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(WSI) – Ciò che riguarda la Cina non cessa di stupire. Emerge la possibilità che le sue riserve valutarie – all’inizio dell’anno superavano di poco i cinquecento miliardi di dollari – arrivino nel 2006 a mille miliardi. Pechino può contare oggi su settecento miliardi di riserve, grazie a un afflusso di cento miliardi nel primo semestre 2005. Nel secondo ne potrebbe accumulare altri cento e nel 2006, con questo ritmo, arriverebbe a mille.
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La crescita non deriva solo dal commercio estero, difficilmente quantificabile per l’intreccio con gli affari di Hong Kong, ma anche dagli acquisti di renmimbi fatti da chi si aspetta che questa moneta venga da un momento all’altro rivalutata.
C’è comunque un rischio calcolato in questo atteggiamento della Cina. Se la Banca centrale avesse rivalutato il renmimbi del 20 per cento quando le sue riserve erano pari a quattrocento miliardi di dollari, avrebbe avuto una perdita di 80 miliardi. Allungando invece i tempi, la perdita potenziale cresce; ma cresce pure la sua potenza valutaria, che diventerebbe enorme nel caso in cui le sue riserve fossero di mille miliardi. Tanto che gli americani ora se ne preoccupano. Washington minaccia infatti un dazio del 27,5 per cento sulle importazioni dalla Cina se non sarà rivalutato al più presto il cambio di almeno il dieci per cento. Quel 27,5 è la percentuale di cui, secondo i tecnici americani, bisognerebbe rivalutare la moneta cinese. Ne consegue che la modesta rivalutazione del 10 per cento forse non basterà per ridurre il flusso di capitali verso il renmimbi.
Al tempo stesso però nessuno dà per scontato che i cinesi possano accettare la richiesta di un ritocco maggiore. Ormai sono una potenza valutaria e possono tener testa alla Federal Reserve. Fino a condizionarne le scelte.
La globalizzazione sta generando la crescita dei paesi poveri e, in particolare, dei paesi ex collettivisti che comunque producono ancora a costi bassissimi. E ciò crea situazioni non previste dagli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio. La Cina non è solo una potenza industriale. Dispone anche di una sua bomba valutaria. Gli Usa lo sanno già e corrono ai ripari. L’Europa non stia a guardare.
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