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ECCO CHI HA COSTRETTO MARCO A LASCIARE

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*vicedirettore di Finanza&Mercati. Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Caro direttore, c’è una premessa necessaria, per capire meglio gli ultimi sviluppi dell’affaire Telecom. Una considerazione che viene prima del ruolo che nell’azienda potrà rappresentare Guido Rossi al posto di Marco Tronchetti Provera, e degli sviluppi che avverranno sulla telefonia fissa e mobile nel nostro Paese.

È presto detta: cento giorni e l’Italia s’è resa conto, di che cosa significhi avere un due volte ex presidente dell’Iri nuovamente presidente del Consiglio: e, questa volta, con il dente avvelenato di non consentire più a nessuno – alleato o avversario in politica, alleato o avversario nell’economia e nella finanza – di poter anche solo pensare di mettergli i bastoni tra le ruote.

In tre mesi, sotto i colpi del bastone di Palazzo Chigi sono finiti gruppi imprenditoriali francamente assai più “amici” che ostili al centrosinistra, come i Benetton e Tronchetti Provera. In pochi giorni sotto ferragosto, Banca Intesa dell'”amico” Bazoli ha ingoiato in men che non si dica il Sanpaolo di Torino. Alle Ferrovie, ecco Innocenzo Cipolletta presidente, che resta però anche presidente dell’editoriale Sole 24 ore. In Alitalia, vedremo tra pochi giorni, quale sarà il prescelto fidato di turno.

Il tutto in un crescendo napoleonico, colpi a segno precisi e profondi vibrati grazie alle sottili arti di un pugno di banchieri d’affari che sono gli unici ormai candidati a fare affari di rilievo, nell’Italia prodiana, perché hanno passato anni e anni nelle Goldman Sachs che all’attuale premier e ai suoi sodali ha dato interessato ricetto, e oggi se ne vede abbondantemente premiata.

La mia è solo una deduzione logica, caro direttore, ma ho per te e i nostri lettori una domanda: ma se questa è la spietata e arcigna durezza di ciò che appare come un pieno e incondizionato disegno di presa del potere da parte di Prodi; se questi sono i metodi in atto persino con “amici”, come imprenditori che in questi anni hanno dato una potente mano perché Confindustria e il Corriere della sera, la Stampa e il Sole 24 ore la smettessero di mettersi per traverso al centrosinistra, al suo statalismo e al suo dipendere in maniera tanto consistente dalle sue ali radicali; se questi dicevo sono i metodi con gli “amici”, ma vogliamo immaginare che cosa davvero avverrà quando il governo metterà nel mirino direttamente le aziende del Cavalier Berlusconi, con la scusa magari di dover rivedere la legge Gasparri? Ci sarà da ridere, amici miei. E da piangere, per gli eredi Berlusconi.

L’invasione di campo di Palazzo Chigi

Ma tantè. Dopo la premessa, veniamo al dunque. Che si spiega in cinque punti, uno più grave dell’altro. Primo: Tronchetti Provera ha dovuto fare un passo indietro, ma perché? Per il peso degli errori finanziari e industriali compiuti in questi cinque anni, e che abbiamo spiegato ai lettori di Libero e Finanza&Mercati con spietata sincerità, mentre tutti gli altri tacevano?

Niente affatto. Si è dovuto fare da parte perché la verità è che nemmeno il più fiero e duro tra i capitani d’industria italiani, quello che negli ultimi anni ha visto accrescere fino a livelli altissimi la stima in se stesso rispetto ai propri colleghi, nemmeno lui ha potuto permettersi di difendersi da Prodi restando al suo posto. Malgrado la gravitàdell’invasione di campo avvenuta da parte di Palazzo Chigi – prima indiretta, attraverso la proposta Telecom-Sky preparata da Claudio Costamagna di Goldman Sachs, poi quella plateale, con il dossier-Rovati che neanche in un paese del Quarto Mondo sarebbe pensabile ascrivere alla sola fantasia dell’ex cestista, collettore di finanziamenti per il premier – nell’Italia di Prodi bisogna dimettersi per potersi difendere.

Secondo. Tronchetti ha fatto un passo indietro, ma chi lo ha consigliato? Tra i consiglieri indipendenti che siedono nel cda Telecom, se parlate a persone per benissimo come Luigi Fausti, l’ex capo della Comit, oppure Domenico De Sole, o ancora Pasquale Pistorio, vi diranno tutti che hanno cercato con la voce rotta in gola di fargli cambiare idea. Perché si rendono conto che il passo indietro di Tronchetti poteva apparire – e di fatto appare – come una resa incondizionata alle ragioni di un governo che ha vinto le elezioni accusando Berlusconi di non aver voluto e saputo privatizzare e liberalizzare, e poi di fatto invece, da Palazzo Chigi, vuole ora ristatalizzare tutto, affiancando la rete fissa di Telecom a quella elettrica di terra, a quella del gas di Snam, e a quella autostradale.

La realtà è che a non far cambiare idea a Tronchetti, rispetto alle sue dimissioni, sono stati proprio i Benetton, per aprirsi almeno in Telecom una prospettiva me no conflittuale con Prodi rispetto allo scontro già al calor bianco che devono affrontare in Autostrade. E poi sono stati diversi banchieri “autorevoli”, come si suol dire, a confortare Tronchetti della bontà della sua decisione di dimettersi.

Sono pochi banchieri di fiducia, il vero pilastro del potere prodiano: perché chi in Italia ha amiche le banche, ha in pugno chi realizza le operazioni sul debito e sul capitale di tutti i maggiori gruppi privati italiani, ed è detentore dunque di un potere reale incommensurabilmente superiore a quello attribuito dalla malcerte fortune del suffragio universale.

Quei segreti sui bilanci delle grandi banche

Terzo. Perché Guido Rossi al posto di Tronchetti? Per almeno quattro ordini di ragioni diverse. Perché con Prodi il professor Rossi ha buoni rapporti, ma spesso in passato ha saputo anche litigarci a muso duro, proprio sulle eredità dell’Iri che l’attuale premier ha due volte guidato. Poi perché Rossi ha ottimi rapporti con le banche che contano: non perché siano rapporti personalmente “consustanziali”, come quelli che il premier coltiva con presidenti che si dilettano di esegesi biblica e amministratori delegati che pensano a un futuro politico, ma perché Rossi è al corrente delle peggiori magagne non emerse che hanno carat terizzato gli ultimi vent’anni di storia dei maggiori gruppi creditizi italiani.

E poiché saranno le banche, alla fine, a propendere per questo o quel progetto industriale volto a diminuire i debiti perché non siano insostenibili per la catena di controllo di Tronchetti, è di un uomo forte con le banche, che Tronchetti aveva innanzitutto bisogno.

Infine, quarta ragione e mica ultima, in ordine d’importanza: perché solo Guido Rossi, può evitare che la Procura di Milano approfitti della malaparata tronchettiana, e affondi il bisturi delle richieste di rinvio a giudizio per la ormai triennale indagine in corso sulle maxi intercettazioni illecite compiute in questi anni dall’ex monopolista telefonico. Sarebbe una botta esiziale, per chi ha controllato Telecom in questi anni. La domanda ultima è un’altra.

Allo stato attuale, Tronchetti è da considerarsi come un proprietario sconfitto ormai uscente, che deve accontentarsi di una buonuscita negoziata con la politica, oppure ci stupirà? I grandi giornali del poter confindustrial-prodiano scommettono sulla prima ipotesi. Per far filotto domani con Mediaset, dopodomani con una Rcs multimediale e iperulivizzata. Motivo per cui io dico invece che c’è da sperare che Tronchetti combatta come una tigre, riflettendo su tutte le c*****e che ha fatto per anni.

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