*Riccardo Guglielmetti e’ il Chief Executive Officer di Wall Street Italia. Questo articolo e’ basato su un intervento dai nostri uffici di New York che e’ andato in onda nella maratona elettorale organizzata dalla trasmissione Porta a Porta su RAI 1.
(WSI) – In generale i mercati si sono mostrati indifferenti nell’anno successivo alle elezioni presidenziali USA: a seconda del periodo considerato, gli indici mostrano una variazione da –1,6% (dal 1833) a +3,1% (dal 1929). Se pero’ scomponiamo questo dato a seconda del partito di chi e’ stato eletto, gli scenari cambiano.
Infatti dal 1929 in poi, l’indice S&P500 e’ cresciuto di piu’ l’anno successivo all’elezione del candidato del partito democratico (+9%) rispetto al candidato del partito repubblicano, quando invece gli indici hanno perso in media il 3,4%. Una possibile spiegazione risiede nel fatto che ci sono state piu’ recessioni nei periodi di presidenza repubblicana (in media 2 recessioni su 3).
Indipendentemente da chi viene eletto, i mercati tendono ad avere una performance migliore nel terzo e quarto anno di presidenza. Sempre dal 1929 ad oggi, l’indice S&P e’ salito in media del 17,7% e del 9,4% nel terzo e quarto anno di presidenza democratica. Nel caso dei repubblicani, il mercato e’ salito dell’11,3% e del 4,7% rispettivamente. Cio’ dipende da molti fattori, fra i quali l’adozione da parte del presidente di politiche pro-crescita economica, al fine di facilitare la sua rielezione.
Un’analisi del comportamento degli indici dal dopoguerra alle ultime elezioni rivela che al mercato non piace quando un presidente in carica non viene rieletto. Nei casi in cui questo e’ avvenuto (nel 1976 con Gerald Ford, nel 1980 con Jimmy Carter e nel 1992 con George Bush padre), l’S&P500 e’ sceso in media di quasi il 5% l’anno successivo al cambio di presidenza. Al contrario, la rielezione del candidato in carica ha fatto aumentare l’indice del 7,5% nelle sei volte che si e’ verificato questo risultato.
Con il risultato delle elezioni di oggi quanto mai incerto, e’ utile analizzare quello che successe ai mercati quattro anni fa, quando per oltre un mese non si seppe chi sarebbe stato eletto presidente. I mercati hanno avuto una reazione negativa alla situazione di stallo in cui si erano venuti a trovare: dal 7 novembre, giorno delle elezioni, fino al 14 dicembre, il giorno successivo al ritiro di Al Gore, l’S&P500 perse il 6,4%, mentre il Nasdaq Composite oltre il 20%.
Nello stesso periodo, il dollaro perse oltre il 3% nei confronti dell’Euro (ma guadagno’ il 4,2% nei confronti dello Yen), ed il prezzo del petrolio passo’ da $32,86 per barile a $27,99 (un calo di quasi il 15%). Chi guadagnarono furono i Treasuries: l’obbligazione a 10 anni guadagno’ oltre il 5%. Ovviamente, non furono solo le elezioni ad influenzare l’andamento dei mercati: diverse societa’ annunciarono in quel periodo un forte calo nei loro utili e nelle aspettative future, mentre le vendite al dettaglio del mese di novembre ebbero un calo inaspettato dello 0,4%.
Rimane il fatto che l’impasse in cui si venne a trovare il paese non ebbe un influenza positiva sui mercati. Ed e’ molto probabile che un’altra situazione di stallo, caratterizzata da battaglie legali in piu’ stati, avrebbe conseguenze disastrose per l’andamento dei mercati finanziari, specialmente se teniamo conto del particolare periodo storico ed economico che stiamo vivendo.