(WSI) – Sfiorata ma non superata la quota di 50 dollari, il prezzo del petrolio ritraccia su livelli inferiori cadendo sotto il suo stesso peso specifico, ma la ricerca di un nuovo punto di equilibrio stabile non appare tuttavia conclusa, visto che difficilmente il recente spike godrà di naturale aplomb nello scomparire senza lasciare altra traccia di sé, oltre che un picco isolato nella storia grafica delle quotazioni settoriali dei mercati a termine.
Nel caso emblematico osservato, così come usuale nell’ambito dei variegati temi geoeconomici, si scontrano due forze contrastanti, che si identificano da un lato nello sviluppo competitivo che dipende sempre meno dall’energia, dal momento che infatti negli ultimi trent’anni si è dimezzata la quantità necessaria di questa commodity strumentale a produrre un dollaro di prodotto lordo, mentre dall’altro le spese di ricerca, sfruttamento e coltivazione per nuovi campi petroliferi sono in continua diminuzione fino dalla decade del 1980.
Secondo l’opinione dell’analista Jan Hatsius di Goldman Sachs, i costi necessari per la normalizzazione di beni capitale relativi al prossimo decennio e utili a fronteggiare l’incremento globale della domanda si aggirano sui 2,4 trilioni di dollari, vale a dire il triplo di quanto sostenuto negli anni ’90, ma naturalmente in ipotesi tale esborso potrà essere giustificato e quindi finanziato solo dal maggiore apprezzamento del barile.
Pertanto nessuno azzarda previsioni, ancorché l’esame delle variazioni monetarie sui contratti quinquennali, che dipendono da un indicatore raramente seguito per quanto molto attendibile e poco soggetto agli umori transitori del mercato, rileva uno spostamento deciso degli umori dei broker intorno ai 35 dollari al barile, dopo oltre quindici anni di sostanziale stabilità nei pressi del livello dei 20 dollari.
Di fronte alla noia generata dalle borse azionarie mummificate da tempo, per non parlare dei valori del real estate che indicano il probabile prossimo paranoico sgonfiamento della spinta dovuta ai facili mortgages a tassi ultraeconomici, l’oil market appare l’unico spazio di praticabilità che possa offrire temi e finestre speculative, se pure per qualche aspetto intrinseco razionalmente fondati.
La domanda crescente, causata dalle poderose crescite economiche indiana e cinese trova un’offerta vicina ai limiti fisici delle attuali infrastrutture estrattive, perché solo l’Arabia Saudita ha la possibilità di aumentare se pure non di molto il quantitativo quotidiano, laddove l’Iraq risulta lontano dalla sua quota storica di tre milioni di barili al giorno ed il Venezuela con o senza Chavez non potrà ritornare ai 3,5 milioni di barili della pregressa ordinaria amministrazione prima di un paio d’anni, ponendo per ultima, ma non per questo meno importante la compagnia russa Yukos che non si trova certo in condizione di programmare sforzi quantitativi in un contesto favorito dall’inquietante battaglia politica nei confronti di un consolidato sistema corporativo che supporta i soli amici dell’attuale premier in carica.
La somma di una serie di addendi, quali il mancato superamento della quota 50, il successo della mediazione dell’Ayatollah Sistani in Iraq ed una sospirata attenuazione degli attentati in Arabia Saudita, oltre alle statistiche Usa che percepiscono una diminuzione dei debiti contratti per il greggio rispetto ad un bilanciamento relativo all’aumento dei prodotti finiti, ha nel finale contribuito ad una rapida inversione della tendenza a breve, ossequiando come sempre le migliori tradizioni borsistiche.
Il mercato futuro del «crude» gode di modesto respiro e non risalta come molto liquido, tanto che attualmente tutti i goderecci rialzisti del giorno prima premono vigorosamente contro le uscite di sicurezza alla ricerca di una veloce quanto possibilmente indolore fuga dalle posizioni speculative, convergendo in una peculiare constatazione che in termini tecnici valuta sotto i 45 dollari il limite sul quale sono scattati forti volumi di ordini stop loss.
Parrebbe quindi che la situazione di perfect storm si sia esaurita e di conseguenza il business as usual possa continuare fluidamente. Anche questa previsione sembra azzardata perchè i pericoli convenzionali e non, sembrano ancora parecchio vivaci ed in assoluta buona salute. Di conseguenza viene avvalorato per lo meno prematuro stabilire che in Iraq sia scoppiata la pace e che un nuovo spirito di cooperazione al popolare benessere economico pervada lentamente l’illuminazione delle menti dei contendenti, così come parimenti si palesa impensabile che il braccio di ferro fra Putin e Khodorkovsky termini in breve tempo, magari con una amichevole distribuzione di strette di mano ed altrettante cospicue stock options, teoria assolutamente improponibile proprio in riguardo ai determinati risvolti politici oltre a quelli di potere economico che minano il potere egemonico della Yukos, la quale soffre da sempre del difetto costituzionale di vendere proficuamente il 70% delle proprie estrazioni alla Repubblica della Cina Popolare.
Del tutto imprevedibile infine la prossima evoluzione della successione saudita, di gran lunga l’incognita con maggiore peso specifico nella determinazione del prezzo futuro dell’oro nero.
La recente storia economica ricorda che tutte le cinque recessioni avvenute a partire dai primi anni ’70 sono state precedute ed innescate da uno shock petrolifero, mentre al contrario dal punto di vista della squisita analisi tecnica si manifesta evidente che il mercato aspetti una ghiotta occasione, qualunque essa sia per ritestare, l’abbattimento della quota 50. Questo target per quanto assolutamente privo di significati fondamentali e di riscontri oggettivi, diventa inevitabilmente una barriera psicologica di grande peso che traccia e propone un punto assiomatico di resistenza maggiore.
Uno sfondamento in forze, generato da un evento anche differente da quelli elencati ad oggi, proietterebbe i prezzi verso i 70-72 dollari al barile, un significativo maturando «oil shock» al quale potrebbe sicuramente seguire un forte ribasso dei prezzi petroliferi, ma che sarà pagato come in tutte le precedenti occasioni con un formidabile sbilanciamento economico globale.
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