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E’ GIA’ NATO IL POST-BERLUSCONISMO

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(WSI) – La voglia di fuga è già scritta nel suo libro in uscita il 30 settembre: «La deriva socialdemocratica non corrisponde all´idea che volevamo costruire. Così muore il progetto, muore il Pd». È la tesi di fondo di quelle pagine. Titolo eloquente: “La svolta”. La battuta e il ragionamento fatti al seminario Udc di Chianciano sono dunque l´assaggio di un percorso che porta Francesco Rutelli fuori dal Pd e lo mette nel mare aperto del post berlusconismo. Con Fini, con Casini, con chi guarda al futuro.

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A fine mese, una coincidenza non casuale, si conosceranno i risultati quasi definitivi del voto degli iscritti democratici. E già allora potrebbe maturare lo strappo. Rutelli sembra dare per scontata la vittoria di Pierluigi Bersani. Dentro una linea politica lontana dal sogno originario, l´ex leader della Margherita farà fatica a rimanere.

Più terra terra, fuori dall´elaborazione “alta” della scrittura, a qualcuno ha confidato: «Se vince Bersani, dovrò immaginare un´altra strada». Può diventare l´annuncio di una scissione. Anche se fosse solitaria, sarebbe comunque uno choc visto che Rutelli è uno dei fondatori del Pd.

Ma questo malessere è davvero circoscritto? Enzo Carra, un tempo rutelliano, sempre molto vicino alla Curia, esprime gli stessi dubbi. «La vittoria di Bersani mi costringerebbe a chiedermi: che ci faccio qui? Se il partito va in una certa direzione si spoglia di molti pezzi».

Alla delusione evidente per l´evoluzione del Pd è difficile per il momento associare un nitido approdo alternativo. Il Nuovo centro è una delle formule. Da tempo Rutelli evoca un´altra suggestione: Kadima, il partito della nazione israeliano. Ma tutto il quadro politico, per via della crisi berlusconiana, è in movimento. Il nome di Rutelli, e non solo il suo, è stato più volte accostato a quello di Casini come punti di riferimento di una grande forza centristra. Qualcosa si muove anche fuori dal tradizionale circuito dei partiti.

«Un´incubatrice del dopo-Berlusconi», è la definizione scelta dal suo direttore Andrea Romano per Italia Futura, l´associazione voluta da Luca Cordero di Montezemolo. Il presidente della Fiat ha smentito in ogni modo la volontà di costruire nuove forze politiche.

Lo ha fatto anche l´altra sera nel colloquio con Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Il capo della Ferrari in effetti non pensa infatti di muoversi nell´ambito di percorsi partitici. Ha dovuto ripeterlo anche a Pierferdinando Casini che ieri voleva trascinarlo a Chianciano con la “scusa” di assegnargli il premio Liberal, dal nome del quotidiano diretto da Adornato.

Montezemolo naturalmente ha declinato l´invito. Ma che abbia voglia di «un impegno civile» è fuori di dubbio. Rispetto ad altri parte con un vantaggio: non ha fretta. E quando pensa al post berlusconismo guarda ben oltre il declino personale del Cavaliere, si prepara cioè a osservare il terremoto degli schieramenti una volta superata la transizione degli ultimi quindici anni.

Italia Futura (acronimo If come la poesia di Kipling, tradotto dall´inglese “se”) è oggi quattro stanze eleganti affittate a Viale Parioli a Roma, un sito Internet molto attivo, la supervisione di Romano (già direttore della Fondazione dalemiana Italianieuropei), Chiara Amadei all´ufficio stampa, la radical democratica Giulia Innocenzi al web.

I finanziatori sono una decina, tra loro gli imprenditori Punzo (Interporto campano) e Repetto (Dufour), l´amico di Montezemolo Diego Della Valle, la Confcooperative, l´editore di Internazionale Cornetto Bourlot e Maria Paola Merloni, deputata Pd di sicura fede rutelliana, possibile link per scrutare le mosse dell´ex capo della Margherita.

Italia Futura ha creato un board di consulenti con competenze specifiche. Giovani e meno giovani, senza assilli generazionali. La prima uscita è il 7 ottobre a Roma con un rapporto sulla mobilità sociale scritto da Irene Tinagli, 33 anni, docente all´università madrilena Carlos III, transfuga del Pd. Quel giorno battezzerà il laboratorio Italia futura un leader che sembra ormai muoversi nell´ottica di un´Italia senza Berlusconi: Gianfranco Fini.

Con il presidente della Camera, Montezemolo naturalmente, Enrico Letta e lo storico Andrea Riccardi. Riccardi è il fondatore della Comunità di Sant´Egidio, soprannominata l´Onu di Trastevere, ed è l´uomo più rappresentativo del cattolicesimo dinamico con cui Montezemolo vuole avviare un dialogo.

L´uscita di ottobre avrà un seguito: rapporti su scuola, beni culturali, salute. Presto dunque si capirà come Italia futura e il suo ispiratore vogliono stare nel dibattito politico. E “se” (If) i delusi di destra e sinistra possono guardare a Montezemolo come a uno sbocco del dopo-Cavaliere.

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