-bian, fautore dell’indipendenza dalla Cina.

L’uccisione del capo di Hamas, giudicata con puri parametri politici ed economici, non di etica o di umanità o di filosofia del diritto, doveva suggerire tutt’altro che timore. Facilitando l’attuazione del piano di Sharon di sgombero dei territori occupati, quel brutale atto militare allude certo a uno scenario tragico, ma anche alla possibilità di stabilire le condizioni per una pace nella sicurezza.

Le reazioni terroristiche a breve sono una variabile importante, e altrettanto dolorosa dell’omicidio individuale di tipo controterroristico, ma non decisiva: le Borse dovrebbero saper valutare la politica di guerra con più accortezza.

La rielezione di Chen Shui-bian è un fatto positivo per l’economia di Taiwan e, in particolare, per i businessmen e i finanzieri taiwanesi: con questa leadership, tutti sono più garantiti contro la pretesa della Cina di inghiottire, dopo Hong Kong, anche quest’isola ricca di imprese a tecnologia avanzata, insieme con i suoi forzieri colmi di dollari.

Prima o poi Taiwan farà parte di una confederazione cinese, ma il presidente rieletto è in posizione migliore per trattare questo possibile sviluppo che non un fautore della linea del cedimento verso Pechino. Certo, ciò dispiace ai cinesi ed è probabile che i loro sostenitori locali facciano una opposizione più dura. Ma il prezzo da pagare sarebbe stato molto maggiore in caso di sconfitta.

Le Borse sono un po’ pacifiste, vogliono evitare guai a breve, non desiderano pagare alcun prezzo per migliorare le prospettive. Dando ragione forse a Lenin, quando prevedeva che sarebbero stati i capitalisti a fabbricare la corda per impiccarsi.

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