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E ORA TREMONTI STUDIA DA PREMIER

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(WSI) – In questi giorni Giulio Tremonti, se volesse, potrebbe anche cominciare a studiare da premier. Sulle dimissioni di Antonio Fazio le sue azioni sono volate a mille. Fosse stato un titolo quotato in Borsa ieri non avrebbe fatto prezzo. Eccesso di rialzo. Il ministro era noto soprattutto per la sua aria da eterno primo della classe. Sempre in ordine con i suoi completi di color grigio chiaro. Sempre preparato come chi non smette mai di studiare.

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Sempre pronto a dare lezioni come nella sua prima uscita pubblica con tanto di bacchetta e lavagna per sottolineare gli errori del centrosinistra. Insomma veramente antipatico. Da due giorni è diventato il politico più rispettato d’Italia. Sempre antipatico e un po’ arrogante. Ma almeno uno che capisce le cose che studia. Il ministro si gusta il trionfo offrendosi al pubblico. Martedì a Ballarò nella tana di Raitre . Ieri mattina a Radio Anch’io per spiegare quello che stava succedendo. Ma, soprattutto, per rispondere agli ascoltatori. Addirittura si è trovato d’accordo con Rutelli sulla necessità di separare finanza e politica.

Gentile riconoscimento dopo che il presidente della Margherita si era spostato su posizioni tremontiane. Anche Rutelli, dopo averlo difeso per mesi, è andato in guerra contro il Governatore. Solo che, avverte spigoloso il ministro dell’Economia, la conversione è avvenuta in ritardo. Solo in seguito alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche. Ai tempi di Cirio, di Parmalat, dei bond argentini il ministro era rimasto isolato.

Nemmeno all’interno del governo aveva trovato sponde. Berlusconi non lo aveva seguito in battaglia. Anzi si era dissociato. Non solo nel segreto delle conversazioni ma anche pubblicamente. Un episodio su tutti. Luglio 2004 Tremonti si è appena dimesso perchè ha perso il primo round contro il Governatore. Berlusconi assume l’interim dell’Economia e come tale si presenta all’assemblea dell’Abi, la Confindustria delle banche. C’è anche Fazio, naturalmente, come ospite d’onore. Le cronache raccontano di lunghi colloqui tra Berlusconi e il primo inquilino di via Nazionale. Sorrisi. Strette di mano. Cordialità. La stella di Fazio brilla alta nel firmamento del credito. L’astro di Tremonti, invece, si è smarrito nel freddo dell’assoluta solitudine.

Anche Domenico Siniscalco, il suo fidatissimo scudiero, si è rivoltato. Tremonti è assolutamente solo. Ha perso su tutto il fronte. Ha perso contro il Governatore che resta al suo posto. Ha perso contro le potenti Fondazioni bancarie. Le voleva nazionalizzare e, dicono i maligni, acquisirne il patrimonio. Circa 200 miliardi di euro. Il 10% del Pil. Se il Tesoro fosse riuscito a metterci le mani avrebbe risolto una volta per tutte i problemi della finanza pubblica. Un po’ come lo zio spiantato che, con un colpo di mano, sottrae le ricchezze al nipote virtuoso e tontolone. Grave errore di presunzione quello commesso da Tremonti. Non misura il fatto che le chiavi delle Fondazioni stanno in mano ad un democristiano di antichissimo pelo. Quel Giuseppe Guzzetti che oggi è presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo (la più grande in Italia, una delle prime al mondo). Ma in passato è stato Presidente della Regione Lombardia e dentro il potere si muove come il topo nel formaggio. Un capitano di lunghissimo corso che non ha difficoltà a difendere l’ isola del tesoro dagli attacchi del ministro che vuole farsi pirata.

Ieri Tremonti ha riconosciuto a Radio Anch’io: «Sulle Fondazioni ho commesso un errore bestiale». Ha sfidato il potere del denaro e ha perso. Ha sfidato la geometrica potenza del blocco democristiano ed è stato fatto a pezzi. Prima Guzzetti. Poi Fazio. Oggi suona l’ora della rivincita. Non contro le Fondazioni bancarie con le quali Tremonti ha raggiunto una soddisfacente tregua. Ma contro Fazio e il partito fazista è stato un trionfo. Forse, qualche sassolino ora se lo sta levando anche con Berlusconi.

C’è da nominare il nuovo Governatore e in pole position ci stanno due nomi. Tommaso Padoa-Schioppa e Mario Draghi. Due grandi tecnici. Due personaggi di primissimo piano in Italia e in Europa. Il primo, però, non piace affatto a Berlusconi che lo considera troppo di sinistra. Mario Draghi, invece, non è proprio in cima alle simpatie di Tremonti. Non foss’altro che per qualche spinoso precedente. Draghi nel 2001 ha lasciato la direzione generale del Tesoro. Ci stava da dieci anni. Al cambio di maggioranza e con l’arrivo di Tremonti è andato via. Lo ha fatto da un giorno all’altro. Non ha nemmeno atteso che il nuovo titolare giungesse sulla poltrona di Quintino Sella.

Ma c’è anche dell’altro dietro la dialettica tra Berlusconi e Tremonti sul prossimo Governatore. Perchè sicuramente il mondo che gira intorno a Mediobanca apprezzerebbe molto la designazione di Padoa-Schioppa (in alternativa a Mario Monti). Viene da una famiglia dell’alta borghesia veneta e suo padre era stato anche consigliere d’amministrazione di Generali. Quindi con il mondo di Piazzetta Cuccia ha molta sintonia. Tutto il contrario di Draghi. Negli anni delle grandi privatizzazioni Mediobanca non ha toccato palla. L’è toccato solo il collocamento dell’Enel. Un po’ poco per i grandi sacerdoti della finanza. Al punto tale la delusione che durante un’assemblea di Mediobanca, Vincenzo Maranghi, delfino di Cucia, tuonò contro le discriminazioni imposte dal Tesoro.

Sulla designazione di Padoa-Schioppa si va a costruire l’alleanza fra Tremonti e il salotto buono? Chi può dirlo? E’ certo che qualcuno si è andato a rileggere un articolo del 27 febbraio sul Corriere della Sera dove Tremonti, non ancora tornato in via XX Settembre, rispondeva a Padoa-Schioppa. Più che una replica era un applauso: «Condivido al 100% le pemesse, al 75% le deduzioni e al 50% le conclusioni» aveva scritto. A quasi un anno di distanza quelle parole del ministro sembrano benedire la corsa di Padoa-Schioppa verso il traguardo della Banca d’Italia.

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