New York – “L’indice azionario più famoso al mondo, il Dow Jones Industrial Average, rischia di rappresentare sempre meno il mercato, in quanto non riesce facilmente a includere titoli ad elevato valore come Amazon.com, Google e soprattutto Apple. Come mostrato, questi titoli sono infatti volati dai tempi dell’Ipo di Google, ovvero dall’agosto del 2004”. Parola di Barron’s, che fa della critica al Dow Jones la sua “cover story”.
Guardando la copertina del giornale, non ci sono dubbi: da quel lontano agosto del 2004, il Dow Jones Industrial Average è salito del 31%, Amazon ha fatto +477%, Google +624%, Apple un incredibile +3.700. Se poi consideriamo come Apple abbia guadagnato ben il 5.000% nell’ultimo decennio, è possibile comprendere a pieno il messaggio di Barron’s.
Sam Ro, ex analista senior dell’azionario delle newsletter di Forbes “Forbes Special Situation Survey” e “Forbes Growth Investor” – newsletter dedicate entrambe ai mercati azionari – ora direttore di Money Game – sottolinea tuttavia come, sebbene il Dow Jones abbia indubbiamente qualcosa che non va, in alcuni casi memorabili è riuscito a riflettere i fondamentali dell’economia meglio dello S&P 500.
La prova del nove? Sicuramente, la formazione e successivo scoppio della bolla speculativa alla fine degli anni ’90. In quel decennio precedente lo scoppio che tutti ricordano molto bene, molti titoli azionari arrivarono a segnare balzi eccezionali, a fronte di un’economia che, ammettiamolo, non stava certo crescendo di pari passo. E in quel periodo, il Dow Jones non salì ai ritmi dei guadagni riportati dallo S&P, riuscendo così alla fine a rappresentare molto meglio i fondamentali dell’economia rispetto a quanto fece lo S&P 500. Il grafico allegato lo dimostra chiaramente. [ARTICLEIMAGE]
Certo, il Dow Jones non è un indice perfetto, visto che il suo valore è condizionato non tanto dalla capitalizzazione di mercato – come accade nello S&P 500 (ricordiamoci comunque che le società a larga capitalizzazione tendono spesso a essere sopravvalutate) – ma dai “singoli prezzi delle azioni”; questo vuol dire che sono le società ad avere il prezzo più alto dei titoli a condizionare la performance del Dow Jones.
Per fare un esempio McDonald’s, che ha una capitalizzazione di mercato di 98 miliardi e un prezzo per azione di 97 dollari, ha un impatto superiore sull’indice rispetto a ExxonMobil, che ha una capitalizzazione di mercato di 404 miliardi di dollari e un prezzo per azione di $86. Ma accanirsi contro il Dow Jones, secondo Ro, alla fine non serve, in quanto per lo meno non è stato troppo complice delle recenti bolle create sui mercati, poi esplose.