Clauida Segre e’ responsabile fixed income di Abaxbank. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – RATING NEL MIRINO. Il 2009 si è aperto all’insegna dell’iperattività delle agenzie di rating, particolarmente concentrate sul «rischio sovrano» che, per alcuni Paesi, ha visto gli spread ampliarsi oltremisura sin dal mese di settembre scorso, con l’intensificarsi degli interventi statali a sostegno del sistema bancario. Più in particolare, dopo il default del colosso bancario Lehman, si sono ampliati i pacchetti di stimolo all’economia che, uniti alla forte azione monetaria delle Banche centrali di quasi tutto il mondo, hanno saputo ripristinare un processo di rapida normalizzazione (o quasi) sul comparto interbancario.
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RICETTA DI BASE. Al di la dei singoli programmi, la ricetta base delle misure di sostegno pubblico dovrebbe essere rivolta soprattutto alla produzione e all’occupazione che escono a pezzi dall’inevitabile contrazione dei consumi, tipica delle fasi recessive. Ma per i Paesi che hanno un elevato debito pubblico (vedi per esempio l’Italia), tutto diventa più difficile. Ed è questa difficoltà intrinseca che si riscontra nell’esplosione del deficit che non permette un ridimensionamento dell’avversione al rischio tra gli investitori e finisce per condiziona le scelte di allocazione degli investitori internazionali.
Su questo nodo fondamentale Standard & Poor’s ha così focalizzato l’attenzione sulle dinamiche negative del debito pubblico e si è attivata in una serie di revisioni al ribasso dell’outlook di alcuni Paesi europei, cosiddetti periferici, come il Portogallo, l’Irlanda e la Spagna.
Proprio su quest’ultima, peraltro, grava un’eccessiva dipendenza del Pil dal comparto immobiliare che sta vivendo un momento di gravissima crisi. Nel caso invece della Grecia è arrivato direttamente il taglio del rating ad A-, il penultimo gradino dell’«investment grade», a significare quando grandi siano i dubbi sulla sostenibilità dei conti del Paese.
EFFETTO SPREAD. In attesa che anche le altre due case di rating si pronuncino a loro volta, sul mercato si è creata una situazione complessa sui livelli di spread delle numerose emissioni sovrane con il massimo merito di credito, la fatidica AAA (tripla A). Sulla stessa scadenza a 5 anni la BEI ha offerto 28 punti base di rendimento sopra il mid swap, l’Austria soltanto 15 e l’Irlanda 90 punti. Per non parlare delle emissioni garantite dal Governo irlandese emesse fino a ora da Aib Angiri e Bank of Ireland che ammontano a 10 miliardi di euro.
Il «Guarantee scheme» governativo prevede emissioni per 300 miliardi, ma visti i recenti downgrade delle banche principali da parte di Fitch, li si può considerare abbastanza improbabili. Resta poi difficile valutare questa distonia dei livelli di spread alla luce della nazionalizzazione della Allied Irish Banks e di un livello di spread del Cds, che misura il rischio di default, peggiorato a 240 punti rispetto ai 125 della Spagna e ai 130 dell’Austria. Occorre inoltre precisare che le AAA più solide come Francia e Germania mostrano costi di default di un terzo, a quota 50 punti base. Ed è quindi logico attendersi un imminente peggioramento del rating per i Paesi periferici nel breve.
SPIRALE NEGATIVA. Il risultato di questa situazione è una spirale negativa dove il costo delle emissioni garantite, necessario per permettere alle banche di non dovere pagare spread eccessivi al mercato, si somma alle misure di intervento pubblico gravando sul debito e quindi innescando la revisione del merito di credito del Paese.
In questo modo per salvaguardare la credibilità e sostenibilità del sistema bancario gli Stati vedono il loro rischio sovrano commisurato in spread lievitare e similarmente peggiorare anche quello delle banche. Non c’è quindi da stupirsi del grande successo delle emissioni societarie dove gli spread a premio già incorporano rischi di default ai massimi degli ultimi 30 anni e vi sono opportunità per chi è maggiormente interessato ad investimenti più speculativi ed alternativi al comparto azionario, dove ormai anche i dividendi sono un pallido miraggio.
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