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Dollaro=valuta rifugio. Ne siamo proprio sicuri? I fatti dicono di no

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(WSI)-Durante l’ultima settimana abbiamo assistito davvero a parecchi avvenimenti, che abbiamo cercato di analizzare giorno per giorno, per trovare una logica da seguire nell’ambito degli investimenti. Siamo partiti con la reazione di sette giorni fa alla crisi libica, che ha portato i prezzi di petrolio e commodities su livelli elevati ed ha fatto scatenare un’ondata di avversione al rischio, le cui dirette conseguenze sono state vendite di attività rischiose ed acquisto dei safe heaven, franco svizzero, dollaro e yen.

Piano piano, da situazione di allerta 5 sui mercati, abbiamo assistito ad una frenata della paura, con le borse che sono state in grado di far segnare anche qualche punto positivo, ma con le valute rifugio, gli energetici ed i metalli ancora su livelli sostenuti, a testimonianza del fatto che il nervosismo non è ancora alle spalle. In questo quadro però, se ben vogliamo vedere, il dollaro americano si è slegato dal “gruppo dei tre” ed ha lasciato da parte il suo status di safe heaven.

Le vendite di dollari hanno mostrato i propri effetti contro la maggior parte delle divise contro cui è quotato, ad eccezione del dollaro neozelandese sotto pressione a cause del terremoto che ha colpito l’isola recentemente. Perché è accaduto questo? A nostro parere, gli investitori hanno cominciato ad inserire una componente macroeconomica molto forte nelle analisi pre-investimenti, ed hanno cominciato a concentrarsi sull’andamento dell’economia americana e sulla fragilità della stabilità dei prezzi nei Paesi industrializzati, che potrebbe peggiorare, come ben sappiamo.

L’America infatti sta vivendo un momento critico, confermatoci venerdì dalla pubblicazione del dato sul GDP del quarto trimestre, che ha fatto segnare un +2.8% su base annua, contro aspettative del mercato pari a 3.2%. Questa discesa è dovuta al calo dei consumi personali, il che è preoccupante in quanto se la componente dei consumi non riprende in maniera significativa, tutto il lavoro fatto fin’ora da Bernanke e compagni non sarà servito a nulla. Sul QE si sono espressi due presidenti della Fed, Bullar e Lacker, i quali hanno dichiarato che non si può ancora dire addio al QE. In sostanza, la rimozione degli stimoli monetari attesa per giugno, dovrebbe essere rimandata in quanto ancora necessaria.

EurJpy – grafico 4 ore

Le due personalità non sono dei membri votanti, ma il loro pensiero ci fa capire come la situazione sia davvero delicata e potrebbe sfociare, verosimilmente, in una decisione mixed da parte del FOMC, che potrebbe ridurre gli acquisti di asset, senza tuttavia rimuoverli del tutto. Tutto questo, se inserito nell’ampio quadro dell’economia a stelle e strisce, aiuterebbe sicuramente la ripresa, ma il prezzo da pagare nel tempo (già altissimo) salirebbe in maniera molto marcata. L’unica cosa che a nostro parere potrebbe fermare le discese che abbiamo cominciato a vedere, sarà il report sull’occupazione che verrà pubblicato venerdì, di cui avremo modo di parlare durante la settimana.

Apriamo la settimana di analisi tecnica dal cambio eurodollaro, in una condizione di grande stabilità rispetto a venerdì mattina. Se osserviamo un grafico di qualsiasi timeframe possiamo notare infatti che sono stati meno di 70 i punti coperti dai movimenti del cambio nelle ultime 24 ore: 1.3765 la resistenza più importante mentre 1.3710 il supporto, nonché minimo delle ultime ore.

uesto non fa altro che trasmettere una condizione di incertezza, che solamente la ricerca di un massimo nuovo, stiamo pensando al superamento definitivo di 1.3860, potrebbe contribuire a risolvere. Per giudicare la tendenza più di lungo periodo, in ripresa da due settimane esatte e continuare a considerarla valida, possiamo affidarci alla linea di tendenza che proprio dal giorno della partenza, 14 febbraio, tramite dei test successivi indica in 1.36 il livello dinamico.

Possiamo ritrovare una situazione del tutto simile sul cambio UsdJpy. Per la verità in questo caso il range mantenuto dai prezzi si è rivelato ancora inferiore, poco più di 40 punti, andando da un minimo di 81.60 ad un massimo di 82.05. Anche in questo caso probabilmente l’attesa di un eventuale livello di breakout potrebbe risultare la più interessante: data la direzione del trend, in discesa e la vicinanza attuale al supporto, il più imminente scenario appare di una continuazione della tendenza ribassista che possa condurre ai precedenti minimi in area 81 figura.

Con le premesse soprastanti non possiamo attenderci che il cambio EurJpy si sia mosso particolarmente. Infatti la sua stabilità è risultata simile alle due appena viste. In questo caso abbiamo avuto una conferma: il livello di supporto compreso fra 112 e 112.10 è stato provato ancora per più volte confermandone di fatto la buona corrispondenza con i movimenti di mercato. Anche in questo caso la vicinanza alla parte bassa dovrebbe far temere per una rottura, che se avvenisse potrebbe riaprire la strada per la continuazione dell’inversione del trend rialzista di lungo e trovare un primo obiettivo a 111.30, così come suggerito dalla prima percentuale di ritracciamento di Fibonacci (il 38.2%).

Passiamo a dare uno sguardo al cable che, con la discesa di fine settimana scorsa, ha compromesso la linea di tendenza positiva che stavamo osservando da qualche giorno, andando almeno in teoria ad aprire la strada per una profonda inversione che verrebbe confermata dal superamento dell’arae di congestione di 1.60.

Approfondisce il proprio calo la sterlina nei confronti dello yen, andando in direzione di 130.50, il 50% di ritracciamento del movimento rialzista da 10 figure degli ultimi due mesi. Nel breve possiamo scorgere due livelli interessanti di resistenza, 131.70 ed il più importante 132.40. Concludiamo con uno sguardo al franco svizzero, in rallentamento rispetto alla forte tendenza positiva mostrata gli scorsi giorni nei confronti della moneta unica e del biglietto verde.

Il Cambio EurChf, non ha mostrato nuovi minimi rispettando ancora una volta l’importanza del livello di supporto di 1.2730, dal quale abbiamo compreso bene quanto dipendano le sorti del cambio. Anche il cambio UsdChf non ha mostrato un nuovo minimo, storico in questo caso, mantenendosi però al di sotto di 0.9320 e quindi pericolosamente vicino ad un nuovo scivolone. Su questo livello infatti si concentrano lo speranze di ripresa poiché, nel breve, troviamo coincidenza della media di lungo periodo, su grafico orario, oltre ad essere un picco di massimo raggiunto dal cambio nella giornata di venerdì.

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