(9Colonne) – Roma, 13 giu – Dpef, pensioni e “tesoretto”. Questi i temi sui quali il governo sarà impegnato da qui fino alla fine di giugno. Le tre questioni sono strettamente intrecciate tra loro e coinvolgono non solo l’esecutivo e la maggioranza ma anche le parti sociali, il mondo delle imprese, e l’Unione Europea, che, nelle ultime settimane non ha esitato a dispensare “consigli” all’Italia in materia di politica economica. La grande mobilitazione sindacale, che ieri ha portato in piazza in tutta Italia più di 200mila pensionati, non poteva non lasciare strascichi. In sostanza, all’interno del governo, tutti concordano sulla necessità di non lasciare passare inascoltato l’appello dei pensionati, che hanno rivendicato con forza un adeguamento previdenziale, soprattutto per i livelli minimi. Dentro l’Unione però non c’è, per ora, concordanza sul come arrivare ad un adeguamento delle pensioni. Ed è proprio a questo riguardo che la partita sulla riforma previdenziale s’intreccia con il Dpef e, soprattutto con la redistribuzione del bonus derivante dall’aumento delle entrate fiscali, il cosiddetto “tesoretto”. La posizione delle forze della sinistra radicale, dal Prc alla Sinistra democratica, coincide sostanzialmente con quella dei sindacati. L’aumento delle minime, in sostanza, dovrà materializzarsi grazie al trasferimento dell’extra-gettito direttamente nelle casse dei pensionati, oltre che in quelle delle famiglie e dei ceti medio-bassi. L’ala per così dire ultra-riformista della coalizione, invece, incalzata soprattutto dalle direttive che arrivano da Bruxelles e Strasburgo, e che potrebbe coincidere con la sola persona del ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa, ritiene indispensabile destinare il “tesoretto” al risanamento dei conti pubblici. In questo caso, se si volesse procedere all’adeguamento delle pensioni minime, parrebbe inevitabile portare a termine la riforma previdenziale targata Maroni, oltre che la Dini, e procedere così all’attuazione dello “scalone” (innalzamento di tre anni, da 57 a 60, dell’età minima pensionabile) e alla revisione dei coefficienti. D’altronde proprio oggi l’Unione Europea ricordava che l’Italia fa parte del gruppo dei paesi “a medio rischio” per quanto riguarda l’impatto dell’invecchiamento della popolazione sui conti pubblici. In posizione intermedia si pongono invece i ministri che fanno riferimento al Partito democratico. In particolare la linea dei Ds, e del ministro del Lavoro Cesare Damiano, è quella di destinare parte del “tesoretto” al sociale (pensioni minime e salari) e parte al risanamento dei conti. Cosa che permetterebbe, quanto meno, di rivedere lo “scalone” con l’introduzione di meno traumatici “scalini” con l’effetto di rendere meno traumatico l’innalzamento dell’età minima pensionabile. Riuscirà il governo a conciliare le diverse anime della sua maggioranza? Di certo c’è che la scrittura del Dpef, il documento di programmazione economico-finanziaria, prevista per l’inizio dell’estate, fornirà delle indicazioni precise sulla linea dell’esecutivo.
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