Società

E’ L’ ITALIA
CHE VA MALE
NON L’ EUROPA

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*Francesco Daveri e’ professore straordinario di Politica Economica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Parma. Collabora con il Sole 24 Ore (Inserto domenicale). Il contenuto di questo articolo esprime esclusivamente il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Leggendo i giornali si ricava la sensazione che lo stato di salute dell’economia italiana sia una questione di ottimismo o pessimismo. Non è proprio così. I dati aggregati degli ultimi anni forniscono indicazioni precise e non controverse.

Se si guarda alla crescita della produttività, l’Italia va molto peggio dell’Europa, mentre va un po’ meglio dell’Europa se si guarda alla crescita delle ore lavorate complessive. Nel complesso, la crescita del Pil dell’Italia dopo il 1995 è stata inferiore non solo alla media europea, ma alla crescita di tutti gli altri paesi europei, tranne la Germania. Nel 2001-04, il divario con l’Europa si è però aggravato.

Come va l’Europa

Due parole sull’Europa, prima. Da tempo, l’Europa cresce meno degli Stati Uniti. Il Pil degli Stati Uniti è aumentato del 3 per cento l’anno circa nel 1995-2003, mentre quello dell’Europa solo del 2 per cento circa. Il divario è, soprattutto, dovuto alla minore crescita della produttività del lavoro europea (1,5 contro 2,2 per cento). Le ore lavorate complessivamente sono invece aumentate in misura abbastanza simile (circa tre quarti di punto percentuale l’anno). In poche parole, se il Pil dell’Europa cresce meno di quello degli Stati Uniti, non è perché crea pochi posti di lavoro ma perché innova poco. Come mostrato nelle ultime due colonne della tavola, il divario nella crescita della produttività tra Europa e Stati Uniti si è ampliato negli anni più recenti. Dalla stessa tavola emerge anche che, in Europa, non tutti i paesi vanno nello stesso modo.

L’Italia e gli altri

In alcuni paesi, la produttività è andata bene, e in parallelo sono stati creati tanti posti di lavoro. È il caso di Irlanda, Finlandia e, più recentemente, del Regno Unito. Questi paesi hanno sperimentato tassi di crescita della produttività e delle ore lavorate superiori alle medie continentali (e agli Usa).
Nei paesi più poveri dell’Europa (Grecia, Portogallo, paesi dell’Est), la crescita della produttività del lavoro è stata molto rapida, ma al prezzo di una riduzione del numero delle ore lavorate.

Con intensità minore, anche in Francia e in Germania si è osservata una crescita soddisfacente della produttività (circa il 2 per cento l’anno), ma la crescita delle ore lavorate è stata zero o minore di zero. Ciò indica che, in questi paesi, la modernizzazione del sistema produttivo ha richiesto l’eliminazione dei “vecchi” posti di lavoro che solo parzialmente e gradualmente sono stati rimpiazzati nei nuovi settori in cui cresce la produttività.(1)

In Spagna e Olanda, dove le riforme del mercato del lavoro hanno prodotto i risultati più visibili sui tassi di partecipazione, si è invece verificato il fenomeno opposto: tanti nuovi posti di lavoro e rapido aumento delle ore lavorate, ma, in parallelo, una dinamica molto contenuta della produttività, che è addirittura diminuita in Spagna nel 1995-2003.

E l’Italia? L’Italia è in mezzo al guado. Da un lato, nel 1995-2003 si sono creati più posti di lavoro (+1,0 per cento l’anno) che in Europa, ma molti meno che in Spagna e in Olanda, e un po’ meno anche che in Finlandia e in Irlanda, dove pure la produttività sta crescendo molto rapidamente. Questo è comunque un risultato importante, perchè in Italia la partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto delle donne e delle persone sopra i 55 anni, è ancora molto limitata. Quanto alla crescita della produttività, l’Italia è purtroppo penultima in Europa (dietro la Spagna) nel 1995-2003 e ultima assoluta nel 2004. E anche la crescita del Pil (il riassunto sintetico di come va un’economia) è stata più bassa in Italia che in tutti gli altri paesi europei, tranne che in Germania, l’altro grande malato dell’Europa.

Il pessimismo non c’entra

L’economia italiana va male. Alla conclusione non si arriva per pessimismo, ma dall’analisi comparata dei dati disponibili. I dati sulla crescita della produttività e del Pil degli altri paesi europei indicano che in Europa c’è qualcuno (quasi tutti, veramente) che è messo meglio dell’Italia. Se quindi è certamente urgente fare qualcosa per fare crescere di più la produttività e la competitività europea (ad esempio, costringere la Cina a rispettare maggiormente le regole del commercio internazionale), sarebbe anche importante comprendere che da queste misure non dovremmo aspettarci effetti catartici sulle possibilità di crescita della nostra economia. Purtroppo, ci vorrà tempo, riforme e sacrifici per riportare l’economia italiana a tassi di crescita “europei”.

(1) Nei paesi europei poveri, i nuovi settori trainanti sono soprattutto nel manifatturiero, in Francia e Germania nei servizi.

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