Economia

Economia Qatar in ginocchio, sauditi rilanciano ultimatum

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L’Arabia Saudita e gli altri paesi del Golfo che intendono boicottare il Qatar, paese ricco di gas, hanno rilanciato l’ultimatum in 13 punti. In pratica la crisi diplomatica è “di nuovo al punto di partenza”. Tra le richieste avanzate il 22 giugno c’è quella di chiudere l’emittente televisiva Al-Jazeera, rompere i rapporti con l’Iran e interrompere i finanziamenti ai gruppi considerati terroristi, settari ed ideologici.

Gli ultimi dati economici di giugno mostrano che le importazioni in Qatar sono collassate a causa del blocco imposto dalla maggior parte dei suoi Stati vicini, come Bahrein, Emirati Arabi Uniti ed Egitto. Il tutto mentre i depositi di entità e individui stranieri nelle banche del Qatar sono scesi ai minimi di quasi due anni (vedi grafico sotto).

Fortunatamente per il Qatar, Doha dispone di un ricco fondo sovrano e di un ammontare considerevole di riserve straniere. L’economia extra petrolifera è destinata a essere messa ancora sotto pressione per il semplice fatto che non ha vie di scambio commerciali alternative, ma il maggiore esportatore di gas naturale al mondo non ha ancora subito conseguenze negative in questo elemento.

È il motivo principale per cui gli analisti non sono completamente pessimisti sulle prospettive dell’economia del Qatar. Le previsioni sono per un rallentamento minore. Il problema è che questa settimana le condizioni sono cambiate e in peggio per Doha.

Ultimatum al Qatar: “siamo al punto di partenza”

Due settimane fa i diplomatici dei quattro paesi in rivolta contro il Qatar avevano ammorbidito i toni rispetto all’ultimatum di fine giugno, chiedendo a Doha di rispettare sei principi generali che volevano fossero sottoscritti dal paese rivale. Al Qatar è stato chiesto di smettere di concedere paradisi fiscali e finanziamenti ai terroristi come i Fratelli Musulmani, l’ISIS, al-Qaeda, Jabhat Fatah al-Sham (ex Fronte al-Nusra), il movimento libanese sciita Hezbollah, e i militanti palestinesi di Hamas, di smettere di incitare all’odio e alla violenza, di partecipare alla lotta al terrorismo e di non interferire più nelle politiche interne di altri paesi vicini.

Domenica è cambiato tutto, tuttavia: i quattro paesi hanno chiesto con insistenza che oltre ai sei principi sopra citati il Qatar rispettasse anche le 13 domande avanzate con l’ultimatum del 22 giugno, tornando quindi alle condizioni originali, ossia quando gli analisti sostenevano che le richieste erano troppo stringenti perché il Qatar potesse soddisfarle.

Siamo al punto di partenza“, ha dichiarato a Bloomberg Abdullah Al-Shayji, professore di Scienze Politiche presso l’Università del Kuwait, in riferimento alla crisi diplomatica in Medioriente. “Le trattative non sono progredite di un centimetro: se prima sembrava che le 13 richieste potessero essere trasformate in sei principi di base, ora sembra che non soltanto non abbiano intenzione di cedere, bensì che stanno aumentando le loro pretese“.

Da Roma il 28 giugno il ministro qatariota degli Esteri aveva puntualizzato che “l’elenco di richieste è fatta per non essere accolta” e che lo Stato del Qatar, pur essendo aperto al dialogo, “rifiuta l’ultimatum per principio“. Il 3 luglio il Qatar aveva poi fatto capire di non voler stare al gioco, precisando al Kuwait – paese che ha assunto il ruolo di mediatore nella contesa – che avrebbe accettato le condizioni solo a patto che venissero rispettate a loro volta le sue controrichieste.

Tra queste la necessità che anche gli altri Paesi del Golfo accettino di espellere i cittadini iraniani. Per quanto riguarda la chiusura di Al Jazeera la risposta è stata un no secco, a meno che i sauditi non chiudano a loro volta Al Arabiya, Sky News araba e tutti le altre emittenti considerate filo saudite.

Dal canto suo l’Italia, per voce del ministro degli Esteri Angelino Alfano, ha chiesto una “de-escalation” della crisi nel Golfo, dicendo di essere favorevole a una soluzione “nel rispetto del diritto internazionale”. Alfano è impegnato oggi in una visita in Qatar, dove ha incontrato tra gli altri il suo omologo, lo sceicco Mohamed Abderrahman al Thani.

Il capo della diplomazia di Doha, da parte sua, si è detto stupito dall’intransigenza mostrata domenica scorsa, in occasione di un incontro in Bahrein, dagli avversari del Qatar i quali, a suo dire, “non hanno manifestato alcuna intenzione di risolvere la crisi in maniera pacifica“.

Il blocco imposto al Qatar continua a farsi sentire e costringe Doha a cercare modi alternativi e più dispendiosi per condurre attività commerciali. Non stupisce, dunque, che in giugno le importazioni siano calate del 40% su base annuale.