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(WSI) – La riunione del G7 a Tokyo è stata dominata dal pessimismo. I ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali dei Paesi maggiormente sviluppati hanno concordemente evidenziato rischi persistenti per la crescita globale, in conseguenza della crisi dei mercati dei capitali. La crisi finanziaria, innescata dal settore dei mutui subprime e aggravata dalla carenza di fiducia, si sta estendendo all’economia reale degli Stati Uniti e, per questa via, sta contagiando la crescita globale.
Il rallentamento della crescita globale, a sua volta, ha effetti ulteriormente negativi sul sistema finanziario, dove permane peraltro una notevole sfiducia. Per contrastare questo rischio, gli Stati Uniti hanno tagliato i tassi di interesse dell’1,25%, portandoli al di sotto del tasso di inflazione. Nel corso della settimana, inoltre, il Congresso ha varato il pacchetto di stimolo fiscale di 168 miliardi di dollari, mirato alle fasce più deboli della popolazione. La logica di questa misura è duplice: facilitare il pagamento dei mutui da parte dei soggetti più a rischio, e sostenere i consumi della fascia più povera.
Durante il G7, il segretario del Tesoro americano Paulson ha tentato di convincere i colleghi della necessità di uno stimolo fiscale coordinato per evitare un rallentamento dell’economia globale. Ma la riunione, come spesso accaduto in passato, si è conclusa senza un accordo, perché alcuni Paesi hanno rigettato la proposta. Il mancato accordo ha una sua ragione. La situazione economica è diversa nelle varie aree del mondo. E le varie aree hanno un diverso atteggiamento verso i deficit di bilancio.
Tuttavia, la proposta di uno stimolo fiscale coordinato ha motivazioni profonde. Negli Stati Uniti occorre arrestare la spirale negativa tra settore finanziario e settore immobiliare. In Asia, e soprattutto in Cina, occorre sostenere i consumi interni per contrastare il calo delle export verso l’America. In Europa, occorre sostenere l’investimento, soprattutto in infrastrutture, e contrastare il disagio crescente della popolazione più debole.
Al di là di questi elementi, un po’ in tutte le aree, vi è soprattutto il rischio di una «trappola della liquidità»: una situazione in cui l’economia ristagna, il tasso di interesse è molto basso e le autorità monetarie non sono in grado di stimolare la crescita poiché i fondi disponibili non vengono spesi, o investiti, in assenza di concrete prospettive di crescita. In questa situazione, la nuova liquidità non viene investita ma impiegata a breve termine, mentre le banche, anche per assenza di fiducia, limitano il credito intrappolando appunto la liquidità. Di qui la necessita di usare lo stimolo fiscale oltre che quello monetario per rimettere in moto la crescita e le aspettative.
Naturalmente, per poter usare la leva fiscale senza rischi di instabilità occorre partire da un bilancio vicino all’equilibrio. Per questo il Patto di Stabilità, riformato nel 2005, raccomanda di risanare i bilanci nelle fasi di crescita, in modo da avere flessibilità nelle fasi di recessione. Negli ultimi anni, caratterizzati da un buon tasso di crescita, il bilancio pubblico italiano è decisamente migliorato. Ma i margini di azione sarebbero oggi molto maggiori se non avessimo speso circa un punto di Pil con la pratica dei «tesoretti», alla ricerca del consenso più che della crescita.
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