Secondo gli analisti di Wall Street, l’improvvisa decisione dell’Iraq di sospendere le esportazioni di petrolio per 30 giorni avra’ un impatto molto forte non solo sui mercati internazionali.
A essere colpiti saranno anche gli indicatori macroeconomici, pubblicati negli Usa nel corso della settimana e che potrebbero, nei mesi a venire, non reggere al colpo dell’impennata dei prezzi dell’oro nero.
Gli analisti guardano con preoccupazione all’incidenza che l’impennata dei prezzi energetici esercitera’ sull’indice dei prezzi alla produzione, i prezzi all’importazione e le vendite al dettaglio, tutti dati che saranno pubblicati nella seduta di venerdi 12 aprile.
Non solo. L’aumento dei prezzi potrebbe indurre la Federal Reserve a prendere le misure necessarie per contrastare le pressioni inflazionistiche, in un momento tra l’altro in cui e’ ancora in forse la solidita’ del recupero dell’economia.
Ed e’ certo che i mercati azionari, a quel punto, non vedrebbero di buon occhio un aumento dei tassi di interesse. La fiducia dei consumatori sarebbe cosi’ messa a dura prova e lo stesso ciclo congiunturale subire un rallentamento.
Ecco i dati macroeconomici che potrebbero risentire dell’impennata dei prezzi:
Vendite al dettaglio
L’indicatore e’ di fondamentale importanza, dal momento che mette in luce la propensione dei consumatori a spendere. Finora gli economisti non hanno mostrato particolari preoccupazioni sulla performance del dato.
Le previsioni parlano di un ennesimo aumento dell’indicatore, che dovrebbe registrare nel mese dei marzo un aumento dello 0,5% dopo l’incremento dello 0,3% di febbraio, continuando cosi’ a seguire il trend rialzista. Le vendite “core” dovrebbero registrare un incremento dello 0,5%, dopo la crescita dello 0,2% di febbraio.
Ma gli analisti sottolineano come, nei mesi a venire, le vendite al dettaglio potrebbe invertire la rotta, iniziando a indebolirsi. E, complice della probabile debolezza della performance dell’indicatore, potrebbe essere proprio l’impennata del petrolio.
D’altronde, tra gli elementi che hanno spinto i consumatori a spendere nei mesi precedenti, si mettono in evidenza i bassi tassi di interesse e la diminuzione dei prezzi energetici. E il primo gennaio le spese hanno trovato una ragione in piu’ per crescere: il taglio delle tasse.
“Ma ora lo scenario e’ differente: la politica monetaria espansiva adottata dalla Fed e’ giunta al capolinea e la maggiore presenza delle pressioni inflazionistiche potrebbe velocizzare il cambiamento di rotta di Alan Greenspan. Non si prevedono, inoltre, altri tagli fiscali”, ha commentato Robert Mellman, economista della banca d’affari J.P. Morgan .
Fiducia Michigan (preliminare del mese di aprile)
A repentaglio l’indice dell’Universita’ del Michigan. L’indicatore, in base alle stime, dovrebbe crescere a quota 97,3 dopo i 95 di marzo.
“Non sarei affatto sorpreso se la fiducia diminuisse nel mese di aprile”, ha dichiarato Ken Mayland, presidente di ClearView , “la guerra in Medio Oriente, la debolezza dei mercati azionari e l’incremento del tasso di disoccupazione non aiuteranno sicuramente la fiducia”.
Prezzi alla produzione
E’ l’indicatore che meno degli altri preoccupa gli analisti. Le previsioni parlano di un incremento dello 0,7% nel mese di marzo rispetto all’aumento dello 0,2% del mese di febbraio. Il core rate dovrebbe invece registrare una crescita dello 0,1%.
“Tuttavia il balzo dei prezzi dei prodotti finiti sara’ il piu’ alto da quello registrato nel gennaio del 2001”, ha commentato Michael Levy, capo economista della banca d’affari Banc of America.