Società

Elezioni anticipate? Le vogliamo tutti. Non i 349 parlamentari di primo pelo

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Paola Gargiulo, esperta di legislazione e temi istituzionali, collabora con Wall Street Italia.

La crisi è crisi, quella del governo Berlusconi, in caso di elezioni anticipate in primavera, rischiano di pagarla cara quelli della “castina”, corposo gruppo di parlamentari di prima nomina, il partito che non c’è. La posta in gioco, per loro, è il vitalizio che, da questa legislatura in poi, matura dopo 4 anni e mezzo cioè nel lontano ottobre 2012. E’ come dire ha da passà a nuttata.

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E’ finita la pacchia, i gloriosi e sfacciati anni in cui, per esempio Toni Negri, con ben 9 presenze a Montecitorio, poteva prendere la via di Parigi con pensione assicurata (3108 Euro dal ’93). I numeri sono numeri e con questi occorre fare i conti, il registro indica: 349 onorevoli di cui Pdl, 78 deputati e 37 senatori; Lega, 36 e 12; Pd 84 e 34; Idv, 12 e 7; e poi, per quanto riguarda la Camera, Udc 6 deputati, Gruppo Misto 9, Popolo e Territorio 14, Futuro e Libertà 8. Mentre, al Senato, Terzo Polo 4 senatori, Coesione Nazionale 3, Udc – Svp e Autonomie 5.

Oltre i conti della serva c’è la politica con un quadro particolarmente complicato, il rischio naturale di interruzione della legislatura si potrebbe impastare con l’altra grande “sciagura” del cambio in corso d’opera della legge elettorale. Questa l’ipotesi più crudele. Le altre combinazioni, per esempio cambio di maggioranza senza modifiche alla legge elettorale, oppure conclusione naturale del mandato (per grazia ricevuta) con una nuova legge elettorale varata in Parlamento, risulterebbero alla lunga pericolose per chi occupa, immeritatamente un seggio in Parlamento.

L’introduzione delle preferenze farebbe saltare il banco, l’eventuale ripristino del Mattarellum molto meno, comunque si ristabilirebbe quel rapporto civile e politico tra elettore ed eletto attualmente latitante. L’entità e lo spessore della posta in gioco è enorme. Ci perdoneranno i 349 onorevoli a rischio indennità ma si sta ragionando di cosè più grandi cercando di evitare quelle che Bobbio chiamava “le dure repliche della storia”: quando viene meno il fondamento, e il riconoscimento, della legge, uno Stato precipita verso la decadenza, si dissolve come stato e come comunità di cittadini. Noi siamo qui.