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Egitto, Mubarak: “se mi dimetto sarebbe il caos”. Cecchini sparano sulla folla, Onu lascia il paese

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In un’intervista all’emittente ABC il presidente Hosni Mubarak ha confidato la sua volonta’ di andarsene, che pero’ viene vinta dal senso del dovere. In caso di abbandono, come chiedono migliaia di egiziani stanchi di carovita, poverta’ e corruzione dei politici, infatti “si scatenerebbe il caos”.

“Mi dimetterei ma poi sarebbe il caos”, ha dichiarato il leader del Partito Nazionale Democratico a Christine Amanpour, aggiungendo che gli piacerebbe lasciare ora il suo incarico di presidente se potesse, ma in questo modo i Fratelli Musulmani prenderebbero il potere. L’82enne capo di stato, da 30 al potere, ha detto all’omologo americano Barack Obama che gli Stati Uniti “non capiscono la cultura egiziana e quello che accadrebbe se lui dovesse rassegnare le dimissioni”.

Mubarak ha detto di essere stufo, di “averne abbastanza di essere presidente” e che “non ha mai avuto intenzione di ricandidarsi”. Inoltre, sempre stando a quanto riferito all’emittente americana, a Mubarak non e’ mai venuto in mente che suo figlio Gamal lo succedesse al potere.

Per avere un’idea di quanto il paese e l’economia siano paralizzati, basti pensare che la banca centrale egiziana ha imposto un limite ai prelievi di $10.000 in tutte le filiali di tutti gli istituti del paese, per evitare che il sistema finanziario rimanga a secco.

Oggi e’ ricominciata la battaglia al Cairo, mentre ad Alessandria si e’ svolta “un’enorme manifestazione” come l’ha definita il Guardian. E il bilancio delle vittime e’ salito a 13 morti e 1.200 feriti negli ultimi due giorni. Le Nazioni Unite hanno lasciato il paese dopo che e’ morto uno straniero e i cecchini hanno iniziato a sparare sulla folla.

Ricapitolando quello che e’ successo in un’altra giornata di sangue per il popolo egiziano, i media hanno segnalato l’esplosione di diversi colpi d’arma da fuoco in piazza Tahrir e nell’area che conduce al ponte 6 ottobre. Secondo il racconto di diversi testimoni i sostenitori di Mubarak hanno presidiato alcuni dei principali varchi di accesso alla piazza per impedire ai manifestanti di congiungersi con chi è già nella piazza da questa notte.

Intanto alcuni cecchini hanno sparato sulla folla, provocando un morto e due feriti. Alcuni tiratori scelti hanno aperto il fuoco dal tetto dell’albergo Remsis su piazza Abdul Munim Riad, nel centro del Cairo. Lo ha riferito l’emittente Al Jazeera, che ha pubblicato un video degli ultimi scontri in piazza.

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Come se non bastasse l’esercito ha iniziato a trattenere i giornalisti che si trovano in piazza Tahrir, ufficialmente per preservare la loro incolumità, riferisce Associated Press.

Secondo Al Arabiya, tuttavia, i sostenitori di Mubarak avrebbero iniziato a setacciare gli alberghi in cerca dei giornalisti presenti al Cairo. Non si sa ancora per quali ragioni.

Finora arrestati otto giornalisti, di cui due reporter del New York Times. Le autorita’ egiziane stanno cercando di limitare la diffusione delle informazioni: una troupe della BBC segnala di aver subito la confisca di parte del proprio materiale per effettuare le riprese.

Nella mattinata i membri filogovernativi hanno tentato di entrare nella piazza dove si trovavano i manifestanti contro il governo, alcuni sono riusciti, ma per precauzione l’esercito ha alla fine deciso di intervenire per dividere le due parti. Secondo gli inviati al Cairo, le manifestazioni a favore di Mubarak sarebbero state organizzate dallo stesso governo e questo spiegherebbe la sostanziale mancanza di interventi da parte delle forze di sicurezza.

Le telecamere di Al Jazeera hanno ripreso altri scontri tra i manifestanti e i sostenitori di Mubarak. Lo schema è quasi sempre lo stesso: da una delle due parti iniziano le provocazioni con lanci di pietre e slogan, la tensione aumenta e scoppiano le violenze. L’esercito e le forze dell’ordine intervengono raramente per calmare gli animi.

Uno dei principali partiti di opposizione egiziani, il WAFD, dice di aver interrotto il dialogo con il governo in seguito alle nuove violenze in piazza Tahrir e accusa lo stesso governo di essere responsabile per gli scontri. Parlamento e borsa rimangono bloccati, almeno fino a lunedi’, e l’agenzia Fitch ha deciso di declassare il giudizio sul credito del paese a ‘BB’, precisando che lo tiene sotto osservazione per un possibile downgrade a rating Negativo.

Restando sempre sul fronte politico, che ne’ Hosni Mubarak, ne’ il figlio Gamal, l’erede designato, si candideranno alle prossime elezioni presidenziali era gia’ stato annunciato dal vicepresidente Omar Suleiman, il quale ha preannunciato anche il rilascio di tutti i prigionieri “non coinvolti in azioni criminali”.

In un video caricato su YouTube (VEDI SOTTO) vengono mostrati gli scontri tra i sostenitori di Mubarak e chi chiede le dimissioni del presidente. Al lancio di pietre seguono i tentativi di alcuni manifestanti di calmare gli animi, ma le violenze non si arrestano.

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Verso le 18 italiane, Omar Suleiman, il capo dei servizi segreti nominato vicepresidente e indicato come possibile successore di Mubarak, ha lanciato un appello ai manifestanti in diretta sulla tv di stato, dicendo che il paese e’ paralizzato e parlando di cospirazione: “L’esercito è là fuori per difendere il popolo e la nazione. Ora ha un nuovo mandato: proteggere i cittadini dai teppisti». Suleiman ha anche precisato che «i sostenitori di Mubarak sono scesi in piazza seguendo la loro volontà e non sono certo stati obbligati o pagati. La fase del dialogo deve portare a qualcosa entro una decina di giorni”.

Nell’intervista il vicepresidente ha confermato che alcuni emendamenti potranno modificare la Costituzione per rendere più democratiche le prossime elezioni presidenziali, che tra l’altro potrebbero tenersi in agosto, anziche’ in settembre, ma al contempo ha ricordato che le riforme della Carta potranno essere fatte solo dopo il voto.

Sulayman ha chiosato con questo appello: “Dico ai giovani, vi ringraziamo per quello che avete fatto, siete la scintilla che ha dato il via alle riforme. Il paese ha accettato le vostre richieste. Andate a casa, dateci la possibilità di lavorare, ora. Non date retta ai canali televisivi esteri e alle loro provocazioni”.

Il vicepresidente ha mostrato di avercela con la propaganda negativa che alcuni media stranieri stanno facendo sull’Egitto: “Alcuni paesi amici hanno canali televisivi – il riferimento e’ ad al Qatar e ad Al Jazeera – che non sono amichevoli con noi. Mi dispiace per questa ostilita’. Non dovrebbe essere cosi”. Suleiman ritiene inoltre che le violenze potrebbero essere state istigate da potenze “straniere (con propri obiettivi), dai Fratelli Musulmani, da certi partiti o uomini d’affari”.

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Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) –Gli scontri di mercoledì in piazza Tahrir, che si sono conclusi con oltre 1.500 feriti e un bilancio che è salito a dieci vittime, sono stati causati da picchiatori professionisti mandati tra la folla dal partito di Mubarak. E’ la denuncia che è emersa da più parti nella giornata in cui il Paese è giunto sull’orlo di una guerra civile – Mohammed ElBaradei, uno dei leader dell’opposizione, ha sostenuto che si trattasse di poliziotti – e che viene confermata dalle rivelazioni da una fonte locale interpellata dall’agenzia di stampa LaPresse al Cairo.

Intanto anche per la giornata di oggi si temono nuovi scontri tra le due fazioni in campo, quella dei sostenitori di Mubarak e quella degli oppositori al regime che chiedono un avvicendamento alla guida del Paese. Secondo Al Arabiya, i seguaci del presidente armati di «bastoni e coltelli», si stanno dirigendo verso piazza Tahrir, cuore della capitale e luogo simbolo di questi dieci giorni di protesta.

LA DIPLOMAZIA EUROPEA – In Italia, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha detto di essere stato contattato dal vicepresidente egiziano, Suleiman, e di avere ricevuto la richiesta di una mediazione italiana presso l’Europa affinché venga sostenuta una road map verso le riforme. Alcuni capi di Stato e di governo europei – Nicolas Sarkozy, Silvio Berlusconi, Angela Merkel, David Camerone Josè Luis Zapatero – hanno intanto diramato un comunicato congiunto invocando la fine delle violenze: «Assistiamo con estrema preoccupazione al deterioramento della situazione in Egitto. Il popolo egiziano deve poter esercitare il proprio diritto a manifestare pacificamente, e beneficiare della protezione delle forze di sicurezza. Le aggressioni contro i giornalisti sono inaccettabili».

LE OPPOSIZIONI: «NO AL GOVERNO» – Sul fronte politico egiziano, va invece registrata la nuova presa di posizione dei gruppi di opposizione. Mohamed ElBaradei e i Fratelli Musulmani hanno respinto l’offerta di dialogo avanzata dal neo-premier egiziano Ahmed Shafik, affermando che «prima deve andarsene Mubarak».

«Abbiamo rifiutato l’incontro – ha spiegato ElBaradei – per noi qualsiasi negoziato presuppone le dimissioni di Mubarak e anche il ripristino della sicurezza a piazza Tahrir». Mohammed al-Beltagi, membro dei Fratelli musulmani, ha fatto sapere che la sua organizzazione «rigetta qualunque risultato emerga dall’incontro». Hanno invece accettato di dialogare con il governo, secondo quanto riferito da Al Jazeera, i liberali del partito Wafd.

L’INGAGGIO DEI PICCHIATORI – Quanto alla questione dei picchiatori ingaggiati dal partito di governo, la fonte della LaPresse parla di un prezzo pagato agli improvvisati miliziani che oscillerebbe «tra i 40 e 100 dollari a seconda della zona». Il testimone cita un caso personale: «Mio cugino è stato fermato nella città di Mansoura, mentre era in macchina da due uomini che si sono identificati come membri del Ndp e gli hanno offerto una cifra equivalente a 40 dollari per andare a picchiare i manifestanti». «Me l’ha raccontato subito per telefono» aggiunge, spiegando che «per le strade del Cairo il prezzo è più alto».

Sempre la stessa fonte racconta che un uomo bloccato in piazza Tahrir nella capitale mentre picchiava manifestanti avrebbe chiesto: «Non fatemi niente, sono stato pagato, mi hanno dato 100 dollari per picchiare». Una versione, quella citata dall’agenzia, che fa il paio anche con il racconto di Davide Frattini, inviato del Corriere della Sera: «In mezzo a loro – si legge nell’articolo pubblicato oggi sul quotidiano – riappaiono (erano svaniti dopo il caos di venerdì) i giubbotti di pelle nera, gli occhiali da sole e gli sguardi che decidono da che parte stai. Agenti in borghese — o che almeno sembrano tali— dirigono la folla, danno indicazioni nei punti di accesso alla piazza».

«MUBARAK RESPONSABILE DI TUTTO» – Che ci sia stato oppure no un vero e proprio reclutamento di milizie di provocatori, il presidente egiziano, Hosni Mubarak, sarà ritenuto comunque «responsabile» di ogni altro «massacro» che avrà luogo in piazza, ha dichiarato ad Al Jazeera Hamdy Kandil, portavoce dell’Associazione Nazionale per il Cambiamento, il movimento guidato ElBaradei. L’ex capo dell’agenzia atomica internazionale continua intanto a spiegare al mondo, attraverso interviste ai principali media, le ragioni che inducono lui e molti altri a chiedere un cambio della guardia al vertice del Paese. Parlando con il britannico Guardian, ElBaradei chiede che la comunità internazionale ritiri sul proprio sostegno a Mubarak e a «un regime che uccide la sua gente». «Le violenze di ieri sono l’ennesima prova che il regime ha perso il senso comune», ha affermato ElBaradei -. Non abbiamo alcuna intenzione di avviare un dialogo con questo regime finché il principale responsabile di tutto ciò, Mubarak, non lascerà il paese. Deve andarsene. Ha ricevuto un voto di sfiducia da tutto il popolo egiziano, spero che abbia l’intelligenza di capire che per lui è meglio lasciare ora prima che il paese crolli, economicamente e socialmente».

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di Danila Clegg (ANSA)

IL CAIRO – La notte cala sulla piazza e i manifestanti sono sempre li’, inneggiano alla caduta del regime, non mollano. Anche dopo un giornata di violenze nella quale migliaia di sostenitori del rais Hosni Mubarak hanno affrontato i manifestanti anti-regime provocando tre morti, fra cui una recluta dell’esercito, e il ferimento di oltre 1.500 persone. Anche dopo l’ennesimo invito a lasciare piazza Tahrir, lanciato dal vicepresidente Omar Suleiman, condizione indispensabile – ha detto – per far partire la transizione politica.

Lontanissima l’atmosfera e le scene festose della piazza e del centro del Cairo quando, solo ieri, sono stati ‘invasi’ da due milioni di manifestanti. Sassaiole, seguite da un fitto lancio di bottiglie molotov, alcune piovute anche nel cortile del museo egizio, la cui delicata antichita’ non e’ fatta per resistere alla guerriglia urbana. I manifestanti pro Mubarak, che dalla mattina si sono portati attorno alla piazza, hanno anche tentato di caricare i manifestanti contro il rais con cavalli e perfino cammelli. L’esercito non si e’ schierato. In mattinata aveva fatto diffondere un messaggio sulle televisione di stato nel quale chiedeva ai manifestanti di ritornare alle proprie case e alla vita di tutti i giorni, perche’ le loro richieste erano state comprese e rimaneva il rischio per la sicurezza della citta’.

Ma i manifestanti, in piazza da sabato scorso, non hanno ascoltato l’invito e sono rimasti mentre le opposizioni si riunivano per fare il punto dopo il discorso di Hosni Mubarak e l’intervento, due ore dopo, del presidente Usa Barack Obama. In serata il vicepresidente Suleiman ha avvertito che il ”dialogo con le forze politiche dipende dalla fine delle proteste”.

Anche se il presidente egiziano ha detto che non si ripresenta’ alle prossime elezioni e che avviera’ la riforma costituzionale per mettere in gioco anche altri candidati, le opposizioni hanno ritenuto l’annuncio insufficiente per sedersi al tavolo del confronto ed hanno annunciato che l’intifada prosegue. Sempre in mattinata, prima che nella piazza si vedessero scene da guerra civile, erano venuti segnali di un timido ritorno alla normalita’ con la ripresa, anche, dei collegamenti a internet.

Il coprifuoco e’ stato ridotto di due ore ed e’ stata annunciata la riapertura delle banche a partire da domenica, consentendo alle gente di ritirare stipendi e contanti dopo giorni di casse chiuse. Segnali anche dalla politica quando il presidente dell’assemblea del popolo, Mohamed Fathi Sorour, ha annunciato che le sedute parlamentari sono sospese fino a quando non saranno valutati i ricorsi per irregolarita’ nelle ultime elezioni legislative a novembre. Ma che l’aria nella piazza cominciasse a cambiare lo si e’ capito non appena si sono presentati i manifestanti pro Mubarak, arrivando a confrontarsi fisicamente con gli anti rais prima in risse sporadiche e poi in veri e propri tumulti.

Fra i manifestanti della piazza girava gia’ da questa mattina la voce insistente che dietro i manifestanti per il rais ci fossero agenti in borghese e supporter ”prezzolati”, che stavano provocando la piazza per creare scontri. Circostanza smentita dal ministero dell’Interno, ma che introduce un nuovo elemento di preoccupazione insieme alle intimidazioni anche fisiche contro i giornalisti stranieri. La casa Bianca ha chiesto la fine immediata di ”ogni violenza istigata dal governo”, ed ha reso piu’ urgente la richiesta di avviare la transizione immediata, definendola, dopo le violenze di oggi, ”imperativa”. Ma in giornata era gia’ arrivato uno stop dal ministero degli Esteri egiziano, secondo il quale questi richiami dall’esterno servono solo ”ad infiammare la situazione interna”.

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Scoppiano le violenze nel nono giorno delle proteste contro il presidente egiziano Honsi Mubarak. Secondo il ministro della sanita’ sarebbero 611 i feriti negli scontri avvenuti a piazza Tahir. Secondo Al Jazeera ci sono anche vittime. Coinvolto anche un anchorman dell’emittente della Cnn, che sembra sia stato picchiato. Altre troupe straniere aggredite.

Intanto e’ partita una Molotov contro il museo egizio, dove si e’ verificato il principio di un incendio. L’accesso a Internet e’ stato ripristinato e il coprifuoco ridotto di due ore mentre l’attivita’ parlamentare e’ stata fermata in attesa che i tribunali si pronuncino sui ricorsi sui risultati delle elezioni legislative di novembre contestate dall’opposizione.

Europa e Usa si muovono e avvertono: “Transizione cominci subito”. Anch e l’Italia esprime preoccupazione per gli scontri e chiede riforme urgenti. El Baradei, premio Nobel leader dell’opposizione annuncia: “Spero che Mubarak lasci prima di venerdi’”. E accusa: “Gli scontri sono un atto criminale di un regime criminale”.

Alcuni sostenitori del presidente egiziano sono stati fermati dal comitato popolare di controllo al Cairo mentre, armati di bombe molotov, tentavano di arrivare a piazza Tahrir, centro delle proteste. Lo hanno riferito alcune fonti ad Al Arabya. La polizia ha sequestrato alcune tessere falsificate da agenti in borghese.

Il che conferma la versione di Peter Beaumont, inviato al Cairo dell’Observer, secondo cui buona parte dei sostenitori di Mubarak sarebbe in realta’ travestita da agenti di polizia in borghese. Beaumont dice di non aver dubbi in proposito e di averli gia’ visti nei giorni scorsi, anche in uniforme.

Da parte sua Nicholas Kristof del New York Times sostiene di aver visto i sostenitori di Mubarak scendere da alcuni autobus, erano armati di rasoi, coltelli e machete. L’esercito non sta intervenendo ancora ed El Baradei si e’ da poco rivolto ai vertici militari per chiedere un loro intervento per separare i manifestanti dai provocatori. Episodi di violenza simili si stanno verificando anche ad Alessandria.

Intanto Al Cairo le forze armate hanno ordinato agli egiziani di liberare le strade ma gli oppositore al regime di Mubarak non intendono andarsene fino a quando l’attuale presidente del paese non lascera’ il proprio incarico. Ieri, in un messaggio televisivo, l’82enne leader egiziano ha annunciato di restare in carica fino alla prossime elezioni di settembre.

Intanto i cittadini si dividono in due: e’ scontro tra chi e’ pro e chi e’ contro Mubarak. La borsa egiziana resta chiusa “fino a quando la calma non sara’ tornata nelle strade”, ha comunicato il ministro delle finanze egiziano Samir Radwan. Qualche sportello bancomat ha ripreso a funzionare mentre Radwan spera che gran parte delle banche tornino ad aprire i battendi entro domenica. Moody’s nel frattempo ha bocciato 5 istituti del paese lasciando aperta la porta a possibili altre bocciature.

Situazione tesa anche in Yemen. Si e’ arreso il presidente dello stato. Dopo le proteste di questi giorni Ali Abdullah Saleh ha annunciato che non si ricandidera’. Come Honsi Mubarak, anche Saleh era al governo da 30 anni: per domani era prevista una nuova grande manifestazione. E a proposito di manifestazioni domenica bisognera’ fare attenzione a quella di protesta contro il regime di Bashar al Assad indetta dai siriani.

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La gente scende nuovamente a manifestare al Cairo e nelle principali città del Paese ma i militari chiedono di riprendere la vita normale, assicurando che il messaggio di chi protesta è stato udito. L’opposizione annuncia: “Continueremo l’intifada fino alla partenza di Mubarak”. Accesso alla rete ripristinato, coprifuoco ridotto di due ore. Secondo la tv di stato, l’attività parlamentare è stata fermata in attesa che i tribunali si pronuncino sui ricorsi sui risultati delle elezioni legislative di novembre contestate dall’opposizione.

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“La transizione cominci ora”: non è stato un appello, è stato un ordine quello che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha dato oggi da Washington al presidente dell’Egitto, Hosni Mubarak. In un intervento attesissimo, e durato solo quattro minuti, Obama ha pesato con estrema cautela ogni singola parola della sua dichiarazione. Ma nei confronti di Mubarak è stato chiarissimo: il suo discorso televisivo per quanto importante non è stato sufficiente, e gli Stati Uniti si aspettano che “la transizione cominci ora, subito”.

“Anche il presidente Mubarak ha riconosciuto che lo status quo (in Egitto) non è sostenibile e che serve un cambiamento – ha affermato Obama -. Per l’Egitto si è aperto un capitolo nuovo”, Mubarak deve prenderne atto e garantire “subito” una transizione ordinata e pacifica. Per gli Usa non è una questione di mesi, come lasciato intendere da Mubarak nel suo intervento, è una questione di settimane, di giorni.

Obama aveva seguito il discorso di Mubarak dalla Situation Room della Casa Bianca, dove aveva convocato una riunione speciale del suo consiglio di sicurezza per valutare la situazione in Egitto, presente tra gli altri il segretario di Stato, Hillary Clinton. Dopo aver assistito al discorso di Mubarak, Obama ha avuto con lui un discorso di mezz’ora. Poi si è presentato in tv, e ha parlato in primo luogo all’America, ma ben consapevole che il suo pubblico in quel momento non era solo l’Egitto, ma l’intero Medio oriente. Il presidente Usa non ha riferito cosa i due leader si siano detti. Ma ha riferito che “lo stesso Mubarak ha riconosciuto che lo staus quo non è sostenibile e che serve un cambiamento”. L’unica via d’uscita per lui è una iniziativa “immediata”.

Non spetta agli Stati Uniti indicare quale “il cambiamento” possa essere, ha precisato Obama. Ma di certo deve essere chiaro a tutti, tanto all’Egitto quanto a tutto il Medio Oriente, che gli Stati Uniti sono schierati a difesa “di tutti i diritti universali” e contro i violenti. Obama si è congratulato per la professionalità dimostrata finora dall’esercito egiziano, e ha auspicato che “continui così”. Poi ha così concluso: “ai tanti giovani che sono in piazza in Egitto in questi giorni vorrei dire che noi americani ascoltiamo la vostra voce”.

È stata Hillary Clinton, che fino a una settimana fa aveva sostenuto che Mubarak era “stabile”, a proporre a Obama l’invio in Egitto di Wisner risolvi-problemi, il diplomatico che già per Bush aveva negoziato l’indipendenza del Kosovo. Solo Wisner, amico di Mubarak e con molti agganci in Egitto, poteva recapitare il messaggio del presidente Nobel per la pace, che teme una Tienanmen araba: “Per gli Usa” ha detto “la tua presidenza è finita”. Qualche ora prima, anche Benjamin Netanyahu aveva dato il benservito al vicino più prezioso, esortando la “la comunità internazionale a esigere il rispetto della pace con Israele da qualsiasi governo egiziano”.

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(TMNews) – Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto al Presidente americano Barack Obama e a diversi leader occidentali di pretendere dal futuro nuovo governo egiziano il rispetto dell’accordo di pace firmato nel 1979 con Israele. Stando a quanto riferito al quotidiano Haaretz da diversi funzionari israeliani, Netanyahu vorrebbe che la comunità internazionale fissasse una serie di condizioni che la nuova leadership egiziana dovrebbe rispettare per ottenere legittimità agli occhi dell’Occidente: non solo democrazia e rispetto dei diritti umani, quindi, ma anche il riconoscimento degli accordi internazionali sottoscritti dal Presidente Hosni Mubarak. “La questione è stata esposta agli americani e a molti altri Paesi – ha detto un alto funzionari a Gerusalemme – non ci opponiamo alla democrazia in Egitto, ma per noi è importante tutelare l’accordo di pace”.
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(AGI)-Per Frattini anche Muammar Gheddafi dovrebbe “trarre una lezione da quello che sta accadendo” in Egitto. “credo – ha detto il ministro degli Esteri dopo il discorso di Mubarak – che anche il leader libico stia guardando la tv e stia riflettendo su quello che si puo’ fare e che lui puo’ fare per il suo popolo, mi auguro che cio’ accada”.

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Il presidente egiziano Honsi Mubarak si conferma il capo militare dal carattere forte che e’ stato per i suoi 30 anni al potere del paese, annunciando che non si ricandidera’ ma allo stesso tempo che non abbandonera’ il suo amato paese, in cui e’ pronto a morire. Nei pochi mesi che rimangono alla fine del suo mandato, l’82enne leader del Partito Democratico Nazionale ha assicurato che si occupera’ di guidare il processo di transizione verso un nuovo governo.

“Non fa parte della mia natura andarmene e non finire il mio lavoro”, ha detto in un intervento davanti alla nazione, facendo capire che il suo intento e’ quello di rimanere alla guida dell’esecutivo fino alle prossime elezioni di settembre, assicurando che vengano mantenute sicurezza e stabilita’, minacciate dagli ultimi eventi.

“Moriro’ sul suolo egiziano e sara’ la storia a giudicare i miei meriti e le mie colpe. Le proteste sono manipolate da forze politiche che minacciano la stabilita’ del paese. Gli incidenti dei giorni scorsi ci mettono in una posizione in cui bisogna scegliere tra caos e stabilita’”, ha dichiarato il leader 82enne egiziano. Mubarak restera’ dunque in carica fino a settembre, quando sono previste le prossime elezioni alle quali non si ricandidera’.

La reazione della gente riunita in piazza e’ stata un canto, al grido di “vattene, vattene”. Per l’ex direttore dell’Aiea e premio Nobel per la Pace ElBaradei l’intento annunciato da Mubarak di lasciare il proprio incarico da settembre e’ un “trucco”, un imbroglio. Gia’ circolano le ipotesi sul campo: il leader egiziano restera’ dove e’ oppure, stando alle tesi piu’ estreme, fingera’ di raccogliere i politici all’opposizione con la scusa di cercare una soluzione comune in vista della chiamata alle urne ma con il reale intento di eliminarli fisicamente.

Oggi le strade di tutto il paese si sono colmate di manifestanti anti-governo e ad un certo punto sono iniziate a circolare persino voci, poi smentite, di un possibile abbandono di Hosni Mubarak. In un primo momento i rumor diffusi da Jonathan Rugman, dell’emittente britannica Channel 4, davano il presidente diretto verso il Bahrain. Ma poi e’ arrivata la conferma che Mubarak si trovava ancora nel paese.

Rimane il fatto che il presidente e’ sempre piu’ isolato anche a livello internazionale. Prima Erdogan, il primo ministro della Turchia – un alleato di lungo corso dell’Egitto – si e’ rivolto pubblicamente a Mubarak, ricordandogli che nessuno vive in eterno e che le richieste del popolo devono essere ascoltate. Poi e’ arrivata la doccia fredda dagli Stati Uniti, dove il presidente Obama ha chiesto a Mubarak di non ricandidarsi.

Intanto in piazza Tahrir dove ormai e’ scoccata la mezzanotte (le 22 ora italiana) c’e’ chi si e’ preparato per la notte con tende e coperte ed e’ iniziata la distribuzione di te’ e di cibo per chi ha deciso di rimanere nelle prossime ore per continuare a chiedere le dimissioni di Mubarak, al potere da 30 anni.

“Il popolo non deve temere il proprio governo, il governo deve temere il proprio popolo”, in un’efficace frase apparsa in un manifesto, segnalata dalla Bbc, e’ riassunta la forza di volonta’ del milione di manifestanti sceso oggi nelle strade del Cairo, con le proteste che si concentrano a piazza Tahir.

E sempre stando all’emittente televisiva britannica, che cita l’ex generale Mohammed Kadry Said, la maggior parte dei vertici militari egiziani ritiene che il presidente debba abbandonare il potere, Secondo l’analista politico il paese e’ a un “punto di svolta”. L’unico dubbio degli ufficiali riguarda le modalita’ dell’addio del rais: per alcuni Mubarak dovrebbe lasciare immediatamente al potere, mentre altri preferiscono una semplice rinuncia alla candidatura alle prossime elezioni presidenziali.

Ma non e’ solo la capitale ad essere stata presa d’assalto dal popolo egiziano per protestare contro il presidente 82enne Oltre al Cairo e Alessandria, in questo ore le proteste si sono estese ad altre citta’ importanti dell’Egitto come Suez, Ismailia, Mansura, Damietta e Mahalla. Anche a Tanta, la quinta città piu’ grande d’Egitto, e a Kafr El Sheikh, a 134 chilometri nord del Cairo, con migliaia di persone in piazza contro il governo. Intanto, al Cairo le forze dell’ordine stanno posizionando del filo spinato intorno alla residenza presidenziale.

Se Mubarak non se ne andra’, i manifestanti organizzeranno un’altra manifestazione ancora piu’ grande venerdi’ prossimo. El Baradei intanto, il premio Nobel per la pace, ha invitato il presidente ad abbandonare il potere entro quella data (il 4 febbraio). Nel frattempo e’ rientrato Ahmed Zewail, il piu’ accreditato per il dopo Mubarak.

Questo mentre la forza piu’ rappresentata dell’opposizione, i Fratelli musulmani, avverte che ci si deve preparare alla guerra con Israele e mentre gli Stati Uniti, che stanno cercando di mediare tra le parti, hanno ordinato al suo staff diplomatico di lasciare l’Egitto.

Intanto in risposta alle proteste in piazza delle ultime settimana, per paura che si ripeta un’altra Tunisia o Egitto anche in Giordania, il re Abdullah ha deciso di sciogliere il governo del paese e ha dato mandato a un ex generale dell’esercito di formarne uno nuovo.

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(TMNews) – Ci sono stati trecento morti dall’inizio dell’ondata di contestazione contro il regime del presidente Hosni Mubarak in Egitto. Lo ha affermato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, che ha chiarito che il bilancio è ricavato da “rapporti non confermati”. (fonte Afp)

(TMNews) – Diverse centinaia di migliaia di manifestanti si sono riuniti a piazza Tahrir al centro del Cairo per la “marcia del milione” contro il presidente Hosni Mubarak. Lo hanno constatato fotografi dell’Afp. Secondo l’emittente panaraba Al Jazeera, le persone radunate fra piazza Tahrir e i suoi dintorni potrebbero aver raggiunto già la cifra di un milione. L’intenzione dei manifestanti è di raggiungere il palazzo presidenziale, mentre l’esercito, munito anche di giubbotti anti-proiettile, presidia la piazza e i suoi dintorni con un imponente schieramento di forze ed effettua perquisizioni continue sui manifestanti che accedono alla piazza.(con fonte Afp)

AGI – Hosni Mubarak se ne deve andare “entro oggi”: questo l’ultimatum lanciato, dagli schermi di al-Arabiya da Mohamed ElBaradei, il Premio Nobel per la Pace scelto come portavoce dalla variegata opposizione egiziana.

Sono decine di migliaia i manifestanti presenti fin dalle prime ore del mattino nel centro del Cairo per la marcia contro il regime di Hosni Mubarak convocata dalle opposizioni. Ma la parola d’ordine del movimento 6 Aprile che ha promosso la mobilitazione è «un milione in marcia». Un milione di persone tutte insieme per le strade per cercare di dare la spallata definitiva al presidente in concomitanza con lo sciopero generale che paralizza il Paese. Un secondo corteo è stato organizzato ad Alessandria.

IL RIMPASTO DI GOVERNO – Accerchiato dall’opposizione e criticato, se non scaricato, dalla comunità internazionale, il presidente egiziano si è affidato ai generali, in procinto di abbandonarlo al suo destino, e ha giocato le ultime carte a sua disposizione: un rimpasto di governo e l’apertura al dialogo. Dal nuovo esecutivo sono spariti l’odiato ministro dell’Interno e i magnati in affari con il regime. Ma per il resto, poche altre novità: il cambiamento più significativo è stato l’allontanamento di Habib el-Hadly, principale responsabile per la sanguinosa repressione delle proteste e che controllava le forze di sicurezza accusate di violazioni sistematiche dei diritti umani. La sua sostituzione era richiesta a gran voce dai manifestanti: al suo posto è andato Mahmud Wagdi, generale di polizia in congedo, ex capo delle istituzioni penitenziarie, che ha salutato Mubarak con un saluto militare.

APPELLO NEL VUOTO – Nel chiaro tentativo di giocarsi l’ultima carta, Mubarak ha anche lanciato un appello al dialogo con le opposizioni, subito respinto al mittente dai Fratelli Musulmani: «Troppo tardi». Da ultimo ha incaricato il neo vicepresidente Omar Suleiman di aprire «immediate trattative con tutte le forze di opposizione per avviare un dialogo sulle riforme costituzionali e legislative». Il vicepresidente ha aggiunto che il governo intende affrontare «prima possibile le priorità come la lotta alla disoccupazione, alla povertà e alla corruzione e raggiungere l’equilibrio tra i salari e i prezzi». I generali vedono ormai il rais come un ostacolo e cercano di mantenere l’immagine di affidabilità e credibilità conquistata nel corso degli anni. Ieri un generale era andato in tv a leggere una dichiarazione scritta con cui ha affermato che l’esercito non sparerà mai sui dimostranti e diversi militari sono scesi in piazza.

«UN MEDIO-ORIENTE ISLAMICO» – Dall’Iran arriva intanto l’auspicio di una svolta islamica della crisi israeliana. Secondo il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, iIl rovesciamento dei regimi attualmente al potere in diversi Paesi arabi, tra cui l’Egitto, porterebbe a un miglioramento dei loro rapporti con l’Iran e alla creazione di «un Medio Oriente islamico e potente capace di opporsi a Israele».«I grandi movimenti di popolo ai quali assistiamo in questi giorni in Medio Oriente e nel Nord Africa – ha affermato Mehman-Parast – mirano a mettere fine alla dipendenza dalle grandi potenze. Si tratta di un risveglio islamico e come andrà a finire dipenderà dalla situazione nella regione e dai popoli». Teheran ha rotto le relazioni diplomatiche con Il Cairo oltre 30 anni fa, dopo la rivoluzione islamica iraniana, per protesta contro i trattati di pace di Camp David firmati dal presidente egiziano Anwar Sadat con Israele. Ieri il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha detto di temere che in Egitto possa emergere un regime islamico radicale come in Iran. E proprio Israele, nel frattempo, ha rafforzato la sicurezza al confine con l’Egitto nel timore di infiltrazioni terroristiche a causa dei disordini e si prepara alla possibilità di una massiccia ondata di profughi beduini in arrivo dal Sinai.

GOOGLE ANTI-BAVAGLIO – Il governo sta comunque tentando di ostacolare la protesta. I collegamenti internet restano bloccati in tutto il Paese, l’ultimo fornitore d’accesso ancora in funzione, il gruppo Noor, è stato bloccato ieri. Il colosso americano Google ha annunciato di aver messo a punto con Twitter un sistema che consente di inviare twit senza necessità di collegarsi al web. Nella giornata di oggi, in concomitanza con le manifestazioni di piazza, dovrebbero anche essere sospesi i collegamenti telefonici, se gli operatori daranno corso, come è probabile, alla richiesta arrivata dal governo. Stop anche ai treni, nel tentativo del governo di limitare l’afflusso di manifestanti al Cairo.

ITALIANI RIMPATRIATI – Nel frattempo è rientrato in Italia il C130 dell’aeronautica militare che ha rimpatriato le prime settanta persone che si trovavano in Egitto. Il volo, organizzato dal ministero degli Esteri, è atterrato all’aeroporto militare di Pratica di Mare poco dopo le sei del mattino. L’ultima a uscire dal velivolo è stata una bambina di circa 5 anni, in braccio alla madre. Tutte le persone sono state assistite da personale della Farnesina che hanno distribuito caffè, tè e cibo nell’attesa del disbrigo delle pratiche doganali. Hanno poi lasciato l’aeroporto a bordo di due pullman civili, dopo aver detto a militari e personale di non dimenticare gli altri italiani ancora al Cairo.

Il presidente Hosni Mubarak è sempre più sotto assedio in Egitto: anche l’esercito dichiara di trovare giuste le rivendicazioni del popolo, e garantisce che non userà la forza contro i manifestanti. I tentativi di placare la rivolta non sembrano dare risultati: nel settimo giorno di manifestazioni piazza Tahrir, cuore delle proteste al Cairo, si è nuovamente riempita con decine di migliaia di persone che, sfidando il coprifuoco (che è stato anticipato alle 14, le 13 in Italia), chiedono la fine del regime.

I manifestanti hanno invocato uno “sciopero generale” a tempo indeterminato e un “corteo di un milione di persone” al Cairo e – secondo alcune fonti- anche ad Alessandria, con cui sperano di dare la spallata finale a Mubarak. La situazione per il momento è tranquilla, ma è una calma carica di tensione. In vista del corteo che si annuncia imponente l’ultimo provider internet egiziano ancora attivo, il Noor Group, è stato spento ed ora il Paese è completamente offline. Il governo ha anche deciso lo stop della rete della telefonia mobile.

Per ora il presidente egiziano rifiuta di dimettersi. Nel tentativo di rimanere in sella, ha annunciato il nuovo governo da cui sono spariti l’odiato ministro dell’Interno Habib el-Hadly, principale responsabile per la sanguinosa repressione delle proteste e che controllava le forze di sicurezza accusate di violazioni sistematiche dei diritti umani: al suo posto è andato Mahmud Wagdi, generale di polizia in congedo, ex capo delle istituzioni penitenziarie. Nel chiaro tentativo di giocarsi l’ultima carta, Mubarak ha anche lanciato un appello al dialogo con le opposizioni, subito respinto al mittente dai Fratelli Musulmani: “Troppo tardi”. Tuttavia il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman, ha annunciato alla tv di aver ricevuto l’incarico di aprire il dialogo con tutte le forze di opposizione.

Con Mubarak si è schierato il papa della chiesa copta, Shenuda III, che ha riferito di aver parlato con il presidente egiziano per augurargli che Dio gli dia la forza e lo protegga per il bene dell’Egitto. Hezbollah, la formazione islamica libanese, ha fatto sapere di appoggiare senza riserva gli egiziani “che combattono e resistono” contro Hosni Mubarak. Mentre la Casa Bianca invoca “una transizione ordinata”, chiede di avviare “negoziati con l’opposizione”, ma assicura il portavoce Robert Gibbs, “non parteggiamo né per le persone in strada né per quelle al governo”.

La Ue chiede “nuove elezioni libere e giuste”, ma non si schiera. “In Egitto si deve andare verso la democrazia”, ha affermato il capo della diplomazia italiana, Franco Frattini, arrivando a Bruxelles per la riunione con i colleghi dell’Ue, ma quello che la comunità internazionale teme fortemente è “una soluzione che porti l’islamismo radicale al potere”.

Il Cairo intanto sembra sotto assedio: nei negozi e supermercati cominciano a scarseggiare pane e acqua imbottigliata. La Farnesina ritiene “imprudenti” i viaggi nel paese nord africano e l’Italia ha chiesto alle autorità egiziane di proteggere i cittadini e le missioni diplomatiche Ue e ha inviato un C130 con un nucleo di Carabinieri per la protezione dell’ambasciata. Un centinaio di italiani intanto atterreranno questa sera all’aeroporto di Pratica di Mare con il C-130 dell’aeronautica militare.

Tuttavia i turisti non sembrano scoraggiarsi da questi inviti, anche se chi è rientrato oggi fa racconti che dovrebbero indurre alla prudenza: “Abbiamo vissuto momenti di paura: mentre tornavamo, sull’autostrada da Alessandria, abbiamo visto sparare, non sappiamo se fosse l’esercito o la polizia, contro i detenuti evasi, che giravano da tutte le parti. Abbiamo visto dei feriti”, raccontano alcuni turisti rientrati oggi a Fiumicino (solo perché la vacanza era finita, non tuttavia per i ripetuti allarmi della Farnesina).

A difendere Mubarak rimangono di fatto parte dei paesi arabi – che temono un ulteriore contagio della “rivoluzione dei gelsomini” e fanno a gara per distinguere la loro situazione da quelle di Tunisi e Il Cairo – e Israele, che ribadisce la volontà di mantenere il trattato di pace con l’Egitto e agita lo spettro di un’altra repubblica islamica.

Al momento, il nuovo governo si è limitato a qualche decisione di ordine pubblico, come il coprifuoco diurno – puntualmente violato dal manifestanti, anche oggi scesi in piazza in migliaia senza che al momento si siano registrate vittime – e alla limitazione e interruzione di alcuni servizi ferroviari e aerei, nel tentativo di minare le mobilitazioni di massa: non molto, considerato che nel Paese lo stato di emergenza è in vigore dal 1981 e non è mai stato revocato.

Per quel che riguarda l’opposizione, i Fratelli Musulmani hanno già respinto la legittimità del nuovo governo, invitando la popolazione a proseguire la manifestazioni fino alla caduta del regime; nel frattempo il premio Nobel Mohammed Elbaradei è stato incaricato dei “negoziati” con il governo, come “guida visibile” delle proteste: ma, come osservano gli analisti, la prima vittima di un cambiamento di regime potrebbe essere proprio l’opposizione laica, minoritaria rispetto alle organizzazioni islamiche come i Fratelli musulmani.

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La crisi in Egitto sara’ uno dei temi all’ordine del giorno del vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue in programma venerdi’ a Bruxelles, originariamente dedicato all’energia ed all’innovazione. Lo ha annunciato il commissario europeo agli Affari istituzionali, Maros Sefcovic, al termine dell’incontro che i ministri degli Esteri dei 27 hanno avuto con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy per preparare il summit del 4.

Intanto l’opposizione egiziana vuole portare un milione di persone in piazza al Cairo, mentre domani Israele chiedera’ a Europa e Stati Uniti di non liquidare Mubarak cosi’ in fretta. Forti critiche contro Obama, che aveva chiesto al Cairo di puntare a “una transizione ordinata verso un governo che risponda alle aspirazioni del popolo egiziano”. Nel frattempo gli investitori si danno alla fuga, con la borsa che cede circa il 10% dopo aver perso il 20% in due settimane.

Moody’s ha annunciato di aver rivisto al ribasso di un gradino il rating dell’Egitto dopo i disordini contro il presidente Mubarak e ha precisato che una nuova scure potrebbe colpire il paese nel medio termine. L’agenzia di valutazione ha spiegato in un comunicato che la sua decisione è stata alimentata dal recente e significativo aumento dei rischi di eventi politici” nel paese. Per questo, Moody’s ha avvertito che potrà “rivedere di nuovo al ribasso il rating dell’Egitto”.

Nel commentare la notizia intervistata da Class Cnbc, Claudia Segre, segretario generale di Assiom Forex, ha ricordato poi che dagli inizi dell’anno i cda sull’Egitto, ovvero i credit defalt swaps che tutelano gli investitori dal rischio paese sono raddoppiati e oggi si attestano a 450 punti base circa. Oggi la borsa egiziana rimane chiusa dopo aver perso il 20% dagli inizi dell’anno.

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Israele ha fatto pervenire un messaggio confidenziale agli Stati Uniti e ad alcuni paesi europei, chiedendo loro di sostenere il presidente Hosni Mubarak e il suo governo, duramente contestati da un vasto movimento di piazza. Secondo quanto riferito dal quotidiano Haaretz, in questo messaggio i responsabili israeliani sottolineano che è “interesse dell’Occidente” e di “tutto il Medio Oriente mantenere la stabilità del regime in Egitto”.

“Occorre di conseguenza mettere un freno alle critiche pubbliche contro il presidente Hosni Mubarak”, si sottolinea nel messaggio inviato dalle autorità israeliane alla fine della scorsa settimana. La radio militare, che ha ripreso questa informazione di Haaretz, ha riferito che questa iniziativa rappresenta una dura critica agli Stati Uniti e ai paesi europei che non sostengono più il governo del presidente Mubarak.

Un portavoce del primo ministro Benjamin Netanyahu si è rifiutato di commentare la notizia. Fino ad oggi la leadership israeliana ha adottato un profilo basso a proposito delle manifestazioni in Egitto contro Mubarak. Il premier dlelo Stato ebraico ha ordinato ai suoi ministri di astenersi dal fare dichiarazioni.
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Dopo avere sposato una politica attendista, gli Stati Uniti hanno di fatto scaricato il presidente egiziano Hosni Mubarak. Prima, il capo della diplomazia Hillary Clinton ha chiesto “misure concrete” per “riforme democratiche ed economiche”; poi, è stato Barack Obama in persona a spiegare le aspettative Usa.

“Serve una transizione ordinata verso un governo che risponda alle aspirazioni” dei cittadini egiziani, ha detto dopo avere consultato telefonicamente alcuni importanti partner degli Stati Uniti, i leader turco, israeliano, saudita e britannico. Intanto ieri il leader dell’opposizione egiziana Mohamed Elbaradei è tornato ad arringare la folla a piazza Tahrir del Cairo, insistendo sulle dimissioni di Mubarak.

“Non si può tornare indietro” ha detto ElBaradei ai manifestanti, “il regime deve andare via e consentire l’inizio di una nuova era”. “Vi chiedo di avere pazienza, il cambiamento sta arrivando”, ha detto alla folla l’ex direttore dell’Aiea, che ieri è stato incaricato dai movimenti di opposizione, inclusi gli islamisti Fratelli musulmani, di “negoziare” con il governo in vista di una transizione.

“Siamo sulla buona strada”, ha aggiunto, “la nostra forza è nel nostro numero”. Da parte sua, il presidente Mubarak ha deciso di prolungare il coprifuoco nelle maggiori città d’Egitto, che oggi avrà inizio alle 15 e terminerà alle 8 di domani mattina. E il ministro uscente degli Interni, Habib el-Adli, ha disposto il ritorno della polizia in strada, dopo che ne aveva ordinato il ritiro venerdì scorso, per “garantire la sicurezza della popolazione”. TMNews

Sempre alta la tensione nell’Egitto, mentre aumenta il numero delle vittime degli scontri dall’inizio della rivolta: sarebbero almeno 150. Il governo egiziano mostra il pugno di ferro e il presidente Mubarak va a visitare i militari che si occupano della sicurezza, mentre i caccia sorvolano a bassa quota la capitale. Intanto, l’opposizione concorda nell’affidare a El Baradei il mandato di negoziare col regime. E mentre la Farnesina segue la situazione, forze armate entrano a Sharm el Sheik, e ci sono difficoltà per i turisti che cercano di lasciare il Mar Rosso. L’ambasciata Usa invita gli statunitensi a lasciare il paese.

EL BARADEI IN PIAZZA TAHRIR, VIA MUBARAK

di Danila Clegg – ANSA

“Quello che avete cominciato non si deve fermare”. I manifestanti raccolti da ore in piazza Tahrir non hanno bisogno di farselo dire, anche se a pronunciare l’appello è uno dei principali leader dell’opposizione. Mohammed El Baradei si presenta in serata nella grande piazza, diventata ormai il simbolo della protesta popolare contro il regime di Hosni Mubarak, e ad ascoltarlo sono migliaia le persone che per la terza giornata consecutiva sfidano apertamente il coprifuoco. E ad unirsi a loro per la prima volta sono stati anche religiosi di Al Azhar, centro sunnita prestigioso e soprattutto molto vicino al governo.

Un segnale seguito anche da una parte della redazione di Al Ahram, quotidiano filo-governativo, che oggi si è schierata per la fine del regime Mubarak, come hanno fatto decine di giudici che sono scesi in piazza con i manifestanti. “Il popolo vuole fare cadere questo presidente”, scandivano mentre El Baradei rispondeva di avere ricevuto il mandato dalle opposizioni di avviare un governo di salute pubblica. Fra i sostenitori di questa posizione i Fratelli Musulmani, che hanno così ricucito uno strappo con l’ex capo dell’agenzia atomica internazionale quando quest’ultimo scelse, non seguito, di boicottare le elezioni legislative dello scorso anno.

Ora il fronte si sta ricompattando, dopo che la confraternita ha deciso di aderire apertamente alle manifestazioni di piazza, acquistando un ruolo maggiore nella protesta contro il presidente egiziano.”I Fratelli sono un gruppo islamico conservatore, ma non hanno niente a che vedere con l’estremismo” ha detto El Baradei in una intervista alla Cnn, tentato di rassicurare sul ruolo del movimento islamico, illegale in Egitto. Proprio oggi una decina di affiliati dei Fratelli è fuggito da un carcere nel quale erano detenuti, così come sono riuscite a scappare decine di altri prigionieri, molti dei quali delinquenti comuni.

Il problema dell’ordine pubblico e della sicurezza è stato uno dei principali argomenti delle riunioni che i nuovi vertici egiziani hanno avuto nel corso della giornata. Il principale è stato fra il rais, il suo numero due Omar Suleiman e il nuovo primo ministro Ahmed Shafik. La priorità numero uno, hanno deciso, è quella di ristabilire la calma e la sicurezza. Una delle prime decisioni operative adottate è stata quella di riportare nelle strade del Paese la polizia, i cui agenti erano letteralmente spariti, non appena sono scesi in strada i blindati dell’esercito due giorni fa.

L’altro provvedimento adottato in serata riguarda l’estensione di un’ora del coprifuoco, che da domani sarà in vigore dalle 15 locali alle 8 del mattino, Una misura che non è riuscita a scoraggiare i manifestanti, che non si sono nemmeno fatti intimidire quando due caccia dell’aviazione militare hanno sorvolato a bassissima quota piazza Tahrir appena è scattato il coprifuoco, oggi pomeriggio. Ma Anche oggi, malgrado l’ordine di essere duri, i soldati non hanno reagito davanti ai manifestanti. Piazza Tahrir, che questa mattina era blindata e inaccessibile anche ai passanti, nel pomeriggio è stata riaperta, in presenza dei carri armati che la presidiano da ieri mattina. Le continue proteste di piazza stanno inducendo molti Paesi a fare rientrare i propri concittadini in patria.

Usa e Turchia hanno messo a disposizione voli per il rientro in patria mentre anche gli italiani, soprattutto dipendenti di compagnie italiani con le loro famiglie, dovrebbero fare rientro in Italia a partire da domani. Lo spettro del caos in un Paese di ottanta milioni di persone, strategico per collocazione geografica e per ruolo nella regione, ha fatto dire al segretario di Stato Hillary Clinton che gli Usa vorrebbero vedere “una transizione ordinata in modo tale che nessuna riempia un vuoto”. “Ci vuole un piano ben pensato che porti ad un governo democratico e inclusivo”, ha detto il capo della diplomazia americana.

OBAMA, TELEFONATE A LEADER REGIONE – Il presidente americano Barack Obama ha avuto una serie di colloqui telefonici sugli eventi in Egitto con i leader di Turchia, Israele e Arabia Saudita, ha reso noto oggi la Casa Bianca. Obama ha discusso oggi della situazione in Egitto anche col premier britannico David Cameron.

Nel corso delle telefonate Obama ha ribadito il suo sostegno “ad una ordinata transizione verso un governo che sia in linea con le aspirazioni del popolo egiziano”. Obama ha telefonato al premier turco, Recep Tayyip Erdogan, al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, al sovrano saudita Abdullah e al premier britannico David Cameron. “Durante le telefonate Obama ha ribadito – informa la Casa Bianca – la condanna alla violenza e l’esortazione ad usare moderazione, il suo sostegno ai diritti universali, inclusi quelli di libero raduno, libera associazione e libera espressione”.

(TMNews) – Le forze armate egiziane hanno arrestato circa 450 persone in diverse zone del Cairo, mentre il ministro della Difesa Mohammed Tantawi ha lanciato un appello alla popolazione dalla televisione pubblica per esortarla a rispettare il coprifuoco, che inizierà alle 16 ora egiziana, le 15 in Italia. Ne ha dato notizia la televisione di Stato egiziana. Tantawi, uno dei ministri che il presidente Mubarak aveva annunciato che avrebbe sostituito nel nuovo governo da lui promesso. Tantawi è stato scortato alla sede della Tv pubblica da militari con caschi rossi su dei suv blindati.

Più di cento morti in cinque giorni (150 secondo Al Jazeera, 33 solo sabato secondo fonti mediche), un regime incalzato dalle proteste dei cittadini, la polizia che spara sulla folla. In Egitto non c’è traccia di una tregua, nonostante le nomine decise dal presidente Mubarak, che ha affidato la vicepresidenza al capo dei servizi segreti Omar Suleiman, ruolo mai ricoperto dalla sua ascesa al potere trent’anni fa. Le nomine sono state respinte dai Fratelli Musulmani, la principale forza di opposizione. La tensione cresce: l’ambasciata americana al Cairo ha invitato i cittadini statunitensi a lasciare l’Egitto prima possibile. I voli per l’evacuazione cominceranno lunedì. Anche la Turchia sta mandando in Egitto due aerei di linea per evacuare i propri cittadini e Seul ha invitato i sudcoreani ad abbandonare il Paese. Nella Striscia di Gaza Hamas ha chiuso la frontiera a Rafah.

MUBARAK – Intanto resta un mistero la sorte di Mubarak e della sua famiglia, moglie e due figli: secondo Al Jazeera questi ultimi si sarebbero rifugiati a Londra, ma lo notizia è stata smentita dalla tv di Stato. La stessa emittente ha diffuso le immagini del presidente 82enne mentre incontra i vertici militari al Cairo, nel centro operativo dell’esercito, alla presenza di Suleiman e del ministro della Difesa «per seguire le operazioni di controllo della sicurezza». Secondo altre voci, Mubarak si sarebbe rifugiato nella sua villa di Sharm el-Sheikh, ma intorno all’edificio – che in passato ha ospitato molti vertici con capi di Stato – si vedono poche forze di sicurezza. Una notizia che potrebbe essere confermata: le forze armate sono infatti entrate nella rinomata località turistica.

CARCERI – È caos nelle carceri: fonti della sicurezza hanno diffuso la notizia che decine di cadaveri giacciono in strada vicino alla prigione di Abu Zaabal, a est del Cairo, dopo che è scoppiata una rivolta nella notte. Altri 14 cadaveri sono stati trovati in una moschea vicina, due potrebbero essere di poliziotti. «Tutti i detenuti della prigione di Abu Zaabal sono evasi dopo la rivolta» hanno detto gli abitanti del quartiere, che hanno sentito molti spari. Sabato otto detenuti erano stati uccisi e 123 feriti in scontri con la polizia durante una tentata fuga dallo stesso carcere. Nella notte migliaia di detenuti sono evasi da un’altra prigione, quella di Wadi Natrun a nord del Cairo: tra loro anche 34 militanti e dirigenti dei Fratelli Musulmani. Ad assaltare la prigione sono stati i parenti dei detenuti. Non ci sarebbero stati feriti: secondo il legale del partito il carcere è stato abbandonato dalle guardie. Sabato altri detenuti erano scappati del carcere di Khalifa.

AL JAZEERA – Il governo tenta di mettere il bavaglio all’informazione: «Le autorità egiziane hanno deciso la chiusura dell’ufficio di corrispondenza di Al Jazeera al Cairo e ritirano gli accrediti ai suoi corrispondenti» ha annunciato la stessa tv satellitare. L’ordine è partito dal ministro dell’Informazione uscente, Anas El Fekki. Questi, scrive l’agenzia ufficiale egiziana Mena, «ha deciso che il servizio di informazione dello Stato deve fermare e annullare le attività della catena Al Jazeera nella repubblica araba d’Egitto, annullare tutte le autorizzazioni e ritirare tutti gli accrediti dei suoi dipendenti». L’emittente araba è stata fino ad oggi una delle principali fonti di notizie dal Paese: aveva telecamere puntate su piazza Tahrir e sul vicino ponte 6 Ottobre, ma ora non può più trasmettere in diretta dalla capitale.

LA CAPITALE – Dopo un’altra notte di coprifuoco, la capitale resta presidiata dall’esercito, anche dal cielo. Gli elicotteri volano bassi con una frequenza superiore a quella degli ultimi giorni. In azione bande di saccheggiatori, molti vengono arrestati dalla polizia. L’esercito ha sigillato l’accesso a piazza Tahrir, dove da giorni si riuniscono i manifestanti che protestano contro il regime di Mubarak, ma più di diecimila persone si sono dirette verso il centro cittadino per protestare nuovamente. Gli slogan: «Il popolo vuole la caduta del regime», «Mubarak vattene».

Ai dimostranti si sono uniti imam e teologi dell’università islamica di al-Azhar, molti giudici, avvocati e giornalisti. Un gruppo di redattori del quotidiano filogovernativo Al Ahram si è ribellato alla linea del giornale chiedendo l’uscita di scena di Mubarak. I militari, che hanno circondato tutta l’area centrale con mezzi blindati, non sono ancora intervenuti. Carri armati sono schierati in modo massiccio in ogni via che conduce alla piazza Tahrir, mentre nelle altre strade principali del centro cittadino, sin dalle prime ore dell’alba, la polizia militare ha eretto posti di blocco e ispeziona tutte le auto. Il coprifuoco imposto venerdì non è stato revocato e con molta probabilità sarà confermato anche per domenica, dalle 16 alle 8 di lunedì mattina.

FRATTINI – Al lavoro la diplomazia internazionale. Dopo gli appelli del presidente americano Obama e di molti leader europei, è oggi il ministro degli Esteri Franco Frattini a invitare le parti in conflitto alla moderazione: «La priorità è fermare le violenze ed evitare ulteriori vittime civili – ha dichiarato -. Bisogna fermare anche le azioni che producono danni materiali, in particolare quelle dirette contro i beni culturali del Paese che sono patrimonio culturale di tutta la società egiziana e dell’umanità». Sabato è stato infatti preso d’assalto e danneggiato il museo delle Antichità del Cairo e domenica un gruppo di saccheggiatori ha preso d’assalto il museo archeologico di Al Qantara, vicino a Suez, il principale della penisola del Sinai: molti dei 3mila pezzi che ospitava sono stati trafugati o danneggiati. La polizia è assente dalla città.

«Il mio appello – aggiunge il ministro Frattini – va al presidente Mubarak e alle istituzioni egiziane affinché si evitino violenze contro civili disarmati e ai manifestanti affinché dimostrino pacificamente». Al presidente egiziano il governo italiano rivolge un auspicio: «Insieme al nuovo governo realizzi con la massima rapidità ed efficacia le riforme promesse in campo politico, economico e sociale – dice Frattini -. È fondamentale che vengano rispettati le libertà di espressione e comunicazione, il diritto a manifestare pacificamente». Il leader riformista Mohammed ElBaradei, ex capo dell’agenzia atomica mondiale, ha chiesto a Mubarak di lasciare la presidenza e il Paese per poter indire elezioni e stilare una nuova Costituzione.

AEROPORTI – La Farnesina ha fatto sapere che alcuni connazionali hanno subito attacchi o saccheggi e ha ribadito il consiglio a tutti i residenti di rimanere in casa e ai turisti di rimanere negli alberghi e agire con la massima prudenza. Alcuni gruppi di turisti italiani stanno tentando di lasciare Sharm el-Sheikh ma hanno difficoltà a partire, secondo alcuni testimoni presenti nell’aeroporto della città sul mar Rosso; gli aerei della compagnia EgyptAir sono bloccati a causa della mancanza di connessioni al Cairo con voli internazionali. Nel Paese c’è una situazione di caos per gli stranieri che cercano di tornare a casa. Soprattutto a causa del coprifuoco, tra le 1.500 e le duemila persone sono rimaste bloccate in aeroporto, dirette verso Arabia Saudita, Emirati Arabi, Giordania e Libano. Si tratta di turisti ed egiziani, compresi operatori economici per i quali le compagnie di bandiera dei rispettivi Paesi stanno tentando di approntare voli supplementari.

Ma le difficoltà maggiori sono quelle di reperire velivoli ed equipaggi che devono essere dirottati da altre tratte per far fronte all’emergenza. Pressoché impossibile accertare le nazionalità precise di quanti sono bloccati nello scalo del Cairo International Airport, anche a causa del ridotto funzionamento delle linee telefoniche mobili. La situazione ha indotto il personale di alcune compagnie aeree di bandiera a consorziarsi in una sorta di unità di crisi. Tra le società occidentali British Airways e Alitalia hanno modificato gli orari di partenza dei propri voli per non farli arrivare durante il coprifuoco. Lufthansa, Air Berlin e Lot (polacca) hanno invece cancellato i propri voli. In serata, dicono fonti aeroportuali, erano state anche esaurite le scorte di bevande, caffè, latte, dolci e panini nei bar dell’aeroporto, presi d’assalto dai passeggeri che non possono partire e da chi è arrivato ma non può abbandonare lo scalo.

BORSE – I disordini e le violenze in Egitto hanno fatto precipitare le Borse dei Paesi del Golfo. La Borsa saudita ha chiuso sabato con una perdita del 6,43%, mentre nel secondo mercato della regione, il Kuwait, il ribasso è stato del 2,14%. La Borsa del Qatar ha aperto domenica con un -5%, mentre peggio ha fatto il Dubai, dove l’indice Dfm ha perso il 6,27%; infine, la Borsa di Abu Dhabi ha fatto segnare -3,74% nei primi scambi. La Borsa egiziana è rimasta chiusa, su ordine delle Autorità di vigilanza: dopo perdite costanti e la sospensione delle contrattazioni, giovedì, l’indice principale ha perso l’11%.

ALGERIA – La situazione resta incandescente anche in Algeria, dove un 26enne si è dato fuoco venerdì sera a Bordj Bou Arreridj, morendo per le ustioni. A Staoueli, alle porte di Algeri, un uomo di 40 anni si è cosparso di benzina davanti alla sede della banca BLD in cui lavorava. L’uomo, ha detto la Lega algerina per i diritti umani (LADDH), «ha cosparso di benzina anche sua figlia, portatrice di handicap, ma è stato bloccato in tempo dai colleghi che attualmente sono in sciopero in segno di solidarietà». Lakhdari lavora da qualche anno come agente di sicurezza nella banca ma ha un contratto temporaneo e «con il suo gesto ha voluto protestare contro le sue difficili condizioni di vita», precisa la stessa fonte.

Un altro ragazzo di 21 anni ha tentato sabato di suicidarsi dandosi fuoco a Mostaganem e ora è ricoverato in gravi condizioni. Il giovane deceduto era disoccupato e di famiglia disagiata. «Non ne posso più, non ne posso più», ha gridato con il corpo in fiamme. Prima di morire ha chiesto perdono alla madre. A Mostaganem, il giovane ferito, figlio di un ricco imprenditore, avrebbe deciso di compiere questo gesto estremo non per motivi legati alla sua condizione, ma per amore. Almeno quindici persone si sono date fuoco in Algeria di recente: tre sono morte.

TUNISIA – L’altro fronte “caldo” è quello tunisino. Rached Ghannouchi, leader islamista in esilio da 22 anni, ha lasciato Londra per tornare in patria, secondo quanto riferito dalla figlia. Un responsabile della compagnia aerea British Airways ha confermato che è atterrato a Tunisi. Ghannouchi era stato condannato a morte dal regime del deposto presidente Ben Ali, a sua volta costretto a fuggire con la famiglia in Arabia Saudita dopo la “rivoluzione dei gelsomini”. Il leader islamista ha annunciato che non intendere correre per la carica presidenziale ma che vuole trasformare il proprio movimento in un partito che competerà nelle prossime elezioni.

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Il governo egiziano ha esteso la durata del coprifuoco, che sara’ in vigore dalle 16 (le 15 in Italia) alle 8 (le 7 in Italia) di domenica mattina. Lo ha annunciato la tv di Stato. Nonostante l’esercito abbia fatto sapere che “chiunque lo violi sara’ in pericolo”, decine di migliaia di manifestanti stanno convergendo in questo momento in piazza Tahrir al Cairo. Un migliaio di manifestanti ha tentato l’assalto al ministero dell’Interno egiziano al Cairo. La polizia ha aperto il fuoco. Lo ha riferito al Jazira. Secondo la rete satellitare Al Jazeera violenti scontri a fuoco sono stati uditi nei pressi della tipografia della Banca centrale del Cairo. Sempre secondo quanto riportato dalla tv panaraba, folle di manifestanti stanno marciando verso la sede della televisione pubblica nella capitale egiziana.

Cresce di ora in ora il bilancio delle vittime dei violenti scontri che ieri si sono verificati in tutto l’Egitto durante le proteste contro il regime di Hosni Mubarak: secondo la rete televisiva satellitare panaraba Al Jazeera i morti sono più di cento: almeno 36 solo ad Alessandria, 27 a Suez, 22 al Cairo, le vittime accertate e trasportate negli obitori. I feriti, secondo l’emittente panaraba, sono più di mille in tutto il Paese, ma secondo altre fonti ufficiali citate l’Agence France Presse, superano i duemila.

Al Cairo i carri armati dell’esercito egiziano circondano piazza Tahir, epicentro delle manifestazioni di protesta di ieri nella capitale, dove dalle prime ore di questa mattina i dimostranti sono tornati a radunarsi per urlare slogan contro il presidente Hosni Mubarak. L’atmosfera è tesa, ma molte persone posano per le fotografie vicino ai carri armati e stringono la mano ai militari. Poco distante dalla piazza, dove hanno sede diversi edifici governativi, la polizia ha esploso gas lacrimogeni per allontanare la folla dal ministero dell’interno e, successivamente, ha sparato in aria per disperdere un gruppo di manifestanti che tentava di entrare nel Parlamento, secondo quanto riferiscono fonti dei servizi di sicurezza egiziani. Non è chiaro se si tratti di proiettili di gomma o di munizioni vere.

Col passare delle ore, la polizia è praticamente scomparsa dalle strade del centro, lasciando ai blindati dell’esercito il presidio delle sedi istituzionali oltre che del Museo egizio e dei compound fortificati delle ambasciate americana e britannica. Attraverso la tv di Stato, i militari hanno lanciato un appello alla popolazione, chiedendo di evitare gli assembramenti e di rispettare il coprifuoco notturno. Torna a farsi sentire anche Mohammed El Baradei, ieri per ore agli arresti domiciliari. “Mubarak deve andarsene” ha dichiarato l’ex direttore dell’Aiea e leader delll’opposizione in un’intervista a France 24. E dall’Iran, attraverso un portavoce, il ministero degli Esteri Ramin Mehman-Parast dichiara che le proteste in Egitto sono in linea con “un’ondata islamica” che vuole “la giustizia”.

Nel pomeriggio è prevista una nuova manifestazione ad Alessandria d’Egitto, ma per Al Jazeera i manifestanti sono già nelle strade della città e cortei sono in atto anche a Suez. Testimoni parlano di scontri a Ismailia, città sul canale di Suez, dove migliaia di lavoratori portuali hanno assaltato la polizia che voleva impedire loro di raggiungere il luogo di lavoro. Gli agenti hanno risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma.

Incertezze sul bilancio delle vittime degli scontri di ieri: il corrispondente di Al Jazeera sostiene di aver visto in obitorio i corpi di 23 persone crivellate da colpi d’arma da fuoco nella sola Alessandria. Se il dato fosse confermato, salirebbe a una cinquantina il bilancio delle vittime negli scontri del “Venerdi della collera”: si parla infatti di 13 morti al Cairo e di almeno 11 a Suez.

In piazza Tahir, cuore di quella che è stata ribattezzata la Rivoluzione del 25 gennaio, i dimostranti hanno ormai raggiunto l’ordine delle migliaia di persone. “Vattene, Vattene”, urlano all’indomani del discorso del Rais 1 che ha promesso riforme e un nuovo governo per placare le proteste dilagate in tutto il Paese. “Pacifici, pacifici”, scandiscono per rimarcare che la protesta non vuole essere violenta. Un vasto incendio sta interessando il tribunale di al-Jala, al Cairo, dove in passato sono stati processati anche molti militanti del movimento giovanile ‘6 aprile’, in prima fila nella protesta contro Mubarak.

Una delle mosse del presidente, l’esautorazione dell’attuale governo, sta per essere formalizzata, come riferisce il portavoce di gabinetto Magdy Rady. E’ già in corso l’incontro durante il quale saranno presentate le formali dimissioni, con la successiva rapida formazione di un nuovo esecutivo. “Il presidente Mubarak annuncerà il nome del nuovo primo ministro. Ma quello che ho capito dal discorso del presidente è che il governo sarà formato oggi molto rapidamente”, aggiunge il portavoce.

Il coprifuoco proclamato ieri da Mubarak di fronte al montare irrefrenabile della protesta in tutto il paese è scaduto alle 8, le 6 del mattino ora italiana. Durante la notte nella capitale si sono uditi sporadici colpi d’arma da fuoco, ci sarebbero stati anche lanci di lacrimogeni. Ma vi sono anche voci di saccheggi nella notte in centri commerciali di diversi quartieri della capitale, dopo quello avvenuto ieri sera alla sede principale del Partito nazionale democratico. Al Jazeera mostra immagini di uomini, donne, ragazzini, uscire da un grande magazzino portando con sè suppellettili e oggetti vari.

Approfittando del caos, durante la notte si sarebbe verificata anche l’evasione di centinaia di detenuti comuni dalle celle di sicurezza di alcuni commissariati del Cairo. Secondo l’inviato di Al Jazeera, per alcune ore c’è stato un vuoto nella gestione della sicurezza, in particolare quando la responsabilità è passata dalla polizia all’esercito. L’evasione avrebbe avuto luogo in quell’intervallo. La tv araba ha mostrato anche nuove immagini di ieri sera dal Cairo, prima del discorso di Mubarak alla Nazione: si vede la gente in strada che fraternizza con i soldati e sale sui veicoli corazzati dell’esercito.

Intanto, fonti giornalistiche sul posto constatano che in Egitto i servizi di telefonia mobile, bloccati ieri dalle autorità insieme a internet, hanno ripreso parzialmente a funzionare in mattinata.

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E’ di almeno 20 morti il bilancio odierno delle vittime degli scontri tra polizia e manifestanti in Egitto. Cinque vittime sono state contate al Cairo, due a Mansura, citta’ del Delta del Nilo, e 13 a Suez.

Poi l’annuncio di Mubarak in Tv. “Il governo egiziano si e’ dimesso e domani verra’ nominato un nuovo esecutivo che varera’ nuove misure per la liberta’ e la democrazia”. Con queste parole il presidente egiziano Mubarak ha destituito il governo. Lo ha fatto con un annuncio televisivo che la comunita’ internazionale aspettava da ore.

L’82enne leader egiziano resta pero’ al comando del paese e domani nominara’ il nuovo esecutivo. Mubarak ha detto di avere sempre compreso i problemi dei suoi cittadini e che per questo lavorera’ per “abbassare il tasso di disoccupazione” e “proseguire sul piano delle riforme”. Il numero uno del paese ha pero’ detto che “i cittadini devono rispettare la legge”. Questo ‘invito’ arriva alla fine di un giorno in cui le persone scese in strada per protestare hanno ignorato il coprifuoco. La rete tv AlJazeera spiega che la rabbia tra le persone e’ aumentata dopo che Mubarak si e’ di fatto rifiutato di lasciare il suo incarico.

La crisi in Egitto è costata a Wall Street la più grave perdita dal novembre scorso. La Borsa di New York ha chiuso con tutti gli indici in rosso: -1,38% per il Dow Jones, -2,48% per il Nasdaq, -1,78% per lo S&P 500. Era dalla metà del novembre scorso che l’indice della Borsa americana non registrava una perdita così marcata. Dopo otto settimane di progressi pressoché costanti, la Borsa venerdì ha invece perso in un giorno 166,13 punti. Il calo ha cominciato a registrarsi fin dalle prime ore del mattino, quando sulle tv americane hanno cominciato a scorrere le immagini degli scontri al Cairo, ad Alessandria e nelle altre città egiziane. Verticale nell’arco di 24 ore il calo dell’euro sul dollaro: ieri la moneta europea era scambiata a 1,3712 dollari al momento della chiusura di Wall Street. Ventiquattro ore dopo è stata scambiata a 1,3614.

L’Egitto è in fiamme e il suo destino è ormai appeso alle scelte che faranno i militari nelle prossime ore. Venerdì è stata la giornata più violenta da quando è esplosa la rivolta lo scorso 25 gennaio: fino a notte scontri di piazza drammatici nelle principali città del paese, dove il coprifuoco annunciato dalle autorità non ha frenato la rabbia della folla. Il bilancio a fine giornata (ma il computo viene continuamente aggiornato) è di almeno venti morti, di cui 13 a Suez, 5 al Cairo e due a Mansura, città del Delta del Nilo. Al Cairo i feriti sarebbero oltre 1.000.

Lo avrebbero annunciato diverse fonti mediche. Tra le vittime un ragazzo 14enne ucciso a Port Said. La rivolta si è estesa dal Cairo alle altre città del paese. Secondo la Cnn sarebbero almeno quattrocento gli arresti, ma altre fonti parlano di oltre 600. È andata a fuoco anche la sede del Partito Nazionale democratico di Hosni Mubarak. Lo hanno mostrato le immagini in diretta della televisione satellitare Al Jazeera. La compagnia area di bandiera egiziana, EgyptAir, ha annunciato di aver sospeso tutti i suoi voli per le prossime 12 ore mentre l’esercito ha messo in sicurezza il Museo Egizio.

Imprenditori e «personalità influenti» vicine al regime egiziano hanno lasciato in nottata il Paese con aerei privati. Lo ha riferito Al Jazeera, citando il suo corrispondente dall’aeroporto del Cairo. In tarda serata poi il discorso del presidente Mubarak che, dispiaciuto per le vittime, ha difeso le forze di sicurezza.

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«Questa sera ho chiesto al governo di dimettersi e domattina darò l’incarico per formare il nuovo esecutivo». Queste le parole del presidente Mubarak in diretta tv. Dopo una nuova giornata di scontri il presidente egiziano Hosni Mubarak ha parlato al Paese. «Interrompere immediatamente gli atti di violenza e di sabotaggio» è stato l’appello rivolto ai manifestanti pur difendendo le azioni delle forze di sicurezza egiziane. Le violenze di queste ore sono un «complotto per destabilizzare la società» ha detto il presidente sottolineando che «i nostri obiettivi non saranno raggiunti con la violenza ma con il dialogo nazionale». «Sono estremamente dispiaciuto per le vittime» e ha accusato «infiltrati» di aver provocato il caos.

LE RIFORME – Quindi Mubarak ha confermato che non lascerà il potere ma insedierà un nuovo governo. Mubarak ha aggiunto anche che promuoverà la realizzazione di riforme sociali, economiche e politiche. Nel discorso il presidente egiziano ha detto di essere «dalla parte dei poveri», ha ribadito la volontà di «garantire la libertà di espressione, nel rispetto della legge e della costituzione». Negli Stati Uniti la Cnn, la Abc, la Fox e le altre principali emittenti nazionali hanno trasmesso in diretta il discorso.

Per una cronaca della giornata leggi qui.