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E L’ ITALIA VA (ALL’ ESTERO)

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(WSI) – Il commercio estero italiano in giugno ha ripreso a correre. Le esportazioni fuori dall’area euro, registrano, sul giugno 2003, un aumento del 17 per cento. Le importazioni, che si espandono in parte notevole in rapporto al fabbisogno di scorte per l’export, sono aumentate del 27. Con alcuni paesi il boom è mirabolante: più 55 con la Turchia e con la Russia, più 45 per cento con i paesi europei dell’area di libero scambio (ubicati nel Nord ), più 37 con la Cina, più 18,5 con i paesi del cartello degli esportatori di petrolio.

Verso gli Usa l’aumento è del 13 per cento. Il cambio col dollaro non agevola le vendite italiane negli Usa, nonostante la popolarità del made in Italy in America. Il sensazionale incremento delle nostre esportazioni verso paesi come Cina e Russia dimostra la capacità delle nostre imprese esportatrici, in gran parte medie e piccole aziende, di farsi avanti in mercati nuovi. L’espansione delle vendite nei paesi europei extra euro e in Turchia e Medio Oriente rivela la capacità di affermasi su mercati lontani o difficili.

Si sfata così la leggenda che occorrano grandi imprese, di cui noi siamo carenti, per sfondare nei mercati globali. E viene smentita anche l’altra leggenda, quella dell’Italia in declino. La nostra struttura produttiva, in quanto concentrata in settori cosiddetti maturi, non sarebbe adatta – dicono i catastrofisti – all’espansione mondiale.

Infatti il maggior incremento del nostro export riguarda le lavorazioni petrolifere (62 per cento), i prodotti in metallo (36 per cento), gli alimentari (34), la meccanica e il tessile abbigliamento (entrambi 18). Un mix di settori tradizionali e non. Il solo decremento riguarda i mezzi di trasporto, che registrano una perdita del 30 per cento, per mancanza di competitività.
Dunque, il declino italiano è smentito dai dati.

Il merito è delle imprese, non di Berlusconi. A cui per altro si attribuiva un declino, che, data la sua natura strutturale, se c’era, dipendeva dai governi passati, perché neanche un Nerone potrebbe far declinare un’economia in tre anni. Si trattava di una flessione congiunturale, le economie hanno i cicli. Pare che nei manuali della nostra sinistra questo capitolo tradizionale manchi.

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