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(WSI) – Certo, c’è da raccontare l’incontro tra Silvio Berlusconi e i magistrati romani che indagano su Unipol. E ci sono pure da aggiornare i sondaggi, che vedono la Casa della libertà in buona ripresa. Prima però va detta un’altra cosa, che spiega il new deal berlusconiano, un fritto misto di neogiustizialismo, efficientismo e presenzialismo.
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Nella vita politica del Cavaliere si registra infatti una novità assoluta. Per la prima volta, non è più lo spin doctor di se stesso. Dopo un incontro informale avuto a novembre, il premier ha scelto di affidarsi «quasi» completamente a Karl Rove, lo stratega elettorale di George W. Bush. Soprannominato The Genius (dagli addetti ai lavori) e l’Architetto (dallo stesso Bush), il 55enne Rove viene ancora considerato il più bravo al mondo nonostante i guai giudiziari portatigli dal Ciagate. L’unico dubbio di Berlusconi riguardava, ovviamente, la nazionalità dello spin doctor. Non è detto che un americano riesca a calarsi perfettamente nella realtà italiana, e l’unico precedente non è incoraggiante (chi si ricorda della consulenza del clintoniano Stanley Greenberg a Francesco Rutelli nel 2001?). Dubbi che il presidente del Consiglio ha superato separando la strategia dalla tattica.
La strategia la fa Rove, la tattica continua a curarla direttamente il Cavaliere (peraltro, Ciagate a parte, Rove ha sempre da seguire un tizio che di mestiere fa il presidente degli Stati Uniti: tutto questo tempo da dedicare a Berlusconi comunque non ce l’avrebbe).
Per la campagna elettorale del premier italiano, Rove ha mutuato lo stesso schema utilizzato per Bush alle presidenziali americane del novembre 2005. Primo obiettivo: convincere i possibili astensionisti del centrodestra a recarsi alle urne. Con i repubblicani servì recuperare i valori dell’America moralista, conservatrice e tradizionalista, magioranza silenziosa di un paese moralista. «Cosa tiene insieme gli elettori di destra?», ha domandato Rove a Berlusconi.
«L’anticomunismo», ha risposto il premier, che su suggerimento dell’Architetto portò alla conferenza stampa di fine anno una copia dell’Unità del 1953. Titolo: «Stalin è morto». Catenaccio: «È morto l’uomo che più di tutti ha fatto per il progresso dell’umanità». Voce fuori campo del Cavaliere: «Dovreste vergognarvi». Naturalmente, questo è soltanto un esempio. I consigli del guru americano spaziano dall’economia («Bisogna nascondere la crisi», e allora via libera all’ottimismo berlusconiano) alla sicurezza (da qui l’annuncio del ritiro scaglionato delle truppe dall’Iraq, oltre che l’insistenza sul poliziotto di quartiere).
Ma la vera novità è l’esasperazione della campagna elettorale «contro» l’avversario più che a proprio favore. Quando John Kerry sembrava già aver vinto, in America ci fu una martellante campagna per svelare qualche sua bugia e minarne la credibilità, così da creare a tavolino la figura dell’«astensionista democratico». Figurarsi in Italia, con tutto quello sta succedendo su Unipol. Berlusconi ritiene che ridimensionati elettoralmente i Ds, tutta l’Unione pagherebbe un prezzo salatissimo. ed è per questo che si è ammantato di giustizialismo, vero o presunto che sia.
Perché a sentire fonti autorevolissime di Palazzo Chigi, durante l’ora di colloquio con il capo della procura di Roma ed i pubblici ministeri che indagano sulla scalata a Bnl, il Cavaliere non avrebbe detto nulla di particolarmente nuovo e di importante. Siccome però aveva attaccato durante Porta a Porta, non poteva esimersi dall’incontrare i pm. Ma tant’è: nella sua testa, e in quella di Rove, il suo risultato l’aveva già ottenuto.
Tra l’altro, la strategia giustizialista sembra dare i suoi frutti. Berlusconi dice che la differenza tra i Poli è minima, appena dell’1,6%. In verità, tutti i sondaggi danno il centrodestra sotto ma in buona ripresa. Una rilevazione Tns Abacus-Sky Tg24 sulle politiche del 9 aprile, vede in testa il centrosinistra sul centrodestra con il 51% delle intenzioni di voto contro il 46%. L’Unione otterrebbe 340 seggi alla Camera contro i 277 della Cdl e 161 al Senato contro 148. Un altro sondaggio, firmato Ipr-Repubblica, sostiene che il caso Unipol si è tradotto in una diminuzione del 2% della forbice tra i Poli: dall’8% del dicembre del 2005 si è passati al 6% attuale. Sapete quanto avrebbe guadagnato Forza Italia nello stesso periodo? Esattamente due punti percentuale. Chissà se l’Architetto ha brindato.
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