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ECONOMIE DROGATE. E IL G8 INIETTA ALTRA DROGA

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(WSI) – «Il peggio è passato, ma l’economia mondiale non ha ancora raggiunto il punto in cui si possa dire di avere una ripresa in corso». Questo è il messaggio principale del vertice del G8 tenutosi a Lecce. Gli otto Grandi riconoscono in sostanza che la situazione rimane molto incerta e che i segnali di stabilizzazione non possono essere ancora letti come l’avvio di un rilancio dell’attività economica.

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Per questo motivo non verranno cambiate le politiche di stimolo monetarie e fiscali adottate dai diversi Paesi, poiché, come ha dichiarato il direttore del Fondo monetario internazionale, «prima si deve uscire dalla crisi». La soddisfazione per essere riusciti a ridurne la pericolosità è stata mitigata dalle divergenze tra i Grandi sui problemi che si stagliano all’orizzonte.

Essi sono essenzialmente due: i modi e i tempi di correzione delle misure eccezionali di politica monetaria e fiscale adottate per affrontare l’emergenza e le nuove regolamentazioni del sistema finanziario per evitare il ripetersi dei comportamenti che hanno prodotto la crisi attuale.

Non si tratta di questioni di poco conto. Infatti oggi l’economia mondiale appare simile a quella di un paziente in camera di rianimazione, che non ha dato ancora alcun segnale chiaro di poter fare a meno delle cure speciali. Nel frattempo queste cure eccezionali hanno però cominciato a produrre effetti negativi.

Infatti, il forte aumento dei disavanzi pubblici ha fatto risalire i tassi di interesse e l’enorme quantità di nuova moneta stampata, soprattutto dalla Banca centrale americana, non sta solo facendo crescere le aspettative di un ritorno dell’inflazione, ma sta anche producendo effetti perversi come il ritorno di quel genere di speculazione finanziaria che è stato all’origine dell’attuale crisi.

Infatti la liquidità iniettata nel sistema, come ha denunciato a Lecce il ministro italiano Giulio Tremonti, «invece di andare a finanziare l’economia reale, ha fatto tornare la speculazione finanziaria». La denuncia di Giulio Tremonti è condivisibile: sui mercati finanziari si stanno producendo fenomeni, come il forte rialzo delle materie prime e il ritorno in auge di forme di finanziamento caratteristiche del periodo della bolla del credito, che fanno ritenere che i segnali di miglioramento economico siano solo il frutto delle enormi quantità di liquidità iniettata nel sistema finanziario e non di un reale miglioramento della situazione.

E un’economia drogata non può vivere senza droga. D’altro canto, vi sono limiti anche alla concessione di nuova droga che vengono dagli avvertimenti sempre più pressanti rivolti agli Stati Uniti da molti Paesi. I primi ad essersi preoccupati per la politica di Washington sono stati i cinesi che temono di dover subire perdite negli enormi investimenti in titoli statali americani attraverso cui finanziano il debito estero degli Stati Uniti.

Timori analoghi sono stati espressi anche dalla Germania. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha infatti ammonito la Banca centrale europea a non seguire la politica monetaria americana, poiché l’impressionante ricorso della Federal Reserve alla stampa di nuova moneta potrebbe condurre ad alti tassi di inflazione e ad una forte svalutazione del dollaro. Insomma cresce la preoccupazione sui possibili effetti perversi delle scelte americane e implicitamente si pone sul tappeto la questione di una riforma del sistema monetario che non ruoti più attorno a un dollaro americano espressione di un Paese in crisi economica e fortemente indebitato.

Per questi motivi la definizione di una strategia per correggere queste politiche di emergenza sta diventando una questione di primaria importanza sia a livello di politica internazionale sia per milioni di persone che temono che uno sbocco inflazionistico della crisi possa falcidiare i loro risparmi.

Questa problematica è quindi strettamente connessa con quella delle nuove regolamentazioni del sistema finanziario. Sebbene i ministri delle Finanze e dell’Economia del G8 vogliano tenerle separate, la crisi e paradossalmente ancor più le successive politiche di emergenza hanno messo in luce che non basterà il cambiamento di qualche regola, come sperano gli americani, ma che è necessaria una rifondazione dell’intero sistema monetario e finanziario, oggi costruito attorno al ruolo egemone del dollaro.

Occorre una nuova Bretton Woods, come sosteneva alcuni mesi fa anche il ministro Tremonti. Questa tesi, avanzata inizialmente dalla Cina, è già stata abbracciata dalla Russia e da molti Paesi del Sud-Est asiatico, ma non ancora dagli otto Grandi, i quali a Lecce hanno dovuto però ammettere i limiti del loro potere sostenendo che stanno preparando delle proposte di regolamentazione dei mercati finanziari che saranno sottoposte al G20 in programma negli Stati Uniti in settembre.

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