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EFFETTO GRILLO, L’UNIONE CALA ANCORA

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(WSI) –
Il «vaffa-clima» è come uno tsunami dopo il terremoto. Si abbatte sul governo e sul centrosinistra con una tale furia da suscitare un vero e proprio «allarme democratico » a Palazzo Chigi, al Campidoglio e in quasi tutti i partiti dell’Unione. Perché dopo l’offensiva mediatica di Grillo i timori si sono tramutati in certezze, e i dati dei sondaggi riservati in mano ai leader stanno a dimostrarlo. In una settimana il centrosinistra ha ceduto quasi un punto e mezzo, perdendo quanto aveva faticosamente recuperato da luglio: oggi la coalizione vale appena il 42,1%. E ciò che l’Unione perde lo guadagna il Polo, che solo due settimane fa aveva preso una china molto negativa, cedendo quasi due punti percentuali. Ora è tornato a salire, e dal 54,8% di consensi è arrivato al 56,1%.
Il motivo di questa inversione di tendenza è spiegato nel «commento » a corredo dei dati demoscopici, elaborati da un’importante società di ricerca: l’opposizione «mostra un significativo recupero» rispetto a sette giorni fa, e gli analisti ritengono sia dovuto con ogni probabilità «alle polemiche sorte dopo la performance di Grillo che hanno coinvolto soprattutto il governo Prodi».

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Nell’Unione nessuno (o quasi) si salva dall’«uragano Beppe». Perde mezzo punto il Partito democratico, ora al 26,2%, e perdono in blocco tutte le forze della Sinistra: il Prc (che scende dal 7,3 al 6,7%); i Verdi (dal 2,2 al 2,1%); e il Pdci (dall’1,5 all’ 1,3%). L’unico a reggere è Di Pietro, passato dal 2,8 al 2,9% grazie a una strategia mediatica che in sequenza l’ha portato a chiedere prima «un passo indietro» di Prodi, poi la «riduzione dei ministeri», e ora di fatto le dimissioni del viceministro Vincenzo Visco. E poco importa all’ex pm se gli alleati sono furibondi, lui sa e dice che «nella piazza di Bologna c’era anche il mio elettorato». Perciò lo vellica.

Si era capito che il comico stava diventando una «variabile politica». Ora ce n’è la conferma. E se il «fattore G» viene temuto nell’Unione, è invece vezzeggiato da Berlusconi, perché «Grillo ci aiuta», «Grillo ci fa bene », dice il Cavaliere dati alla mano: a beneficiarne sono infatti Forza Italia (che dal 28,9 sale al 29,3%), An (dal 15,4 al 15,8%) e la Lega (dal 5 al 5,3%). Soltanto l’Udc scende ancora di due decimali, al 4,6%. L’ex premier era convinto che il fenomeno Grillo non l’avrebbe danneggiato, e ne ha spiegato i motivi ai suoi: «Anche se sono sceso in campo tredici anni fa, la mia immagine è diversa da quella dei politici di professione. La gente mi vede come un imprenditore, un editore e un presidente di una squadra di calcio vincente».

Insomma, il «vaffa-clima» ha reso euforico Berlusconi, e non perché il comico abbia spostato consensi dall’Unione al Polo, ma perché — come dice il capo del Pri Nucara — «con le sue sparate ha alimentato l’astensionismo nel centrosinistra». I dati sono impressionanti: oggi il partito del non voto è al 33,2%, ed è in aumento.
De Mita non ha letto i sondaggi, non ne ha bisogno per capire che «siamo arrivati al momento decisivo. Ma non solo per Prodi e il suo governo, che sono in effetti al capolinea. Il redde rationem sta arrivando per tutti. Il clima è quello del ’92, e spero non si ripeta l’errore di allora, quando ci fu chi ritenne che bastava dare in pasto Craxi per salvarsi. No, oggi come allora non si salverebbe nessuno». Nell’Unione la crisi è data per scontata, «bisogna capire se avviene in ottobre o a gennaio », sussurra un dirigente dell’Ulivo: «Nel primo caso si va a un governo tecnico. Nel secondo al voto».

Ma qual è la soluzione auspicata da Veltroni? De Mita racconta che «il progetto di Walter passa per un cambio di assetto. Solo che gli manca l’innesco per accendere la miccia ». In modo più prosaico ne parlavano ieri alla Camera il sottosegretario verde Cento e il forzista Bruno. Cento: «Vedrai che dopo il 14 ottobre Veltroni porrà una questione a Prodi: pochi ministri, un paio di riforme e poi al voto». Bruno: «Quando? ». «Nel 2009». «Vabbè, se dobbiamo andare alle urne fra due anni, ci troviamo un altro interlocutore, chessò Marini. E Veltroni aspetta fuori dalla porta». «Se andrà a votare tanta gente, sarai lui il vostro interlocutore ». «Ma il Pd quanto varrà? Perderà sul territorio pezzi dei Ds e dei Dl, quelli incazzati perché sono rimasti esclusi». «Non sarà così». «E comunque, Berlusconi è convinto di votare nel 2008».

Talmente convinto che ha avviato la macchina organizzativa. E come in tutte le altre sue campagne elettorali è pronto a rilanciare il tema «dell’anticomunismo». Non a caso tra le iniziative ha previsto una «festa» per il 9 novembre, anniversario della caduta del Muro di Berlino, da celebrare in tutti i capoluoghi di regione, che saranno collegati fra loro con un sistema video. Berlusconi ha illustrato il progetto ai responsabili di partito la scorsa settimana: «Da Milano a Palermo, bisogna far capire chi siamo noi e chi sono loro. Per esempio, tutti questi sindaci che se la prendono con i lavavetri e parlano di tolleranza zero, cercano di copiarci. La gente deve sapere che sono dei post comunisti ». Basterà questa strategia per battere Veltroni?

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