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ECCO COME FARSI UNA RENDITA VITALIZIA

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a cura di *Giuseppe Romano

Un’esigenza comune presso i risparmiatori è quella di investire il proprio capitale in modo tale da ricavarne una rendita vitalizia che permetta di integrare la pensione.

L’offerta di strumenti di questo tipo da parte delle compagnie assicurative è molto ampia, e non sempre di immediata comprensione. Per aiutare il risparmiatore ad orientarsi tra le varie soluzioni proposte dal mercato abbiamo costruito un esempio pratico che consente di valutare le alternative più convenienti.

Supponiamo che un risparmiatore abbia a disposizione un capitale di 100.000 euro, e che desideri investirlo in modo da ottenere un’integrazione alla propria pensione attraverso una rendita immediata e vitalizia. Il risparmiatore, che al momento dell’investimento ha 65 anni, vuole ottenere una rendita di circa 6.600 euro all’anno per tutta la vita, a condizione che il valore reale della stessa si mantenga costante nel tempo, impedendo la svalutazione data dal tasso di inflazione.

LE ALTERNATIVE

Abbiamo individuato due diverse alternative che consentono di raggiungere questi obiettivi:

a) Versare l’intero capitale (100.000 euro) in una rendita vitalizia immediata rivalutabile a premio unico (polizza assicurativa che tramite un unico versamento iniziale dà diritto ad ottenere ogni anno un importo rivalutabile per tutta la durata della vita dell’assicurato).

– La compagnia assicurativa propone al contraente un importo annuo iniziale calcolato in funzione di parametri di probabilità di vita demografica.

– La rendita così calcolata è comprensiva di un tasso minimo garantito (detto “tasso tecnico”, pari al 2,5%).

– Eventuali rivalutazioni della rendita per gli anni successivi al primo dipendono dall’andamento delle obbligazioni in cui la compagnia assicurativa investe il capitale, al netto del tasso tecnico e della percentuale che la compagnia stessa trattiene.

b) Acquistare direttamente titoli di stato per 90.700 euro, in modo da creare una rendita rivalutabile al 2,5% (fino all’ 80esimo anno d’età), e stipulare contestualmente con la restante parte del capitale (9.300 euro) una polizza caso vita senza riassicurazione, a decorrere dall’ 81esimo anno d’età.

– Il risparmiatore investe quasi interamente il capitale, per un importo sufficiente a garantirgli, con gli opportuni prelievi annuali, la rendita per i 15 anni a venire.

– In questo modo, dopo 15 anni il capitale investito in obbligazioni si esaurisce.

– I 9.300 euro versati all’età di 65 anni per la polizza caso vita senza riassicurazione sono una “scommessa” con la compagnia assicurativa: infatti, se e solo se il risparmiatore sopravvive oltre l’81esimo anno d’età, tale assicurazione gli dà diritto di ricevere una rendita certa dell’ammontare di 9500 euro, rivalutabile a vita (contro i 7.500 euro che l’assicurazione, nel primo caso esaminato, verserebbe alla stessa età).

RENDIMENTI A CONFRONTO

Per valutare quale delle due soluzioni sia più conveniente per il risparmiatore, abbiamo calcolato le rendite ottenibili, ipotizzando in entrambi i casi un rendimento obbligazionario medio del 4%.

Ne risulta che la soluzione b) genera flussi costantemente superiori della soluzione a), in quanto ha una rendita annua iniziale maggiore, e porta al risparmiatore un beneficio attuale netto di circa 24.000 euro, in ipotesi di vita di 90 anni.

Da sottolineare inoltre, la non tutela nel caso a) del potere di acquisto della rendita: a fronte di un rendimento del 4% delle obbligazioni, il risparmiatore otterrebbe una rivalutazione annua dell’1%, non sufficiente a contrastare un’inflazione attualmente intorno al 2,5%.

Invece, nel caso b) avremmo una rivalutazione annua della rendita di circa il 2,5%, tasso sufficiente a proteggerne il valore d’acquisto.

LE CONCLUSIONI

La soluzione b) è più vantaggiosa per il risparmiatore, perché consente, oltre che di mantenere il potere d’acquisto e di ottenere una rendita superiore rispetto alla quella vitalizia rivalutabile, di preservare, in caso di morte prematura, un capitale a favore degli eredi, che con la soluzione della rendita vitalizia si perderebbe del tutto, a meno di non sottoscrivere opzioni differenti. Inoltre, la soluzione b) permette all’investitore una maggiore flessibilità nelle proprie scelte di consumo e di rivalutazione (egli può decidere autonomamente quanto prelevare anno per anno dal capitale investito e in quale misura proteggere il proprio potere d’acquisto).

*Giuseppe Romano e’ il direttore dell’Ufficio Studi di Consultique