*Maurizio Milano e’ responsabile Analisi Tecnica Gruppo Banca Sella.
Questo documento e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come
definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
(WSI) – Dopo avere toccato un nuovo minimo a 46,72 il 6 marzo (quasi l’89% in meno rispetto ai picchi a 414,75 del febbraio 2007), l’indice del settore bancario dell’S&P500 ha raggiunto il primo obiettivo indicato a 75, registrando un recupero del 62% rispetto ai minimi. La tenuta del supporto a 63,50 dovrebbe consentire il prossimo superamento di 75 ed un allungo in direzione della resistenza critica a 100.
Al di sopra di tale resistenza potremmo dire che il settore bancario è probabilmente fuoriuscito dalla fase acuta della crisi; ciò consentirebbe di guardare in modo più ottimistico all’evoluzione dei mercati nei prossimi mesi, visto che la ripresa economica è comunque subordinata ad una tenuta del sistema finanziario e ad un ripristino del circuito del credito. Il calo della volatilità implicita, col Vix ridisceso verso il forte supporto a 41, conferma i segnali di progressivo rasserenamento del quadro tecnico. Attendiamo ora un assestamento del Vix al di sotto di 41: se poi l’indicatore si portasse al di sotto del supporto critico in area 35-37 vorrebbe dire tornare alla volatilità di settembre, precedente al fallimento di Lehman Brothers e al conseguente crash di ottobre-novembre. Questo è il grande segnale che darebbe il là all’inizio di un rimbalzo tecnico importante. Viste le quotazioni ancora particolarmente depresse, il ritorno sui livelli di inizio anno vorrebbe dire un recupero di circa il 20% negli Usa; sui picchi di inizio novembre si avrebbe un recupero superiore al 30% ed un ritorno sui livelli pre-crash di ottobre-novembre vorrebbe dire addirittura un +45% rispetto ai prezzi correnti.
Un bear market rally, certamente, perché ipotizzare una ripresa a “V” dei listini è sicuramente prematuro, ma comunque un rimbalzo di tutto rispetto. Per non negare tale possibilità è necessario che gli indici difendano i guadagni delle ultime settimane. L’S&P500 deve assestarsi al di sopra del supporto in area 695-715, con obiettivo 780 e quindi la forte resistenza in area 800/35; il Dow Jones Industrial deve mantenersi al di sopra di 6700/875 e dovrebbe salire a 7400/550 e quindi a testare la forte resistenza in area 8000/300; il Nasdaq Composite dovrebbe mantenersi sopra 1315/55 e quindi risalire sopra 1440, con obiettivo l’area 1495-1535; il DJEurostoxx50 deve assestarsi sopra 1850-1910 e potrebbe risalire a 2085 e quindi verso la forte resistenza in area 2200/50; l’S&PMib deve mantenersi sopra 13000, con possibili salite verso 15000-16000 e quindi a testare la resistenza a 17300; il Nikkei225 deve assestarsi sopra 7000/400 e potrebbe risalire a 8350 e quindi verso 8750/850.
Solo il superamento delle resistenze indicate fornirebbe però un segnale convincente che ci troviamo di fronte all’inizio di un rimbalzo importante e sostenibile, il primo dopo il crollo di ottobre-novembre e tante false partenze. Ciò confermerebbe l’impressione che la ripresa delle Borse sia stata in qualche modo inclusa tra gli obiettivi di stabilizzazione del sistema. Un recupero dei mercati contribuirebbe infatti a ridurre il grado di “tossicità” di molti asset di difficile valutazione, rendendo più efficaci le cure prodigate negli ultimi 6 mesi per ripianare le perdite di molti colossi bancari ed automobilistici, cure che hanno finora sortito scarsi risultati. Aiutare i listini a risalire fornirebbe risultati maggiori a fronte di risorse impiegate inferiori, e contribuirebbe a ridare ossigeno e fiducia ad un sistema che altrimenti rischia di avvitarsi in una spirale deflazionistica e recessiva. I prossimi 2-3 mesi saranno vitali per capire se queste speranze si concretizzeranno o meno: per il momento un moderato ottimismo è possibile, fino a prova contraria.
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Sul fronte valutario, l’euro/dollaro si è portato al test della parte alta della banda laterale tra 1,2330-1,2450 e 1,3000-1,3300, mentre il dollaro si è assestato al di sotto della soglia psicologica di resistenza a quota 100 contro lo yen. L’impressione è che il dollaro rimanga in una situazione di relativa stabilità, senza fornire segnali forti. Contro euro una rinnovata debolezza del dollaro si avrebbe solo sopra 1,3300, mentre contro yen il superamento di 100 darebbe un segnale di forza per il dollaro. Ciò anticiperebbe l’inizio di una stagione di rinnovata debolezza dello yen giapponese, particolarmente contro euro. Nonostante le politiche monetarie fortemente espansive della Fed non emergono quindi segnali di sfiducia nei confronti del biglietto verde: anche perché la Fed sarà sempre più imitata dalle altre Banche centrali, nel tentativo di dare liquidità al sistema e di evitare l’apprezzamento delle rispettive valute.
Sul comparto obbligazionario prevale una situazione di stallo sia negli Usa che in Europa. L’impressione è che i corsi obbligazionari siano un po’ tirati (soprattutto se dovesse partire un rimbalzo dell’azionario) e che siano mantenuti sui livelli correnti solo per via delle politiche di easing quantitativo adottate dalle Banche centrali. Fintantoché le Banche stampano banconote per acquistare titoli obbligazionari governativi e corporate è chiaro che i tassi di interesse a lunga rimarranno schiacciati, e di conseguenza i corsi dei titoli rimarranno elevati: l’impressione che si stia formando una bolla, tuttavia, rimane. Un segnale di perdita di spinta si avrebbe su discese del Bund (prezzo corrente a ridosso di 123,40) al di sotto di 122,95 e quindi sotto 121,55. Il trend rialzista dominante riprenderebbe invece al superamento dei massimi in area 126,00/50. Sul Treasury (decennale Usa, prezzo corrente a ridosso di 121) le prese di beneficio scatterebbero con la rottura del supporto a 119, con possibili discese verso 117. Nuovi acquisti scatterebbero sopra 123,00/25, con obiettivo 125 e quindi i massimi a 127.
Sul fronte petrolio/commodities, è probabile che la fase di stabilizzazione/moderata positività in essere da fine dicembre – che interrompe una forte discesa iniziata dai picchi di metà luglio 2008 – prosegua anche per le prossime settimane. Apprezzamenti marcati del petrolio (il crude quota a ridosso di 45 $/barile) e delle altre materie prime (l’indice CRB quota a ridosso di 211) scatterebbero solo nel caso inizi un buon rimbalzo dell’azionario. Il forte rialzo dell’oro, sostenuto dal clima di generale incertezza, ha portato al test dei massimi del marzo 2008 a ridosso dell’area 1000-1033, per poi ripiegare verso 900 (ora quota a ridosso di 920): discese sotto 900 segnalerebbero una diminuzione delle tensioni, con possibili correzioni verso 845: solo un assestamento al di sotto di tale supporto (prematuro) fornirebbe però un segnale distensivo affidabile. Nuove tensioni al di sopra di quota 1000 (poco probabile).
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