“E’ da mesi che con le banche si vende il sistema Italia”

di Redazione Wall Street Italia
13 Giugno 2012 15:46

Roma – “E’ ormai dallo scorso luglio che l’Italia viene venduta come sistema paese e le banche continuano a soffrire soprattutto per la loro esposizione verso i debiti sovrani italiani, che in particolare è aumentata a seguito delle operazioni di maxi iniezione di liquidità effettuate dalla Bce”. Esordisce così Davide Biocchi, trader di Directa Sim, nel corso di una intervista a Wall Street Italia.

Con l’esposizione delle banche verso i debiti italiani “incrementata in misura ulteriore dal mese di dicembre in poi, gli investitori intravedono nel rialzo dello spread e dei rendimenti sui BTP – scatenato a sua volta dai timori sul futuro dell’Italia – un motivo per vendere le banche“.

Detto questo, fare previsioni sul futuro dei titoli bancari scambiati a Piazza Affari è difficile, “in quanto troppe sono le incognite che si stagliano all’orizzonte. Nessuno sa quando le quotazioni delle banche toccheranno il fondo, e questo spiega il motivo per cui in alcuni casi, anche se il titolo corrisponde a 1/4 del valore del libro , c’è qualcuno che vende”. Semplicemente, spiega Biocchi, “i grossi investitori, pur di disinvestire dai titoli bancari italiani, sono disposti a disfarsene senza alcun riguardo per il prezzo, al fine di non correre rischi”.

Si sta verificando “ un accanimento alla vendita da parte degli investitori globali, fenomeno che va avanti da mesi: l’Italia ha perso molto del suo appeal e lo dimostrano gli stessi volumi scambiati sulla borsa che sono in frte decremento e gli unici che comprano sono ribassisti che ricoprono le posizioni short”.

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“Non vedo dunque il motivo per cui un operatore che ragiona in un’ottica di medio-lungo termine dovrebbe posizionarsi al rialzo in generale sulle banche e su Piazza Affari quando in Italia ci sono problemi che riguardano l’economia nel suo complesso, ma anche la politica, e le banche sono tra l’altro così esposte ai BTP. Gli investitori tornetanno solo quando tornerà il sereno e, affinché ciò accada, sono necessarie scelte politiche drastriche per il rilancio dell’economia”.

L’analista Marc Ostwald di Monument Securities sottolinea poi che, sebbene il livello elevato dei rendimenti Btp non favorisce certo le banche e sebbene il rapporto tra debito pubblico e Pil del Paese sia al 120%, con un debito circolante pari a 2.000 miliardi, il settore finanziario ha risparmi e asset in eccesso di 8.400 miliardi in totale.

L’Italia, inoltre ha un rapporto tra mutui e Pil del -20% (l’Olanda, per esempio ha un rapporto del 110%), a dimostrazione del fatto che l’Italia assomigli molto di più al Giappone, piuttosto che a Spagna, Irlanda, Portogallo – e figuriamoci la Grecia – come invece vogliono i luoghi comuni.

Quello che invece non separerà il destino delle italiane da quello delle rivali europee sono le regole di Basilea III sui requisiti di capitale, che entreranno in vigore a gennaio 2013. Nessun istituto verrà risparmiato: le riforme rischiano di spingere in rialzo i costi per il prestito di asset e avere dunque un impatto negativo sulla liquidita’ dei mercati.

Come messo in evidenza da Mike McAuley, managing director e senior business strategist delle attivita’ di prestito presso BNY Mellon Asset Servicing “l’aumento dei costi provocato dalle norme Basilea III potrebbe avere un impatto notevolmente negativo sul mercato dei prestiti di asset, con la maggior parte dei gruppi che non saranno in grado di offrire ai debitori indennizzi in caso di default”. Cio’ provochera’ inevitabilmente uno stop alle attivita’ di prestito per molti, compromettendo la liquidita’ dei mercati.

Daniel Gros, direttore presso il Centre for European Political Studies, conferma poi a Reuters che, contrariamente a quanto fatto dalla Spagna e altri grandi paesi europei, le banche italiane (tra cui i giganti UniCredit e Intesa Sanpaolo) hanno raccolto comunque capitale da investitori privati, piuttosto che richiedere sostegno allo stato. Tuttavia, ci si continua a interrogare sulla capacità del terzo più grande istituto, Monte dei Paschi di Siena, di fare fronte a un buco da €3 miliardi.

Hanno collaborato Daniele Chicca e Narciso Podda